Diciamocelo chiaramente: non poteva restare?
Ormai risorto, non poteva assicurare la sua presenza
fisica concreta, reale, anche in mezzo a noi oggi?
Non sarebbe stato più bello, in un momento di crisi,
come quello che stiamo vivendo, prenotare un
appuntamento con Lui, realmente, concretamente,
come lo facciamo con un avvocato o un medico?
Non puzza di inganno questa assenza, non sembra
una magra consolazione per ripiombarci nella fragile
dimensione della fede?
Eppure, quella di oggi è una festa, credetemi: oggi non
prevale la tristezza per la sua scomparsa ma la gioia
della sua permanenza in un altra dimensione.
La festa dell'Ascensione è la festa della presenza eterna
di Cristo in mezzo a noi per sempre!
Per essere definitivamente presente Gesù aveva bisogno
di non avere più limiti di tempo, di spazio.
Eterno Egli dimora in seno al Padre e in questa eternità
ha un corpo di uomo.
Se Gesù è asceso al Padre, se dimora in Lui, è raggiungibile
per sempre da ciascuno di noi qui e ora, può essere qui
e adesso, comunque e dovunque perché non ha più il
tempo che lo limita, lo spazio che lo inghiotte.
Oggi è la festa della moltiplicazione e della estensione
dell'amore di Cristo per cui ognuno può dire, nella fede,
a ragione: io ho incontrato Cristo.
Lo stesso Cristo che ha camminato con i piedi impolverati
duemila anni fa, lo stesso Cristo riconosciuto presente
nelle comunità primitiva.
Ora in Dio c'e un uomo.
In questa pienezza di assoluto che non riusciamo a
raffigurare c'è il volto ben definito di un uomo:
Gesù di Nazareth.
Non ci sentite più a nostro agio?
Lo sguardo di Dio è lo sguardo penetrante e tenero di
un uomo straordinario come era Gesù di Nazareth.
Ma questo significa che da oggi, a ragione, con assoluta
ragione, nessuno potrà più dire: “Dio non conosce la
mia sofferenza”, oppure: “Che c'entra Dio con la mia vita”.
Conosciamo la fatica del lavoro? Anche Dio.
Conosciamo la gioia della festa? Anche Dio.
Conosciamo il conforto dell'amicizia? Anche Dio.
Conosciamo il giudizio tagliente e inumano? Anche Dio.
E, infine, l'inimmaginabile.
Conosciamo la morte? Anche Dio.
Nulla, solo il peccato, che è l'anti-umanità, è ormai
estraneo a Dio.
L’ Ascensione è come una cerniera nella storia di Gesù
e degli apostoli: segna il passaggio da un prima a un
dopo a cui gli apostoli dovranno abituarsi, proprio come
i discepoli di Emmaus che abbiamo seguito in questi
giorni di Pasqua: Gesù scompare alla loro vista sensibile,
torna al Padre pur promettendo una presenza reale.
Gli apostoli, è comprensibile, faticheranno ad abituarsi
a questa nuova situazione.
Gli apostoli sono invitati, dopo avere seguito Gesù nella
crocifissione e nella resurrezione, a seguirlo anche
nell’ascensione.
Che significa essere “ascesi” con Cristo?
Significa anzitutto seguire l’invito di Gesù a predicare
il Vangelo fino ai confini della terra.
Gesù è presente per sempre in mezzo a noi, a noi, ora,
di riconoscerlo presente nel mondo.
Uno sguardo da “asceso” riconosce i prodigi di Dio
nelle culture e nelle situazioni, abbatte gli steccati,
riconosce una presenza salvifica in ogni tentativo
dell’uomo nel riconoscere i segni della presenza di Dio.
Esiste un modo di avvicinare la realtà e di interpretarla
usando categorie economiche (oggi molto in voga),
sociali, politiche.
Il cristiano avvicina la realtà da un punto di vista
spirituale, leggendo dentro le esperienze
degli uomini il dispiegamento della potenza di Dio.
Infine vivere da “ascesi” significa renderci conto che la
nostra meta è una pienezza che trascende, che supera
(e di molto) la nostra attuale esperienza di vita.
Essere orientati a un destino più grande, che va oltre,
che ci attende, significa leggere con molto realismo
la nostra quotidianità come un “già e non ancora”: sin
d’ora viviamo la presenza di Dio, ma aspettiamo che
questa presenza fiorisca nel nostro cuore.
Ma come è possibile incontrare Gesù presente?
Il racconto di Marco è esplicito: riconosciamo Gesù
nei prodigi, nei gesti, che accompagnano la predicazione
degli apostoli.
Come a dire: “Io sono presente, per sempre.
Leggi i segni della mia presenza, interpretali, guarda con
lo sguardo interiore e riconoscimi nelle cose, negli
avvenimenti, nella storia della tua vita”.
L’ascensione segna l’inizio della Chiesa, la nascita della
comunità come luogo dove dimora il risorto.
È vero: è molto più evidente notare l’assenza del Maestro
nei nostri gesti piuttosto che la presenza ma mi fido.
Mi fido: vedendo la tenerezza e l’amore di una catechista,
la generosità di un educatore, la presenza discreta accanto
al letto di un ammalato io vedo Gesù Risorto asceso, e ne
invoco il ritorno, ne accelero la venuta.
Dio è presente, per sempre, è il nostro sguardo a dover
guarire, a doversi–finalmente–convertire alla gioia.
Perciò, ora, necessitiamo del dono dello Spirito: per vedere.
Santa festa dell’Ascensione, Fausto.