Ho avuto delle richieste particolari da degli amici,
attraverso la mia pagina
facebook: “Che cos’è il vero Natale?”,
richiesta particolare, perché tutti
sappiamo cosa rappresenta il Natale per noi
cristiani, o forse no!
Ed allora, eccovi la mia versione della
spiegazione del vero Natale, magari
farà venire il prurito al naso a più di
qualcuno, contrario a quello che scrivo,
portate pazienza se vi dà fastidio, perché
è Natale anche per voi e a Natale
siamo tutti buoni.
L’Evangelista Luca ci spiega cosa accadde
quella notte!
C’erano in quella regione alcuni pastori che
vegliavano di notte facendo la
guardia al loro gregge.
Un Angelo del Signore si presentò davanti a
loro e la Gloria del Signore
li avvolse di luce; essi furono presi da
grande spavento, ma l’Angelo
disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio
una grande gioia, che sarà di
tutto il popolo; oggi vi è nato nella città
di Davide un Salvatore,
che è il Cristo Signore!” (Luca 2,8-11)
Sappiamo che allora i pastori erano considerati dei
poco di buono, gente che
non sapeva far niente e vivevano isolati nelle vallate
fra le colline, dove
potevano pascolare il loro gregge.
Già allora quando era appena nato Gesù fu adorato da
questi poveri emarginati,
erano considerati impuri per la vita che conducevano
fra gli animali.
Perché? Chiedo, perché?
Semplice; perché furono gli unici che credettero al Dio
nato nella grotta di
Betlemme; seppero vedere ciò che altri non videro o non
vollero vedere; che
il Messia sarebbe stato Figlio dell’uomo, come aveva
profetizzato Daniele,
e che avrebbe sofferto.
Quella povera gente vi credette e si mise in cammino verso
la mangiatoia con
i loro umili doni, per onorare e Glorificare un Dio
povero come loro.
Ed allora, perché solo i pastori?
Perché gli uomini potenti o gli uomini sapienti ed
anche i religiosi, non hanno
accolto l’invito; ricordiamoci che Giuseppe prima di
portare Maria in una stalla
per partorire, aveva cercato invano ovunque un posto
degno per Lei, ma tutti l’hanno
rifiutata e rifiutando Lei hanno rifiutato anche
quello che doveva nascere da Lei.
Perciò già dalla nascita Gesù si circonda di poveri
peccatori immondi,
me compreso, perché sono gli unici che lo hanno
accolto.
Perciò i nostri primi fratelli di fede, i primi che
hanno creduto a Gesù, i primi cristiani,
eccoli là; sono proprio questi poveri che entrano nella Luce del cristo Bambino e
che
capiscono la meravigliosa sinfonia cantata nel cielo
di Betlemme: “Gloria a Dio
nell’alto dei Cieli!”.
Allora noi potremmo esserci tutti in questa compagnia
di bisognosi di Dio,
di creature che hanno bisogno della sua Misericordia?
Credo proprio di sì, io
sicuramente, amici.
Perché siamo tutti poveri, siamo tutti lontani, siamo
tutti peccatori!
Siamo creature tanto fragili, tanto deboli, pieni di
difficoltà, creature che
camminano nella notte come quei pastori.
Anche noi, allora, uniamoci al cammino notturno dei
pastori, dei lontani,
dei miseri ed accogliamo il grande annuncio.
Uniamoci ai nostri primi fratelli di fede e sentiamoci
tutti accolti dalle braccia
di questo Bambino che ci aspetta per dirci che Dio è
Amore, che Dio ci Ama,
che Dio Ama ciascuno di noi così come siamo; poveri
peccatori, anche se ci
sentiamo incapaci di fare qualsiasi cosa, anche se
siamo stati rifiutati dalla
società come quei pastori.
Ecco la grande speranza di Betlemme sentirsi Amati da
Dio: “Pace in terra
agli uomini che Dio Ama!”.
E Luca ci dice ancora.
Appena gli Angeli si furono allontanati per
tornare al cielo, i pastori dicevano
fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo
questo avvenimento che il Signore
ci ha fatto conoscere”. (Luca 2,15)
C’è una leggenda che ci presenta un personaggio
strano, il personaggio di un
pastore chiamato “Rovi”, il pastore rapito,
cioè un personaggio diciamo noi
con la testa fra le nuvole, lui non portò in dono
niente, di solito vediamo nel
presepe che i pastori portano qualcosa in dono, lui
invece non porta nulla, và
con le mani vuote, perché è colui che non sa far altro che rimanere
incantato
a contemplare, ma il Bambino Gesù ha accolto anche lui
con le sue braccia
vuote, non l’ha rifiutato.
Allora amici, imitiamo questo pastore facciamogli
compagnia, andiamo anche
noi, io per primo, a Betlemme davanti alla mangiatoia
con le mani vuote.
Perché?
Perché le nostre mani sono state troppo cariche finora
di cose inutili, il nostro
Natale taroccato di solito appesantisce le nostre
braccia e svuota il nostro spirito.
Noi siamo troppo occupati, troppo indaffarati e non ci accorgiamo di Lui,
del Bambino che è l’Emmanuele: “Dio con noi, solo se lo vogliamo!”.
Tutti noi crediamo che verso Dio occorra andare
portando qualcosa; io penso
che verso Dio bisogna andarci con il cuore aperto e
con le mani vuote; vuote
per ricevere tutto; vuote per la consapevolezza che
siamo dei peccatori; vuote
per essere umili; vuote per essere disponibili e
desiderosi che Lui ci colmi;
che Lui ci invada, che Lui ci prenda totalmente.
È questo che ognuno di noi dovremmo fare di fronte al Bambino
infreddolito
di Betlemme; portargli il calore della nostra
contemplazione, essere come
pastori incantati, come pastori estasiati davanti a
Lui.
Vi annuncio una grande allegrezza, una
grande gioia, disse l’Angelo ai pastori.
È questo l’annuncio che Dio manda a tutti noi la notte
di Natale, il Natale è un
annuncio di gioia, perché quando Dio nasce in
un’anima, quest’anima riceve
sicuramente un’iniezione di gioia.
Ogni uomo che incontra Dio è un uomo che incontra la
gioia, altrimenti non
si è incontrato veramente con Dio; magari potrà
mancargli la gioia in superficie,
perché ci sono le preoccupazioni, le perplessità, i
problemi i drammi dell’esistenza
quotidiana; ma il fondo di un’anima che ha scoperto
Dio è il fondo di un’anima
che ha scoperto la gioia e sa cha prima o poi quella gioia
verrà in superficie per
poterla trasmettere agli altri, facendo capire che la
nostra vita ha una
Stella Cometa che ci guida.
Sempre
Luca ci dice: “Andarono
dunque senza indugio e trovarono Maria, Giuseppe
e il
Bambino, che giaceva nella mangiatoia; e dopo averlo visto, riferirono ciò che
del
Bambino era stato detto loro.
Tutti quelli
che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.
Maria, da
parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore!” (Luca 2,16-19)
Ed allora
meditiamole anche noi queste cose, pensiamo, Dio si è abbassato tanto
da farsi uomo, allora
non si può fare a meno di pensare a quella mamma e a
quel Divino Bambino
che succhia il latte da una creatura umana e, si mette fra le
braccia della nostra
umanità per chiederci
amore e per darci amore.
Davanti a un Dio
che si fa Bambino per aprirci il Regno dei Cieli, come si fa a
non comprendere
che: “Se non diventeremo come
bambini non entreremo nel
Regno dei
Cieli!”
Il Natale è anche
questa grande lezione di umiltà per l’uomo, che deve sentirsi
bisognoso di Dio.
Finchè non ci
sentiremo come bambini impotenti, insufficienti in tutto, finchè
non ci sentiremo
morti se non si vive in Dio, “il
solo che ha parole di vita eterna”
finchè non
sentiremo che Dio è il tutto a cui il nostro niente desidera arrivare,
fino ad allora non
conosceremo la pace del cuore, fino ad allora il nostro cuore
sarà inquieto.
Betlemme dunque ci
attende per questo, per dirci che abbiamo bisogno di Dio.
Come un bambino ha
bisogno di tutto, e per dirci che come Dio si è fatto Bambino
per venire a noi, anche
noi dobbiamo farci bambini per andare a Lui.
Cerchiamo allora di
recuperare l’anima dell’infanzia, le virtù dell’estrema infanzia;
la purezza, la
trasparenza, la semplicità e l’allegrezza.
Lo stato
dell’infanzia spirituale è lo stato che muove Dio a chinarsi su di noi,
a concedersi a noi,
ad abbracciare ognuno di noi, specialmente chi ha più bisogno
di una carezza
particolare.
E ci dirà: “Non temere; Io ti sono vicino, perciò
sono stato chiamato Emmanuele;
Io sono
con te, vicino al tuo cuore, alle tue preoccupazioni, alle tue speranze, ai
tuoi
desideri,
al tuo soffrire.
Consolati
cammina con me, lascia che ti prenda per mano!”.
Ma il Natale ci
farà il dono anche di un’altra grande consolazione; come i bambini
si aggrappano alla
mamma nella loro impotenza, e senza la mamma si sentono perduti,
io vi dico che
quando cominceremo a diventare bambini di fronte a Dio, allora
cominceremo a
capire che Maria ci è stata data per amarci come fa una mamma,
una mamma unica che
farà di tutto per noi e per il nostro bene, senza di Lei siamo
come perduti.
Promettiamoci
allora di gettarci sempre fra le braccia di Maria, perché sia Lei a
porgerci il suo
Bambino, sia Lei, la piccola per eccellenza, a farci piccoli per
piacere a Gesù.
Nella
notte di Betlemme, Maria e Giuseppe, erano
le uniche due persone consapevoli
del grandioso evento
che si stava avverando in quella grotta; le uniche due persone
consapevoli che
stava nascendo l’Emmanuele.
Come deve essere
stato difficile per loro custodire nel loro cuore, “il segreto”; nella
carovana di
migranti che obbedivano agli ordini imposti dal censimento, loro
sottostavano
silenziosamente alle difficoltà cui erano soggetti i poveri, loro
che custodivano
l’Emmanuele!
E quando il Bambino
venne alla luce, furono costretti ad adagiarlo in una
mangiatoia, perché
non c’era posto per loro nell’albergo.
Ecco questa
situazione si rinnova ogni anno; il Natale è un rinnovarsi mistico
della nascita del
Salvatore, ogni anno si realizza però anche la stessa situazione
di difficoltà ad
accoglierlo, perché i nostri cuori sono sempre più chiusi, come più
di duemila anni fa
possiamo dire che non c’è mai posto per Lui nell’albergo
del nostro cuore.
Perchè infatti è
nel cuore che deve rinnovarsi questo evento, è lì che si realizza
il trionfo di
Cristo e quindi la sua nascita.
Occorre dunque
sicuramente tornare a far posto a questo Bambino ed offrirgli
un riparo, consapevoli
di non essere per Lui solo che una mangiatoia fredda.
Questa difficoltà
ci sarà sempre, è una difficoltà con la quale Dio stesso ci misura,
poiché Egli ha
scelto di nascere nel mondo e quindi di spartire con noi le nostre
ristrettezze e le
nostre povertà.
La mancanza di
spazio fisico a Betlemme è anche immagine della nostra difficoltà
a creare dentro di
noi lo spazio spirituale necessario alla contemplazione e all’adorazione.
Del
resto sono sempre futili i motivi per cui si rifiutano gli inviti di Dio; la
fretta,
il
divertimento, la stanchezza, una faccenda da sbrigare.
Dobbiamo guardarci
quindi da un malinteso senso del dovere, nel quale può
annidarsi una
trappola!
Spesso è ciò che
noi crediamo; “dovere”, a costituire il vero intralcio alla venuta
di Gesù nel nostro
cuore; è ciò che noi crediamo, “prioritario”, ad impedirci
di, “alloggiare”, Gesù
che deve avere un posto, “prioritario”.
La venuta di Gesù è
essenzialmente nascita, cioè Natale; è questo che ci
deve insegnare il
25 Dicembre.
Non si tratta di
fare commemorazione, ma di sgomberare l’anima dalle cose
inutili e
disordinate, per fare in essa quel poco spazio, “vitale”, per una
mangiatoia, dove
riscaldare e amare il Figlio di Dio!
Ecco
amici, cos’è per me il Natale, il vero Natale, non quello taroccato che
siamo
abituati a festeggiare, perché ci dimentichiamo sempre di invitare
il
festeggiato alla sua festa, Buon Natale se festeggiate il vero Natale, Fausto.