Governo e vescovi,
d’accordo su un’altra sospensione delle Messe?
Una quarantena interminabile ci
priverebbe, dopo averlo fatto con la Pasqua,
anche del Santo Natale.
L’insistente propaganda mediatica
sul Covid, la propaganda della paura finalizzata
a restringere sempre più le
libertà, col pretesto di tutelare la salute pubblica dalla
minaccia di un nemico che avanza
inesorabile, sembra trovare un interlocutore
che accoglie con zelo e pieno
consenso la narrazione governativa.
Si tratta, e spiace dirlo, dell’Episcopato,
vedi il periodico Avvenire.
La Chiesa in Italia è sempre più
una Chiesa patriottica, una Chiesa di Stato, ovvero,
una Chiesa le cui posizioni e i
cui giudizi collimano perfettamente con quelli del Governo.
Circolano sempre più
insistentemente le voci che la Conferenza Episcopale Italiana
non avrebbe nulla da eccepire su
una richiesta di parte governativa di chiusura delle
chiese, di sospensione delle
Messe e della celebrazione dei Sacramenti.
Anzi; a leggere le dichiarazioni
rilasciate nei scorsi giorni dal sottosegretario della
Cei monsignor Stefano Russo, la
Chiesa stessa sarebbe pronta a sacrificare nel nome
della sanità pubblica le proprie
attività liturgiche e pastorali.
Una Chiesa in totale ritirata.
Il motivo sarebbe, come lo fu in
occasione della prima chiusura, dall’inizio della
Quaresima fino a maggio, evitare
che le celebrazioni liturgiche possano diventare
occasione di contagio.
Ma è da crederci che questo
rischio sia reale?
Se così fosse, vorrebbe dire che
i protocolli concordati tra Cei e governo e che sono
in vigore da maggio sono
insufficienti.
Ma questo non è sostenibile; a
maggio infatti il numero dei casi, dei ricoveri,
dei decessi, era estremamente più
alto dell’attuale.
Come mai ora queste Messe
biocompatibili, a numero chiuso, con distanziamenti,
con mascherine, con
igienizzazioni, spesso senza più panche, spesso col divieto di
inginocchiarsi, col divieto di
ricevere la Comunione secondo quanto stabilito dalle
norme canoniche della Chiesa
stessa, cioè in bocca, non sarebbero più sicure, tanto
da indurre alla serrata
liturgica?
Ci sono elementi di tipo
igienico-sanitario che possano rendere necessaria questa misura?
A noi addetti ai lavori non
risulta.
Nessun focolaio di casi ha preso
il via da una Messa, da una confessione, da un Battesimo.
Se i vescovi hanno dei dati
epidemiologici diversi sarebbe opportuno che li rendessero noti.
Sarebbe interessante sapere come
sarebbe possibile la trasmissione del virus in condizioni
di limitazioni di contatti come
quelli delle attuali celebrazioni che non hanno eguali in
nessun’altra attività pubblica;
né ai supermercati, nei bar, nei ristoranti o nei negozi
o per le strade esistono misure
tanto drastiche come quelle che vigono nelle chiese.
Quindi, non esistono motivi e
ragioni di tipo sanitario per tornare alla sospensione delle
Messe, alle chiusure di quelle
che un tempo vicinissimo, ma che ora sembra infinitamente
remoto erano le attività
pastorali.
Il timore di molti fedeli è
inoltre che tale sospensione potrebbe essere a tempo
indeterminato, forse addirittura
fino alla messa in commercio del rimedio
farmacologico tanto auspicato da
ambienti ecclesiali anche di vertice.
Un tempo di contumacia indefinito.
Una quarantena interminabile, che
ci priverebbe-dopo averlo fatto con la Pasqua-anche
del Santo Natale.
Se davvero la Cei intendesse
accettare questo tipo di imposizione, o addirittura
volesse per prima operare una sua
spontanea rinuncia, si assumerebbe una gravissima
responsabilità di fronte al
popolo di Dio.
La responsabilità di privarlo di
ciò che i cristiani hanno di più caro, cioè la presenza
reale di Nostro Signore, che si
realizza attraverso i sacramenti, a cominciare dall’Eucaristia.
Qualche prelato, durante il
lockdown della scorsa primavera, ironizzò sulla “fame
eucaristica” dei fedeli, visti
come “zeloti”, quasi come dei fanatici insensibili al
dramma sanitario che stava
andando consumandosi.
Oggi sarebbe difficile continuare
a sostenere questa tesi, soprattutto davanti a un
quadro epidemiologico molto
mutato, con un virus che si può curare e guarire.
Se una certa Chiesa crede che
queste scelte, che comporterebbero il ritorno alle
celebrazioni in streaming, che
hanno il solo vantaggio di far sì che la casalinga
possa continuare a preparare il
sugo lanciando ogni tanto un’occhiata allo schermo,
unisca e affratelli tutti i
fragili e i disperati e li renda uguali nella stessa sorte, tutti
sulla stessa barca, si sbaglia di
grosso.
La sospensione del culto pubblico
avrebbe il solo effetto di allontanare definitivamente
la Chiesa dagli uomini, di
renderla definitivamente inutile, di farla sparire per lasciare definitivamente
campo libero ad una nuova, parodistica, religione dell’umanitarismo,
un politeismo di fatto nel cui
pantheon un ruolo determinante lo rivestirebbe la Dea Salute.
Di conseguenza ci ridurremo come
la chiesa cinese, dove decide il governo cosa
deve o non deve fare.
Vogliamo una Chiesa così? Io no,
non la voglio una Chiesa.
Io voglio una Chiesa vera con
uomini di Chiesa che mi parlino del Dio di Gesù.
Ecco amici una vera
follia, se dovesse succedere, spero di no, spero proprio di
sbagliarmi, ma la paura
che succeda è reale.
Ma se dovesse
succedere, sarei il primo ad incolpare gli uomini di Chiesa di tutto
questo, e sarei anche
il primo a fare marcia indietro ed abbandonare i fantomatici
uomini di Chiesa.
E se succedesse, lo
farei apertamente, ve lo comunicherei dalle mie pagine,
ma continuerei a
commentare il Vangelo come sto facendo ogni giorno,
continuerei a parlarvi
del Signore Gesù, quello vero e non quello farlocco,
buona giornata Fausto.