giovedì 21 gennaio 2016
Altri ricordi della Beata Madre Speranza
L’ombrello rotto e la suora
matta.
Questo episodio risale al 1926, quando
stava a Madrid.
La Madre lo ricordò alle sue figlie, un
pomeriggio.
Entrò nella sala della Casa della Giovane
dove le suore
erano intente nel lavoro di maglieria.
Come al solito, andava salutando,
sorridendo, avvicinandosi
a una, a un’altra, poi: ”Ave Maria
Purissima!
Su, figlie, rompere le file!”.
E divertendosi un mondo, cominciò a
lanciare in aria
manciate di caramelle che estraeva
dall’ampio grembiule.
Alle suore non sembrava vero.
Tutte scattanti cercavano di prenderle al
volo, con abilità,
a volte urtando le “capocce”, o cadendo a
terra per
raccogliere quelle cadute sul pavimento.
La Madre godeva vedendole.
L’ambiente vibrava di contagiosa e
innocente allegria.
Quando il clima si calmò, suor Candida,
volendo
approfittare del tempo della ricreazione,
le propose:
“Madre, raccontaci la storia
dell’ombrello rotto”.
Tutte le altre, in coro, concordarono
all’istante e in un
attimo, si sedettero in cerchio facendo
prigioniera la
Fondatrice che si vide obbligata ad
arrendersi.
Cominciò così a narrare: <<Ero, allora, una giovane
suora claretiana e ricordo che un giorno,
da Vicàlvaro,
venne la madre generale e mi disse: “Suor
Speranza,
vada con questa sorella a San Carlos per
accompagnarla
dal medico”. “Va bene”.
E siccome pioveva molto, mi diede il suo
ombrello.
Quando mi resi conto che l’ombrello era
tutto rotto,
le dissi: “Madre, devo andare con questo
ombrello?”.
“Se ci sono venuta io, perché tu no?”.
Per evitare una figuraccia, girando per
Madrid, preferii
bagnarmi tutta pur di non aprire
quell’ombrello così malridotto.
Il giorno dopo venne Padre Antonio Naval,
mio direttore
spirituale, e gli raccontai quanto mi era
successo.
E lui commentò: “Le pare giusto?
Cosicchè lei si è fatta suora per non
obbedire alla
sua superiora?”.
Dopo essersi allontanato, me lo vedo
comparire da lì
a poco, con un enorme ombrellone a
strisce rosse e verdi,
di quelli che i contadini aprono sopra il
carro quando
vanno vendendo il vino.
Mi si avvicina e mi dice: “Speranza, il
percorso che hai
fatto ieri con l’ombrello chiuso, lo devi
ripetere oggi,
con questo, ma aperto!”.
“Ma con questo sole?”.
“Sì, sì, sorella!”.
“Ma non ho nemmeno la forza di
sostenerlo…!”.
“Coraggio, il Signore, te la darà…”.
Figlie mie, dovetti percorrere le vie
centrali della capitale,
in un giorno splendido di sole, con
quell’ombrellone
aperto, così grande che per sostenerlo lo
dovevo
stringere con tutte e due le mani.
La gente mi guardava con compassione,
scuotendo il capo.
Deve aver pensato: “È una suora ancora
giovane, ma,
purtroppo, non ci sta più con la testa;
poveretta.
Lascio a voi immaginare la scena
descritta, la forza
comica dell’artista, rivivendo
“l’avventura” e le risate
incontenibili delle suore.
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