sabato 22 novembre 2014

Cristo Re dell'Universo

La concretezza dell’Amore.
(Matteo 25,31-46).
Sono ritornato dal Santuario dell’Amore Misericordoso
e mi sono portato nel cuore una cosa grandiosa;
l’Amore che il Signore ha per ciascuno di noi, tutto
questo lo capiamo nel Vangelo di questa domenica
di fine anno liturgico.
Fine. Anzi, no, inizio.
Oggi termina l’anno liturgico, anno passato con Matteo
manager riuscito e temuto, che ha gettato alle ortiche le
sue presunte conquiste per essere conquistato dal Rabbì,
Gesù di Nazareth, che ci ha insegnato a essere discepoli.
E, al solito, l’anno termina con la festa di Cristo Re dell’Universo.
Un ultimo invito a riflettere su chi è Dio e su chi è il discepolo
di questo Dio.
Tenetevi ai braccioli della poltrona, perché ciò che oggi
leggiamo è il non senso di Dio, la negazione dei
nostri (falsi) sogni.
Non siamo più o meno tutti convinti che Dio sia Eterno,
Onnipotente, onnipresente, Assoluto, eccetera?
Non ce lo immaginiamo come un vecchio con la barba,
seduto su un alto trono dorato, che sovrasta l’Universo
e la Storia, girando inpercettibilmente e stancamente,
lo sguardo sulle sue creature?
Non ci sgoliamo nelle preghiere, scocciati e affranti,
quando non veniamo esauditi?
Tutto vero. Abbastanza.
Perché, in realtà, il Dio di Gesù è più sconfitto
di tutti gli sconfitti, fragile più di ogni fragilità.
Un re senza trono e senza scettro, appeso nudo a una croce,
un re che necessita di un cartello per essere identificato,
un re senza potere se non quello (devastante) dell’amore.
Ecco; questo è il nostro Dio, un Dio sconfitto.
Ma un Dio sconfitto per amore, un Dio che, inaspettato,
manifesta la sua grandezza nell’amore e nel perdono.
Dio, Lui si, si mette in gioco, si scopre,
si svela, si consegna, si ostende.
Dio non è nascosto, misterioso; è evidente, provocatoriamente
evidente; appeso a una croce, apparentemente sconfitto,
gioca il tutto per tutto per piegare la durezza dell’uomo.
Gesù è venuto a dire di Dio, a raccontarlo.
Lui, Figlio del Padre, ci dona e ci dice veramente chi è Dio.
E l’uomo replica; “no grazie”.
Forse preferiamo un Dio un po’ severo e scostante,
sommo egoista, bastante a se stesso, potente,
da convincere e tenere buono.
Forse l’idea pagana di Dio che ci facciamo ci soddisfa
maggiormente perché ci assomiglia di più, non ci
costringe a conversione, ci chiede superstizione;
non piega i nostri affetti, solo li solletica.
La festa di Cristo Re ci rivela il destino
finale della nostra storia.
È una pagina da imparare bene, visto che svela il trucco
della salvezza, visto che i termini del contratto sono espliciti.
Alla fine dei tempi, davanti al Cristo
in maestà che succederà?
Lo troviamo scritto, leggiamo bene, e mettiamo da
parte il taccuino in cui abbiamo segnato le nostre ore
di preghiera, le noiose messe e confessioni che abbiamo
subìto, e le eventuali giustificazioni da tirare fuori.
Il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto
nel povero, nel debole, nell’affamato, nel solo,
nell’anziano abbandonato, nel parente scomodo.
Sì; avete capito bene.
Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto.
E sul cuore con cui lo avremo fatto.
La fede è concretezza, non parole, la preghiera
contagia la vita, la cambia, non la anestetizza, la
celebrazione continua nella città, non finisce nel tempio.
Allora, certo, la preghiera, l’Eucaristia, la confessione
sono strumenti di comunione col Cristo e tra noi per fare
della nostra vita il luogo della fede.
Nel mio ufficio, sul mio luogo di lavoro, nella mia
scuola, in casa a spadellare, mi salverò.
Se saprò portare la fede da dentro a fuori, da lontano
a vicino, e riconoscere il volto del Cristo adorato nel
volto del fratello che incontro ogni giorno.
La regalità di Cristo, oggi, si manifesta nei nostri gesti.
Cristo è Signore se sapremo sempre di più
amando i fratelli, renderli partecipi della nostra fede.
La fine di quest’anno ci richiama ancora, allora,
alla concretezza, ci fa cambiare la vita.
Un saluto ed una preghiera a tutti voi amici,
con la consapevolezza di essere amati di un
amore folle da parte del nostro Signore Gesù.
Santa Domenica di Cristo Re da Fausto.