giovedì 19 dicembre 2019

Aspettando Natale, meditiamo questo evento straordinario.


Ho avuto delle richieste particolari da degli amici, attraverso la mia pagina
facebook: “Che cos’è il vero Natale?”, richiesta particolare, perché tutti
sappiamo cosa rappresenta il Natale per noi cristiani, o forse no!
Ed allora, eccovi la mia versione della spiegazione del vero Natale, magari
farà venire il prurito al naso a più di qualcuno, contrario a quello che scrivo,
portate pazienza se vi dà fastidio, perché è Natale anche per voi e a Natale
siamo tutti buoni.
L’Evangelista Luca ci spiega cosa accadde quella notte!
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la
guardia al loro gregge.
Un Angelo del Signore si presentò davanti a loro e la Gloria del Signore
li avvolse di luce; essi furono presi da grande spavento, ma l’Angelo
disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di
tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore,
che è il Cristo Signore!” (Luca 2,8-11)
Sappiamo che allora i pastori erano considerati dei poco di buono, gente che
non sapeva far niente e vivevano isolati nelle vallate fra le colline, dove
potevano pascolare il loro gregge.
Già allora quando era appena nato Gesù fu adorato da questi poveri emarginati,
erano considerati impuri per la vita che conducevano fra gli animali.
Perché? Chiedo, perché?
Semplice; perché furono gli unici che credettero al Dio nato nella grotta di
Betlemme; seppero vedere ciò che altri non videro o non vollero vedere; che
il Messia sarebbe stato Figlio dell’uomo, come aveva profetizzato Daniele,
e che avrebbe sofferto.
Quella povera gente vi credette e si mise in cammino verso la mangiatoia con
i loro umili doni, per onorare e Glorificare un Dio povero come loro.
Ed allora, perché solo i pastori?
Perché gli uomini potenti o gli uomini sapienti ed anche i religiosi, non hanno
accolto l’invito; ricordiamoci che Giuseppe prima di portare Maria in una stalla
per partorire, aveva cercato invano ovunque un posto degno per Lei, ma tutti l’hanno
rifiutata e rifiutando Lei hanno rifiutato anche quello che doveva nascere da Lei.
Perciò già dalla nascita Gesù si circonda di poveri peccatori immondi,
me compreso, perché sono gli unici che lo hanno accolto.
Perciò i nostri primi fratelli di fede, i primi che hanno creduto a Gesù, i primi cristiani,
eccoli là; sono proprio questi poveri che entrano nella Luce del cristo Bambino e che
capiscono la meravigliosa sinfonia cantata nel cielo di Betlemme: “Gloria a Dio
nell’alto dei Cieli!”.
Allora noi potremmo esserci tutti in questa compagnia di bisognosi di Dio,
di creature che hanno bisogno della sua Misericordia?
Credo proprio di sì, io sicuramente, amici.
Perché siamo tutti poveri, siamo tutti lontani, siamo tutti peccatori!
Siamo creature tanto fragili, tanto deboli, pieni di difficoltà, creature che
camminano nella notte come quei pastori.
Anche noi, allora, uniamoci al cammino notturno dei pastori, dei lontani,
dei miseri ed accogliamo il grande annuncio.
Uniamoci ai nostri primi fratelli di fede e sentiamoci tutti accolti dalle braccia
di questo Bambino che ci aspetta per dirci che Dio è Amore, che Dio ci Ama,
che Dio Ama ciascuno di noi così come siamo; poveri peccatori, anche se ci
sentiamo incapaci di fare qualsiasi cosa, anche se siamo stati rifiutati dalla
società come quei pastori.
Ecco la grande speranza di Betlemme sentirsi Amati da Dio: “Pace in terra
agli uomini che Dio Ama!”.
E Luca ci dice ancora.
Appena gli Angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano
fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore
ci ha fatto conoscere”. (Luca 2,15)
C’è una leggenda che ci presenta un personaggio strano, il personaggio di un
pastore chiamato “Rovi”, il pastore rapito, cioè un personaggio diciamo noi
con la testa fra le nuvole, lui non portò in dono niente, di solito vediamo nel
presepe che i pastori portano qualcosa in dono, lui invece non porta nulla,
con le mani vuote, perché è colui che non sa far altro che rimanere incantato
a contemplare, ma il Bambino Gesù ha accolto anche lui con le sue braccia
vuote, non l’ha rifiutato.
Allora amici, imitiamo questo pastore facciamogli compagnia, andiamo anche
noi, io per primo, a Betlemme davanti alla mangiatoia con le mani vuote.
Perché?
Perché le nostre mani sono state troppo cariche finora di cose inutili, il nostro
Natale taroccato di solito appesantisce le nostre braccia e svuota il nostro spirito.
Noi siamo troppo occupati, troppo indaffarati e non ci accorgiamo di Lui,
del Bambino che è l’Emmanuele: “Dio con noi, solo se lo vogliamo!”.
Tutti noi crediamo che verso Dio occorra andare portando qualcosa; io penso
che verso Dio bisogna andarci con il cuore aperto e con le mani vuote; vuote
per ricevere tutto; vuote per la consapevolezza che siamo dei peccatori; vuote
per essere umili; vuote per essere disponibili e desiderosi che Lui ci colmi;
che Lui ci invada, che Lui ci prenda totalmente.
È questo che ognuno di noi dovremmo fare di fronte al Bambino infreddolito
di Betlemme; portargli il calore della nostra contemplazione, essere come
pastori incantati, come pastori estasiati davanti a Lui.
Vi annuncio una grande allegrezza, una grande gioia, disse l’Angelo ai pastori.
È questo l’annuncio che Dio manda a tutti noi la notte di Natale, il Natale è un
annuncio di gioia, perché quando Dio nasce in un’anima, quest’anima riceve
sicuramente un’iniezione di gioia.
Ogni uomo che incontra Dio è un uomo che incontra la gioia, altrimenti non
si è incontrato veramente con Dio; magari potrà mancargli la gioia in superficie,
perché ci sono le preoccupazioni, le perplessità, i problemi i drammi dell’esistenza
quotidiana; ma il fondo di un’anima che ha scoperto Dio è il fondo di un’anima
che ha scoperto la gioia e sa cha prima o poi quella gioia verrà in superficie per
poterla trasmettere agli altri, facendo capire che la nostra vita ha una
Stella Cometa che ci guida.
Sempre Luca ci dice: “Andarono dunque senza indugio e trovarono Maria, Giuseppe
e il Bambino, che giaceva nella mangiatoia; e dopo averlo visto, riferirono ciò che
del Bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.
Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore!” (Luca 2,16-19)
Ed allora meditiamole anche noi queste cose, pensiamo, Dio si è abbassato tanto
da farsi uomo, allora non si può fare a meno di pensare a quella mamma e a
quel Divino Bambino che succhia il latte da una creatura umana e, si mette fra le
braccia della nostra umanità per chiederci amore e per darci amore.
Davanti a un Dio che si fa Bambino per aprirci il Regno dei Cieli, come si fa a
non comprendere che: “Se non diventeremo come bambini non entreremo nel
Regno dei Cieli!”
Il Natale è anche questa grande lezione di umiltà per l’uomo, che deve sentirsi
bisognoso di Dio.
Finchè non ci sentiremo come bambini impotenti, insufficienti in tutto, finchè
non ci sentiremo morti se non si vive in Dio, “il solo che ha parole di vita eterna”
finchè non sentiremo che Dio è il tutto a cui il nostro niente desidera arrivare,
fino ad allora non conosceremo la pace del cuore, fino ad allora il nostro cuore
sarà inquieto.
Betlemme dunque ci attende per questo, per dirci che abbiamo bisogno di Dio.
Come un bambino ha bisogno di tutto, e per dirci che come Dio si è fatto Bambino
per venire a noi, anche noi dobbiamo farci bambini per andare a Lui.
Cerchiamo allora di recuperare l’anima dell’infanzia, le virtù dell’estrema infanzia;
la purezza, la trasparenza, la semplicità e l’allegrezza.
Lo stato dell’infanzia spirituale è lo stato che muove Dio a chinarsi su di noi,
a concedersi a noi, ad abbracciare ognuno di noi, specialmente chi ha più bisogno
di una carezza particolare.
E ci dirà: “Non temere; Io ti sono vicino, perciò sono stato chiamato Emmanuele;
Io sono con te, vicino al tuo cuore, alle tue preoccupazioni, alle tue speranze, ai tuoi
desideri, al tuo soffrire.
Consolati cammina con me, lascia che ti prenda per mano!”.
Ma il Natale ci farà il dono anche di un’altra grande consolazione; come i bambini
si aggrappano alla mamma nella loro impotenza, e senza la mamma si sentono perduti,
io vi dico che quando cominceremo a diventare bambini di fronte a Dio, allora
cominceremo a capire che Maria ci è stata data per amarci come fa una mamma,
una mamma unica che farà di tutto per noi e per il nostro bene, senza di Lei siamo
come perduti.
Promettiamoci allora di gettarci sempre fra le braccia di Maria, perché sia Lei a
porgerci il suo Bambino, sia Lei, la piccola per eccellenza, a farci piccoli per
piacere a Gesù.
Nella notte di Betlemme, Maria e Giuseppe, erano le uniche due persone consapevoli
del grandioso evento che si stava avverando in quella grotta; le uniche due persone
consapevoli che stava nascendo l’Emmanuele.
Come deve essere stato difficile per loro custodire nel loro cuore, “il segreto”; nella
carovana di migranti che obbedivano agli ordini imposti dal censimento, loro
sottostavano silenziosamente alle difficoltà cui erano soggetti i poveri, loro
che custodivano l’Emmanuele!
E quando il Bambino venne alla luce, furono costretti ad adagiarlo in una
mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
Ecco questa situazione si rinnova ogni anno; il Natale è un rinnovarsi mistico
della nascita del Salvatore, ogni anno si realizza però anche la stessa situazione
di difficoltà ad accoglierlo, perché i nostri cuori sono sempre più chiusi, come più
di duemila anni fa possiamo dire che non c’è mai posto per Lui nell’albergo
del nostro cuore.
Perchè infatti è nel cuore che deve rinnovarsi questo evento, è lì che si realizza
il trionfo di Cristo e quindi la sua nascita.
Occorre dunque sicuramente tornare a far posto a questo Bambino ed offrirgli
un riparo, consapevoli di non essere per Lui solo che una mangiatoia fredda.
Questa difficoltà ci sarà sempre, è una difficoltà con la quale Dio stesso ci misura,
poiché Egli ha scelto di nascere nel mondo e quindi di spartire con noi le nostre
ristrettezze e le nostre povertà.
La mancanza di spazio fisico a Betlemme è anche immagine della nostra difficoltà
a creare dentro di noi lo spazio spirituale necessario alla contemplazione e all’adorazione.
Del resto sono sempre futili i motivi per cui si rifiutano gli inviti di Dio; la fretta,
il divertimento, la stanchezza, una faccenda da sbrigare.
Dobbiamo guardarci quindi da un malinteso senso del dovere, nel quale può
annidarsi una trappola!
Spesso è ciò che noi crediamo; “dovere”, a costituire il vero intralcio alla venuta
di Gesù nel nostro cuore; è ciò che noi crediamo, “prioritario”, ad impedirci
di, “alloggiare”, Gesù che deve avere un posto, “prioritario”.
La venuta di Gesù è essenzialmente nascita, cioè Natale; è questo che ci
deve insegnare il 25 Dicembre.
Non si tratta di fare commemorazione, ma di sgomberare l’anima dalle cose
inutili e disordinate, per fare in essa quel poco spazio, “vitale”, per una
mangiatoia, dove riscaldare e amare il Figlio di Dio!
Ecco amici, cos’è per me il Natale, il vero Natale, non quello taroccato che
siamo abituati a festeggiare, perché ci dimentichiamo sempre di invitare
il festeggiato alla sua festa, Buon Natale se festeggiate il vero Natale, Fausto.