venerdì 27 marzo 2015

Domenica delle Palme 29 Marzo 2015

Ci siamo.
Inizia la grande settimana.
Fine della Quaresima, fine dei nostri
sforzi, fine dei bilanci, ora non
importa più nulla: è come se ci si
preparasse ad una festa, ad una
prima teatrale: concitati fino alla fine,
ci si scalda, si soffre, oppure si
resta tiepidi spettatori.
Ma arriva un momento preciso, l'ora,
in cui inizia la rappresentazione:
quello che è successo è successo,
e ciò che sta per succedere che
ormai importa.
E' in questo grande dramma, in questa
storia assolutamente vera e sconvolgente,
che si gioca la nostra fede.
Ne siamo come immersi, spettatori e
protagonisti, forse nascosti tra la folla
al Gòlgota o inneggianti euforici
all'ingresso in città.
Ci siamo, comunque.
Questa settimana, così grande, così
importante da essere chiamata “Santa”,
è il gioiello dell'anno liturgico, una
perla troppo spesso dimenticata da
noi cristiani, a vantaggio di feste forse
più sentimentali ma piene di solo
consumismo (vedi il Natale). Qui no.
Un morto in croce non si vende,
non suscita sentimenti di bontà.
Anzi: se ne parla poco e male di questo
Dio che sale su di una croce e muore,
solo come un cane.
Rimane difficile da capire il mistero di
una tomba vuota e del significato profondo
della parola “risurrezione”.
Tant'è: che la Chiesa si ferma stupita.
E' curioso: normalmente l'anno liturgico
sintetizza la Storia della salvezza in poco
tempo: così in dodici mesi ripercorriamo
la vita di Gesù.
Invece, durante la settimana santa ci si
ferma: giorno per giorno, ora per ora,
regoliamo i nostri orologi e il nostro
tempo a quel momento cruciale
per la storia dell'umanità.
Fermi, zitti, Dio si prepara a morire,
Cristo celebra la sua presenza nell'ultima
Pasqua, la nuova Pasqua, viene arrestato,
condannato, ucciso, sepolto, ma vive.
In questa preziosa settimana, qualunque
cosa faremo, al lavoro, a scuola, a casa,
potremo fermarci, socchiudere gli occhi
e pensare a Cristo, ai suoi sentimenti,
alla sua angoscia, alla sua bruciante
passione, al suo desiderio straordinario
per la nostra salvezza.
Prendiamoci del tempo: giovedì sera,
venerdì e sabato notte, celebreremo
il Triduo Pasquale: partecipiamo,
lasciamoci trascinare da queste
celebrazioni dense di fede.
E questa settimana inizia oggi,
Domenica delle Palme, piena di ricordi
di bambini, di rami di ulivo addobbati
(con le uova di cioccolato) da sventolare
in alto per manifestare la gioia
dell'incontro con Dio.
Ironia dell'incoerenza umana: le stesse
voci, le stesse braccia, non più con le
palme aperte verso il cielo, ma a pugni
serrati, trasformeranno la loro gioia per
il Messia, figlio di David, in un'invocazione
terrificante: “Crocifiggilo!”.
Uomo sciocco, come sciocchi e tardi
nel credere siamo noi, ancora
inconsapevoli del tesoro che abbiamo
nelle mani, così, disposti anche noi a
trasformare la nostra preghiera di
benedizione in invocazione di morte!
Eppure da quella croce pende il destino
dell'uomo, con quel sangue è firmato il
patto dell'Amicizia eterna di Dio, in quel
pane è conservato il Cuore di Colui che
desidera ardentemente di mangiare
la Pasqua con noi.
Ci ritroviamo in questo racconto?
Ci siamo? E dove siamo?
Forse negli apostoli paurosi e sconcertati,
o nel cinico potere di Pilato, o nella trama
intrigante contro il fratello, o nella sofferenza
cruenta del Cireneo che porta la Croce, o forse
nel peccato desideroso di salvezza del ladro o,
Dio non voglia, nell'indifferenza di quei
pii ebrei che, entrando in città, affrettando il
passo per l'imminente temporale, gettarono
uno sguardo di disprezzo verso gli ennesimi
condannati a morte, feccia della società, che
venivano esemplarmente puniti.
Invece lì, Dio moriva.
Su quella croce si consuma la follia di un
uomo che inchioda Dio perché in Lui vede
 un concorrente, non un compagno.
Ma l'augurio, caloroso, che mi faccio e che
vi faccio, è di ritrovarci-un poco almeno-in
quel Centurione straordinario, di cui la
storia ha taciuto il nome, che davanti al
modo di morire di quell'uomo, al dono di
sé fino alla fine, rimane stupito, rimane turbato,
rimane scosso fino nell'intimo e riconosce in
Lui il Figlio di Dio.
Ecco la fede, la grande fede, che può sgorgare
nel cuore di ciascuno di noi: davanti all'uomo
crocifisso, davanti alla sconfitta più assurda,
davanti alla delusione di un sogno massacrato,
e riconoscere la potenza del Dio immortale.
Allora potremo cantare, con la liturgia
del venerdì santo: “Dio santo, Dio forte,
Dio immortale, abbi pietà di noi
e delle nostre miserie!”.
Buona settimana Santa, aspettando
la gioia del Cristo Risorto!
Buona Domenica delle Palme
a tutti voi amici, Fausto.