martedì 3 novembre 2020

Purtroppo amici ho una sensazione strana, spero non sia vero, ma da certe fonti amiche mi è pervenuto un sussurro diabolico, la sospensione delle celebrazioni liturgiche causa covid-19, un accordo tra Cei e governo.

 

Governo e vescovi, d’accordo su un’altra sospensione delle Messe?

Una quarantena interminabile ci priverebbe, dopo averlo fatto con la Pasqua,

anche del Santo Natale.

L’insistente propaganda mediatica sul Covid, la propaganda della paura finalizzata

a restringere sempre più le libertà, col pretesto di tutelare la salute pubblica dalla

minaccia di un nemico che avanza inesorabile, sembra trovare un interlocutore

che accoglie con zelo e pieno consenso la narrazione governativa.

Si tratta, e spiace dirlo, dell’Episcopato, vedi il periodico Avvenire.

La Chiesa in Italia è sempre più una Chiesa patriottica, una Chiesa di Stato, ovvero,

una Chiesa le cui posizioni e i cui giudizi collimano perfettamente con quelli del Governo.

Circolano sempre più insistentemente le voci che la Conferenza Episcopale Italiana

non avrebbe nulla da eccepire su una richiesta di parte governativa di chiusura delle

chiese, di sospensione delle Messe e della celebrazione dei Sacramenti.

Anzi; a leggere le dichiarazioni rilasciate nei scorsi giorni dal sottosegretario della

Cei monsignor Stefano Russo, la Chiesa stessa sarebbe pronta a sacrificare nel nome

della sanità pubblica le proprie attività liturgiche e pastorali.

Una Chiesa in totale ritirata.

Il motivo sarebbe, come lo fu in occasione della prima chiusura, dall’inizio della

Quaresima fino a maggio, evitare che le celebrazioni liturgiche possano diventare

occasione di contagio.

Ma è da crederci che questo rischio sia reale?

Se così fosse, vorrebbe dire che i protocolli concordati tra Cei e governo e che sono

in vigore da maggio sono insufficienti.

Ma questo non è sostenibile; a maggio infatti il numero dei casi, dei ricoveri,

dei decessi, era estremamente più alto dell’attuale.

Come mai ora queste Messe biocompatibili, a numero chiuso, con distanziamenti,

con mascherine, con igienizzazioni, spesso senza più panche, spesso col divieto di

inginocchiarsi, col divieto di ricevere la Comunione secondo quanto stabilito dalle

norme canoniche della Chiesa stessa, cioè in bocca, non sarebbero più sicure, tanto

da indurre alla serrata liturgica?

Ci sono elementi di tipo igienico-sanitario che possano rendere necessaria questa misura?

A noi addetti ai lavori non risulta.

Nessun focolaio di casi ha preso il via da una Messa, da una confessione, da un Battesimo.

Se i vescovi hanno dei dati epidemiologici diversi sarebbe opportuno che li rendessero noti.

Sarebbe interessante sapere come sarebbe possibile la trasmissione del virus in condizioni

di limitazioni di contatti come quelli delle attuali celebrazioni che non hanno eguali in

nessun’altra attività pubblica; né ai supermercati, nei bar, nei ristoranti o nei negozi

o per le strade esistono misure tanto drastiche come quelle che vigono nelle chiese.

Quindi, non esistono motivi e ragioni di tipo sanitario per tornare alla sospensione delle

Messe, alle chiusure di quelle che un tempo vicinissimo, ma che ora sembra infinitamente

remoto erano le attività pastorali.

Il timore di molti fedeli è inoltre che tale sospensione potrebbe essere a tempo

indeterminato, forse addirittura fino alla messa in commercio del rimedio

farmacologico tanto auspicato da ambienti ecclesiali anche di vertice.

Un tempo di contumacia indefinito.

Una quarantena interminabile, che ci priverebbe-dopo averlo fatto con la Pasqua-anche

del Santo Natale.

Se davvero la Cei intendesse accettare questo tipo di imposizione, o addirittura

volesse per prima operare una sua spontanea rinuncia, si assumerebbe una gravissima

responsabilità di fronte al popolo di Dio.

La responsabilità di privarlo di ciò che i cristiani hanno di più caro, cioè la presenza

reale di Nostro Signore, che si realizza attraverso i sacramenti, a cominciare dall’Eucaristia.

Qualche prelato, durante il lockdown della scorsa primavera, ironizzò sulla “fame

eucaristica” dei fedeli, visti come “zeloti”, quasi come dei fanatici insensibili al

dramma sanitario che stava andando consumandosi.

Oggi sarebbe difficile continuare a sostenere questa tesi, soprattutto davanti a un

quadro epidemiologico molto mutato, con un virus che si può curare e guarire.

Se una certa Chiesa crede che queste scelte, che comporterebbero il ritorno alle

celebrazioni in streaming, che hanno il solo vantaggio di far sì che la casalinga

possa continuare a preparare il sugo lanciando ogni tanto un’occhiata allo schermo,

unisca e affratelli tutti i fragili e i disperati e li renda uguali nella stessa sorte, tutti

sulla stessa barca, si sbaglia di grosso.

La sospensione del culto pubblico avrebbe il solo effetto di allontanare definitivamente

la Chiesa dagli uomini, di renderla definitivamente inutile, di farla sparire per lasciare definitivamente campo libero ad una nuova, parodistica, religione dell’umanitarismo,

un politeismo di fatto nel cui pantheon un ruolo determinante lo rivestirebbe la Dea Salute.

Di conseguenza ci ridurremo come la chiesa cinese, dove decide il governo cosa

deve o non deve fare.

Vogliamo una Chiesa così? Io no, non la voglio una Chiesa.

Io voglio una Chiesa vera con uomini di Chiesa che mi parlino del Dio di Gesù.

Ecco amici una vera follia, se dovesse succedere, spero di no, spero proprio di

sbagliarmi, ma la paura che succeda è reale.

Ma se dovesse succedere, sarei il primo ad incolpare gli uomini di Chiesa di tutto

questo, e sarei anche il primo a fare marcia indietro ed abbandonare i fantomatici

uomini di Chiesa.

E se succedesse, lo farei apertamente, ve lo comunicherei dalle mie pagine,

ma continuerei a commentare il Vangelo come sto facendo ogni giorno,

continuerei a parlarvi del Signore Gesù, quello vero e non quello farlocco,

buona giornata Fausto.