giovedì 28 aprile 2016

Udienza Generale di Papa Francesco del 27 Aprile 2016

Tu puoi diventare prossimo di chiunque
incontri nel bisogno“.
Va e anche tu fa cosi (cfr Lc 10,25-37).
Riflettiamo sulla parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,25-37),
ha detto Papa Francesco introducendo la catechesi del
mercoledì nel corso dell’udienza generale.
Un dottore della Legge mette alla prova Gesù con questa
domanda: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare
la vita eterna?» (v. 25).
Gesù gli chiede di dare lui stesso la risposta, e quello la dà
perfettamente: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua
mente, e il tuo prossimo come te stesso» (v. 27).
Gesù allora conclude: «Fa’ questo e vivrai» (v. 28).
Allora quell’uomo pone un’altra domanda, che diventa molto
preziosa per noi: «Chi è mio prossimo?» (v. 29…
Insomma, vuole una regola chiara che gli permetta di classificare
gli altri in “prossimo” e “non-prossimo”…
E Gesù risponde con una parabola, che mette in scena un
sacerdote, un levita e un samaritano.
I primi due sono figure legate al culto del tempio; il terzo
è un ebreo scismatico, considerato come uno straniero,
pagano e impuro....
Sulla strada da Gerusalemme a Gerico il sacerdote e il levita
si imbattono in un uomo moribondo, che i briganti hanno
assalito, derubato e abbandonato.
La Legge del Signore in situazioni simili prevedeva l’obbligo
di soccorrerlo, ma entrambi passano oltre senza fermarsi.
Erano di fretta…
Vanno per un’altra strada e non si avvicinano.
E qui la parabola ci offre un primo insegnamento: non è
automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la
sua misericordia sappia amare il prossimo.
Non è automatico!
Tu puoi conoscere tutta la Bibbia, tu puoi conoscere tutte
le rubriche liturgiche, tu puoi conoscere tutta la teologia,
ma dal conoscere non è automatico l’amare…
Eppure non esiste vero culto se esso non si traduce in
servizio al prossimo.
Non dimentichiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così
tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie,
non possiamo rimanere spettatori.
Ignorare la sofferenza dell’uomo, cosa significa?
Significa ignorare Dio!
Ma veniamo al centro della parabola-ha sottolineato
Papa Francesco-il samaritano, cioè proprio quello disprezzato,
quello sul quale nessuno avrebbe scommesso nulla, e che
comunque aveva anche lui i suoi impegni e le sue cose da fare,
quando vide l’uomo ferito, non passò oltre come gli altri due,
che erano legati al Tempio, ma «ne ebbe compassione» (v. 33).
Gli altri due “videro”, ma i loro cuori rimasero chiusi, freddi.
Invece il cuore del samaritano era sintonizzato con il cuore
stesso di Dio.
Infatti, la “compassione” è una caratteristica essenziale
della misericordia di Dio.
Dio ha compassione di noi.
Cosa vuol dire?
Patisce con noi, le nostre sofferenze Lui le sente.
Compassione significa “compartire con”.
Il verbo indica che le viscere si muovono e fremono alla vista
del male dell’uomo.
E nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo
l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza.
E’ la stessa compassione con cui il Signore viene incontro a
ciascuno di noi: Lui non ci ignora, conosce i nostri dolori,
sa quanto abbiamo bisogno di aiuto e di consolazione.
Ci viene vicino e non ci abbandona mai…
E se noi lo rifiutiamo, Lui aspetta: è paziente ed è sempre
accanto a noi…
Il samaritano si comporta con vera misericordia: fascia le
ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende
cura personalmente e provvede alla sua assistenza…
Ecco il Comandamento del Signore.
Conclusa la parabola, Gesù ribalta la domanda del dottore
della Legge e gli chiede: «Chi di questi tre ti sembra sia stato
prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (v. 36).
La risposta è finalmente inequivocabile: «Chi ha avuto
compassione di lui» (v. 27).  
All’inizio della parabola per il sacerdote e il levita il prossimo
era il moribondo; al termine il prossimo è il samaritano che
si è fatto vicino.
Gesù-ha detto il Papa-ribalta la prospettiva: non stare a
classificare gli altri per vedere chi è  prossimo e chi no.
Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno,
e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione, cioè se hai quella

capacità di patire con l’altro.