giovedì 11 maggio 2017

La crisi di "fede", ma non per tutti

Questa meditazione che ho fatto qualche tempo fa l’ho rispolverata per
te Angiolina, dopo quello che hai detto ieri dopo che abbiamo recitato
il S. Rosario a casa tua e poi con te abbiamo fatto festa, alla fine mi hai
detto che questi momenti sono per te un balsamo, dove prendi forza vitale
per portare avanti la tua sofferenza, ne sono pienamente convinto, quando
sei nella sofferenza, avere vicino persone amiche con cui condividere la
preghiera è una fonte di acqua viva.
Ci sono dei momenti nel nostro itinerario di fede in cui il Signore
ci dice; coraggio, marciare!
Vai all'altra riva! 
Gesù ci lascia volontariamente sulla barca che è la Chiesa, ci lascia
raggiungere l'altra riva da soli, ci considera degli adulti.
Leggiamo: "Congedata la folla, Gesù salì sul monte, solo, a pregare".
Questo Signore che prega, questo Gesù completamente immerso nella
preghiera ha scosso gli apostoli e scuote anche noi.
Gesù che prega?
Ma non era Dio?
Che bisogno aveva?
Certo, se per noi la preghiera significa chiedere qualcosa, non ha
senso che Gesù preghi!
Ma se la preghiera è il respiro di Dio che riempie i nostri polmoni, allora
Gesù è l'uomo della preghiera perché vive in intimità con il Padre.
E il motivo principale per cui noi preghiamo è perché Gesù ha pregato.
La preghiera è, nel silenzio o nel tumulto del nostro cuore, l'incontro
intimo con la presenza di Dio.
E se l'incontro non avviene, la preghiera è comunque gravida di gioia,
perché anche il silenzio e l'attesa sono abitati da Dio.
Chi ha incontrato Cristo non può fare a meno di pregare.
E questo desiderio nasce anzitutto dal fascino che esercita questo Gesù che prega.
Perché pregare?
Perché imitiamo Gesù che attinge nella notte al Mistero del Padre.
Lasciamoci affascinare da una preghiera che è intimo colloquio con Dio,
incontro silenzioso e pacato con la grazia di Dio.
Questo e solo questo è la preghiera.
Il resto è di più, se viene, se serve.
Vediamo, in questa pagina, che non c'è nessun riferimento al fatto di distrarci
o meno, l'essenziale è l'atteggiamento interiore del desiderio della preghiera.
"La barca intanto distava già qualche miglia da terra ed era agitata dalle
onde, a causa del vento contrario".
A chi non è mai successo di essere in un momento in cui si ha l'impressione
di essere in mezzo al mare in tempesta e di remare controvento?
Qualcuno di noi, io compreso penserà: "è tutta la vita che remo controvento!"
é possibile, mi dispiace.
Una lettura di fede, però, ci suggerisce che, bene o male, questo è un momento
che tutti dobbiamo attraversare.
Il momento della fatica, del remare contro, della stanchezza interiore, del lutto,
della malattia o dell'aridità; il momento in cui si ha la netta percezione che
il Signore non ci sia!
Gesù stesso--e questo è un immenso mistero–ha sperimentato questa aridità,
questo senso di abbandono.
Che mistero sconvolgente!
Gesù nell'orto degli Ulivi che si sente abbandonato!
Ci fermiamo alle soglie del Mistero, intuendo che la percezione di Gesù di
abbandono è autentica, drammatica, vissuta per essere in comunione con noi.
"Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sulle acque".
Possiamo pensare: "Buon Dio, quand'è la fine della notte!".
Ebbene: quel mare minaccioso, quelle onde che travolgono, quei flutti che
spaventano, si trasformano nel tappeto regale che ci porta a Gesù.
È un'immagine bellissima questa di Gesù che cammina sull'aspetto
minaccioso del lago.
Tra l'altro: sapete che il lago di Galilea è molto grande, e che, a causa
dell'escursione termica e delle correnti fredde del Giordano che lo alimenta,
davvero può provocare delle tempeste come in mare.
A questo proposito dovete sapere che gli Ebrei avevano terrore dell'acqua!
È una cosa normale per un popolo che non aveva grandi esperienze
di navigazione.
Insomma: il lago in tempesta, l'acqua che ci sommerge è il segno della
peggior disgrazia che ci può succedere, assomiglia proprio alla malattia.
Pensiamo alle nostre paure più remote o alle nostre malattie.
Ebbene: il Signore viene sul mare, vi cammina sopra.
Sopra le tue e le mie difficoltà più insormontabili, il Signore ci cammina sopra.
"I discepoli, al vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "é un fantasma!
E si misero a gridare della paura."
Alle volte la paura del mare è così grande, alle volte la disperazione è così profonda
che non riconosciamo neppure la presenza di Cristo e lo prendiamo per un fantasma.
Siamo talmente turbati che non riconosciamo neppure la presenza del Signore.
E Gesù dice a noi come ha detto agli apostoli: "Coraggio sono io,non abbiate paura!"
Che bella questa affermazione di Gesù!
Trovo che l'infondere coraggio sia, da parte di Gesù, una delicatezza estrema.
Così, ricordate, l'angelo infonde coraggio a Maria e a Zaccaria nelle rispettive,
annunciazioni.
Così Gesù Risorto infonde coraggio agli apostoli quando appare.
Così, che bello, quando Giovanni Paolo II è stato chiamato a diventare
Vescovo di Roma, ha seguito queste orme dicendo come primissima cosa:
"Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo!", certo, ma non è sempre facile.
Non abbiate paura, amici; il Signore non desidera che il nostro bene.
Più che abbracciarci, cosa volete che ci faccia?
Più che amarci cosa volete che succeda?
"Coraggio, sono io, non abbiate paura".
Pietro disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque".
Pietro chiede di superare la sua difficoltà, di affrontare la sua paura,
di camminare anche lui sulle acque.
Ma noi lo facciamo a mò di ricatto!
Diciamo: "Signore se esisti fa che succeda così e così!", siamo noi
che diciamo a Dio cosa deve fare!
Terribile!
È Dio che deve fare la nostra volontà, non noi la sua.
Ma cos'è la volontà di Dio?
Occorre capirci: bisogna dire anzitutto che, "fare la volontà di Dio" significa,
prendere consapevolezza che la sua volontà è più autentica della mia, più
orientata alla mia felicità più vera, e io mi ci adeguo, mi fido.
Noi invece diciamo: "Signore sia fatta la tua volontà, soprattutto se
assomiglia alla mia!".
Quando parliamo di volontà di Dio non intendiamo, il piegare la testa
davanti a Lui vendicativo, che mi chiede di rispettare i suoi capricci.
Se mi muore un figlio non posso inchinarmi dicendo: "è la volontà di Dio!".
Un episodio; una coppia che ha perso, qualche anno fa, il figlio unico,
a quindici anni, in un incidente.
Sono piombati nel dolore più insaziabile, facendosi anche accalappiare da
persone che proponevano esperienze esoteriche (pericolosissime).
Una tristezza senza fine, una morte senza scampo.
D'improvviso un'amica gli propone di leggere delle cose su un blog.
Accettano, cominciano a sciogliersi.
Dopo un po decidono di telefonarmi.
Ho capito subito la durezza che abitava nel cuore di queste persone.
Sinceramente mi sono trovato in imbarazzo, non sapevo che dire.
Mentre mi parlavano, invoco mentalmente lo Spirito Santo.
Dopo averli ascoltati per un bel pò, decido di parlargli dell’affidamento che
Dio ha voluto dare a Maria e Giuseppe, quello di suo Figlio, dicendo loro,
anche a voi Dio ha voluto affidarvi un suo figlio, siamo noi che pretendiamo
di essere i padroni della loro vita, ma non è così, i nostri figli, come diciamo
noi, non sono nostri, ma sono sempre dei suoi figli, e con questo non voglio
dirvi che Lui è venuto a riprenderselo, ma è stata una fatalità della vita il
modo in cui se n’è andato, voi in quel momento avete esaurito il vostro
compito, capisco che non è facile da accettare è normale.
Perché ci affezioniamo e vogliamo bene ai nostri figli, anche Maria si era
affezionata a Gesù, anche se sapeva che non era suo Figlio e non poteva
avere pretese, ha sofferto per Lui, ha pianto, si è sentita strappare l’anima
quando l’ha visto penzolare dalla croce, ma alla fine anche per
Lei è arrivata la gloria.
Quando ho finito di parlare lei molto imbarazzata dice: "Ho capito dobbiamo
chiedere scusa a Dio.
È dalla morte di mio figlio, dieci anni fa, che non ci confessiamo".
Io le ho risposto: "No, aspetta, è Dio che ti chiede scusa".
Questa affermazione gli ha spalancato il cuore alla misericordia e decisero
di perdonarlo andando a confessarsi”!
Stiamo attenti, amici, con le parole.
Attenti quando diciamo; è volontà di Dio questa morte o questa malattia. No!
È un mistero a cui dobbiamo accostarci con rispetto; quello della sofferenza.
Perché Dio permette la sofferenza?
Non lo so, giuro.
So solo che Dio ha sofferto, e questo mi basta.
Volontà di Dio. Che mistero!
La nostra preghiera, allora va, nella direzione di capire il disegno che Dio
ha su di me, su di te Angiolina, su ognuno di noi e chiedere a Dio di
facilitarci il progetto che ci siamo fatti.
Nel mese di maggio tanti genitori vanno al Rosario e alla S. Messa più spesso,
per i figli che devono fare gli esami, perché?
Santa fifa degli scrutini ora pro nobis!
Perché chiedere a Dio che il compito di matematica del figlio vada bene?
Il Signore non li considera dei minorati; gli ha dato tutti gli strumenti affinché
il compito vada benissimo!
Questo intendo con "sfida": quando banalizziamo il rapporto con Dio.
Quando diciamo "se esisti fa' che".
Torniamo al testo: "Ed Egli-Gesù-disse: Vieni".
Il Signore accetta la sfida e Pietro crede.
Qualche passo soltanto, ma crede.
Noi lo avremmo fatto?
Ci saremmo buttati in acqua?
Forse no.
Lui sì: è un impulsivo, un ingenuo, ma si butta.
"Scendendo dalla barca si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù".
All'uomo che crede è concesso di camminare sul mare della propria
inquietudine, della propria sofferenza, della propria tenebra.
Sì: è concesso, almeno un pò.
Ma: "per la violenza del vento s'impaurì e cominciando ad affondare
gridò: 'Signore, salvami!'.
E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e disse: 'Uomo di poca fede,
perché hai dubitato?".
Stavi andando bene, Pietro!
Perché hai dubitato?
Siamo alle solite, partiamo in quarta con tanta buona volontà, poi ci
spaventiamo per un niente.
Ricordate sicuramente il parallelo di Marco; Gesù è presente sulla barca,
ma dorme.
E ancora rimprovera i discepoli dicendo: "Perché avete dubitato?".
Perché noi dubitiamo?
Il Signore è sulla barca con noi!
Perché spaventarci, egli è presente!
Tutto ce lo testimonia, non dubitiamo.
A te Angiolina, non mi sembra che tu stia dubitando, credo tu abbia
imparato come si cammina sulle acque impetuose della, senza paura.
Matteo scrive questo episodio apposta per noi, per infonderci coraggio,
per dirci che anche loro, gli apostoli, hanno faticato, hanno dubitato, ma,
alla fine, hanno creduto.
Infine voglio spendere due parole su Pietro.
Perché mai Pietro è stato scelto come garante della nostra fede?
Perché crede.
È l'unico che si è buttato, impulsivo come sempre.
Leggere il vangelo e sottolineare le brutte figure di Pietro l'irruente!
È spettacolare!
Eppure è stato scelto, non perché era forte, ma perché era debole ma sincero,
perché capace di riconoscere i propri errori.
Perciò è stato scelto.
Pietro è lì a dirci: "La fede in cui credete è la stessa che da duemila
anni ci tramandiamo".
Perciò preghiamo per Pietro durante ogni eucarestia; perché lo Spirito lo
accompagni in questo cammino così impegnativo!
Ciò che la Chiesa crede da sempre: che non importa se il Papa sia simpatico
o meno, polacco o bulgaro, l'importante è che custodisca la fede.
Andiamo all'essenziale: Pietro si getta perché si fida, l'unico.
Pietro con le sue fragilità, il suo entusiasmo, la sua poca fede, ci assomiglia tanto.
Perciò è stato scelto a garantire la nostra piccola fede: perché, come noi, ha paura.
Perciò è grande: perché, più di noi, si é buttato!
Grande Pietro!
Anche tu Angiolina ti stai fidando del Signore, per questo ti senti bene
quando hai tante persone accanto a te immerse nella preghiera,
con affetto da fausto e Bertilla.