martedì 29 marzo 2016

I due di Emmaus e noi.

La tenerezza di Gesù.
Sanno che Gesù è risorto: glielo hanno detto alcune discepole.
Ma, si sa, sono donne, emotivamente instabili, facilmente
suggestionabili.
E la notizia dell'assenza del cadavere del Maestro è stata
confermata da alcuni apostoli.
Ma, si sa, loro sono stati talmente travolti dagli eventi
che, probabilmente, vedono lucciole per lanterne.
Tornano ai loro affari, i due discepoli.
Alle loro occupazioni: hanno pensato che il Nazareno fosse
il Messia, quello che avrebbe regnato per mille anni su
Israele sbaragliando i suoi nemici.
Invece è morto, nel peggiore dei modi.
Si allontanano dalla comunità, come fanno molti di noi,
delusi da Dio.
Di uno di loro sappiamo il nome, Clèopa, un personaggio
conosciuto nella primitiva comunità. L'altro, invece, non
ha nome: ognuno metta il suo.
Sono tristi, i discepoli, e parlano delle loro disgrazie.
Tristi, e si caricano a vicenda, facendo a gara a chi si butta
più giù, come si fa, a volte, fra persone scoraggiate.
Come se ci fosse un premio da vincere: lo sfortunato del mese.
Il loro cammino è di reciproca lamentazione, di
progressivo affossamento.
Sconcertante.
È terribile avere a che fare con persone che, quando vedono
che sei afflitto, invece di incoraggiarti iniziano anch'esse
a fare l'elenco delle loro disgrazie.
Mal comune non fa mai mezzo gaudio.
Spesso, fa doppia tristezza.
Gesù si avvicina e cammina con loro.
Non se ne accorgono, come potrebbero?
Non alzano lo sguardo da loro stessi per incrociare lo
sguardo del Signore.
Sono talmente pieni del loro santo dolore da non accorgersi
che la ragione della loro sofferenza non esiste più!
Sono incapaci di uscire dalla gabbia che si sono creati.
E li prende per il naso.
Perché quella faccia? Maleducato!
Sono offesi, ora, i discepoli.
Da dove viene questo rompiscatole?
Non si vede a sufficienza che sono tristi?
Non hanno il volto sufficientemente disperato?
Come si permette questo sciocco straniero di interrompere
le loro lamentazioni?
Non sa della situazione mondiale?
Del terrorismo? Della crisi economica?
Ci rassicura, il dolore, ci dona identità, ci identifica.
A volte, purtroppo, in un percorso insalubre e folle,
finiamo col coltivare questa identità.
Finiamo col coltivare il dolore.
Ho perso un figlio.
Sono un esodato.
Mio marito mi ha lasciata.
Ho avuto un'infanzia terribile.
Diventiamo il nostro dolore.
Questi diventa il nostro segno di riconoscimento: così ci
presentiamo, così vogliamo che ci riconoscano, sperando,
magari, in un cenno di benevolenza, in un gesto di compassione.
Illusi.
Quando capiremo che la gente fugge il dolore come la peste?
È da abbandonare, il sepolcro, da superare, non da usare
come segno di riconoscimento.
Sono offesi, i discepoli restati orfani.
Cosa è successo? Chiede il risorto.
Parlano della sua croce, e Gesù nemmeno se ne ricorda.
E pronunciano la frase più triste dell'intero vangelo.
Noi speravamo. Che tristezza.
La speranza è sempre rivolta al futuro.
Declinarla al passato significa ammetterne il totale fallimento.
È difficile accettare il fallimento di un progetto, di un'azienda,
di un gruppo parrocchiale.
Il fallimento della speranza porta alla morte interiore.
Noi speravamo: che sciocchi siamo stati a seguire il Nazareno,
a credere che fosse lui il Messia! Che ingenui! 
Noi speravamo: ci siamo illusi, siamo stati degli idioti abissali,
non abbiamo giustificazioni!
La speranza è morta su quella maledetta croce.
È morta e sepolta con Gesù, nel sepolcro regalato da
Giuseppe di Arimatea.
Quanti ne conosco di discepoli così, tristi e rassegnati!
Noi speravamo, dicono i discepoli.
E intanto il Signore che credono morto cammina con loro.
Descrivono con dovizia di particolari le vicende che riguardano
il Maestro, i discepoli restati orfani.
Si aspettano comprensione, compassione.
Ottengono uno schiaffo in pieno volto.
Sciocchi e tardi, dice loro lo straniero.
La sua provocazione li scuote, li costringe ad alzare lo sguardo.
Cosa sta dicendo questo maleducato?
Come si permette?
Sciocchi a tardi nel credere, insiste.
Gesù spiega il senso di quella sofferenza, della sua sofferenza,
e li aiuta a rileggere tutti gli eventi in una chiave diversa,
più ampia, a leggere il dolore alla luce del grande disegno di Dio.
Sono fermi alla croce, i discepoli del risorto.
Possiamo continuare a fissare il bruco, senza accorgerci che
sta per diventare una farfalla.
Non sempre chi ti dà una carezza ti vuole bene.
Non sempre chi ti dà uno schiaffo ti vuole del male.
A volte una bella scrollata ci distoglie dal dolore e ci aiuta
a vedere le cose in maniera diversa.
Arde, ora, il cuore dei discepoli.
Il loro dolore inutile, paradossalmente gratificante, è spazzato
via dalla Parola che riscalda e illumina.
Tutto acquista senso, una dimensione nuova.
La loro vita, riletta alla luce del grande progetto di Dio,
assume un colore completamente diverso.
Ancora Buona Pasqua, cercatori di Dio, rallegriamoci; è Risorto.


Udine, il Vescovo contro le banche.

“Sono come i terroristi di Bruxelles”
di Ivan Francese - 29/03/2016
Monsignor Mazzoccato attacca i responsabili della crisi
di Veneto Banca e Popolare di Vicenza: “Lo spirito del
male che ha agito a Bruxelles è lo stesso che ha permesso
il fallimento degli Istituti”.
I dirigenti di banca senza scrupoli?
Sono come i terroristi di Bruxelles: l’anatema arriva
da Andrea Bruno Mazzoccato, Arcivescovo di Udine.
Che nell’omelia della Messa del Lunedì dell’Angelo celebrata
davanti ai carcerati del penitenziario di Tolmezzo ha attaccato
frontalmente i responsabili dei tanti crac bancari, che non
hanno risparmiato nemmeno il Triveneto.
Difficile infatti che l’Arcivescovo, originario di Treviso,
non abbia pensato alle storie dei tanti risparmiatori delle
province venete rovinati nella crisi di Veneto Banca e della
Popolare di Vicenza, le cui azioni sono state svalutate fino al 90%.
“Lo spirito del male-ha tuonato il Presule davanti ai
detenuti-è quello che, preferendo la morte alla vita e l’odio
all’amore, ha agito pieno di superbia negli attentati di Bruxelles,
in giovani indemoniati che facendosi esplodere hanno
provocato morte e sofferenza.
Lo stesso male che ha permesso il fallimento di alcune
banche dove dirigenti senza scrupoli hanno rubato i soldi,
i risparmi di una vita, di tanta povera gente che ora si
ritrova senza niente.
Anche questi funzionari sono indemoniati, hanno
un animo cinico e nulla gli interessa degli altri”.
Frasi pesanti, pronunciate in un luogo di penitenza e di dolore,
che evidentemente ha ispirato al Vescovo una riflessione
non comune: il male è tale a prescindere dalle modalità con
cui colpisce.
E un cristiano deve sempre fuggirlo.



A proposito dell'Islam

Così devono parlare i Vescovi.
Il Vescovo ora parla chiaro: “Islam e Corano violenti”
di Claudio Cartaldo - 29/03/2016.
Monsignor Pieronek, Vescovo polacco: “Non credo sia
corretto distinguere tra Islam buono e Islam cattivo.
L’Islam si basa sul Corano un testo nel quale la violenza
esiste ed è contemplata”.
Non usa mezzi termini, monsignor Tadeusz Pieronek,
Vescovo già segretario della Conferenza episcopale polacca.
“Non escludo che possa esserci un piano per cancellare
la identità dell’Europa, collegato al flusso di migranti”,
ha detto in una intervista al quotidiano online cattolico 
lafedequotidiana.it.
Parole dure, dirette, contro l’Islam che continua ad
insanguinare l’Occidente.
Altro che dialogo, altro che integrazione.
“L’Occidente-sentenzia Mons. Pieronek-da molta parte
degli islamici è visto come nemico e questo abbiamo
il dovere di considerarlo.
Certamente esistono islamici bravi e non violenti, e con
loro dobbiamo dialogare e convivere, ma per tanti di loro
eravamo e siamo infedeli da sottomettere”.
Infatti “non credo che sia corretto fare la distinzione tra
Islam buono e Islam cattivo.
L’Islam si basa sul Corano un testo nel quale la violenza
esiste ed è contemplata.
Semmai esistono singoli islamici buoni e cattivi come dappertutto.
Questo non elimina il mio giudizio sul Corano che
è la base dell’Islam, siamo al cospetto di un libro nel quale
si predica la sottomissione con la forza degli altri, tra i quali
ci sono i cristiani”.
Quei cristiani “abbandonati” anche nel loro Continente,
con il rischio che diventino minoranza.
“Io credo che ci sia un rischio di islamizzazione nel
continente europeo-continua il Vescovo-una sorta di
invasione insidiosa da non sottovalutare.
Mentre gli islamici pregano cinque volte al giorno e sono
costanti nella loro fede, i cristiani, meglio l’Europa, ha
smarrito le sue radici e non ha il coraggio di manifestare in
pubblico la Fede e di testimoniarla nella vita di ogni giorno.
La sola vera risposta all’ Islam, senza scontri di civiltà, è il
rafforzamento della identità cristiana”.
Poi l’affondo contro i flussi migratori: “Noi per loro siamo
degli infedeli.
Non escludo affatto che dietro questi enormi flussi migratori
si nasconda un piano studiato per cancellare le origini e la
identità del continente europeo, un piano gradito e probabilmente
promosso da grandi potenze e dalla finanza.
Chiudere le frontiere è un errore, però qualche cosa va
fatta realisticamente”.
Non è possibile accogliere tutti.
“L’accoglienza e la solidarietà-dice Pieronek-sono valori
cristiani da coltivare e non possiamo negare questo a chi soffre.
Penso ai polacchi e dico loro che non devono dimenticare
quando emigravano e cercavano aiuto.
Tuttavia occorre controllare i flussi migratori in modo responsabile.
Chi è in grado di escludere che tra i migranti non
si nascondano anche terroristi?
Allora, bisogna avere cautela nell’accogliere e senso
di responsabilità, usare criterio”.