L'ASSISTENTE SOCIALE
LGBT TOGLIE I FIGLI PER DARLI A DUE LESBICHE.
ALMENO ADESSO TUTTI
CAPIRANNO LA PERICOLOSITA' DELLA LOBBY GAY
Gli arresti a Reggio
Emilia fanno emergere storie raccapriccianti, come quella
di Silvia, tolta ai
genitori per abusi inventati dalle assistenti sociali e affidata
a due lesbiche
militanti (che l'hanno pure maltrattata)
di Andrea Zambrano
È la famiglia la grande nemica
della maxi inchiesta "Angeli e demoni" con la
quale la procura di Reggio Emilia
ha spiccato 6 ordini di arresto e posto sotto
indagine 17 persone.
Sono tutti accusati di reati pesantissimi
che vanno dai maltrattamenti alle lesioni
fino a reati amministrativi come
abuso d'ufficio assistenti sociali, psicologi e
medici tutti gravitanti attorno
al centro La Cura di Bibbiano, una delle strutture
considerate più all'avanguardia
della Regione nella gestione degli affidi
famigliari su bambini vittime di
abusi o tolti alla famiglia d'origine per le più
svariate criticità.
Anche il sindaco Pd di Bibbiano
Andrea Carletti è finito ai domiciliari per
quello che il sistema mediatico
ha già ribattezzato come un pesante macigno
sul sistema del welfare
"rosso" un tempo fiore all'occhiello della Regione.
Tra le carte della corposa
ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari
Luca Ramponi figura un sistema in
cui i servizi sociali, insieme a una Onlus di
Moncalieri, la Hansel &
Gretel, cercavano di dimostrare nei procedimenti
giudiziari che i minori erano
stati oggetto di violenze da parte dei genitori e per
farlo si era disposti anche a
utilizzare strumenti di tortura come una macchinetta
a impulsi chiamata dagli
psicologi "la macchina dei ricordi".
Violenze che però non hanno mai
avuto alcun riscontro fattuale.
I giornali stanno raccontando con
dovizia di particolari gli episodi, che mostrano
come i minori, quasi tutti
provenienti da contesti famigliari critici, fossero
sostanzialmente indotti con
metodi illegali ad ammettere casi di violenze famigliari
per poi giustificare gli affidi
famigliari a persone vicine ai dirigenti dei servizi sociali.
Un meccanismo che-se venisse
confermato l'impianto probatorio-ci rimanderebbe
ai figli sottratti dai colonnelli
argentini ai genitori torturati nel Garage Olimpo o
che, per stare più vicini,
ricorda la tragica vicenda della Bassa modenese in cui 16
bambini furono allontanati per
sempre dalle famiglie d'origine per accuse mai
dimostrate e rivelatesi false.
TOGLIERE BAMBINI A
MAMMA E PAPÀ
Leggendo le carte del giudice
però, a fronte della mole di materiale raccolto
dagli inquirenti, potrebbe
sfuggire un filo conduttore che accomuna queste
terribili storie.
E che il giudice mette nero su
bianco a pagina 253 della sua ordinanza: «Costruire
un'avversione psicologica dei
minori per la famiglia di origine».
Togliere bambini a mamma e papà
con una facilità estrema, a volte sulla base
solo di sospetti e fare di loro
ciò che un ente superiore, lo Stato, decide.
Per capire l'inchiesta di Reggio
Emilia, bisogna accettare di scendere nei
bassifondi di questo folle
pregiudizio che porta a cosificare il bambino facendolo
un oggetto di interessi
superiori.
Un pregiudizio, quello
antifamilista, che investe il ruolo dei genitori, soprattutto
maschi, da colpire con ogni mezzo
e con ogni scusa, umiliando la loro libertà
e amplificando le criticità che
ogni famiglia presenta, ma che non sempre
deve per forza essere indice di
patologia.
I punti focali di questo
pregiudizio, che proietta alla lunga l'ingombrante e
inquietante immagine di uno
Stato, qui rappresentato dai servizi sociali di un
Comune, che si prende i bambini,
li fagocita in un sistema perverso di dominio
e di controllo, è rappresentato
dai metodi della Onlus Hansel & Gretel, i cui
psicologi «gli assistenti sociali
erano convinti che fossero i migliori cui rivolgersi
per ottenere il risultato da loro
agognato dell'emersione, a tutela dei minori,
del ricordo dell'abuso della cui
sussistenza erano fermamente convinti».
Peccato però che a fronte di
questo sforzo non ci fossero abusi da far emergere.
E i servizi sociali di Bibbiano
sono così il principale problema di questa storia.
E soprattutto la dirigente del
servizio finita agli arresti domiciliari,
Federica Anghinolfi, perché-come
spiegato ieri ai cronisti dal procuratore
capo Marco Mescolini-sussistono i
requisiti di inquinamento delle prove e di
reiterazione del reato.
Il giudice stesso conferma di ritenerla
«il deus ex machina della gestione dei
presunti abusi».
Lei che si dimostra avversa al
contesto famigliare in virtù-dice il giudice-anche
delle sue «profonde convinzioni e
condizioni personali a sostenere con erinnica
perseveranza la causa dell'abuso
da dimostrarsi ad ogni costo».
Da che cosa deriva questa
testardaggine?
Ad esempio dalla sua carenza di
equilibrio nel definire le figure maschili in
famiglia dei «predatori maschi» e
perché lo stesso fondatore della Hansel & Gretel,
anch'egli finito ai domiciliari è
stato in passato il suo terapeuta.
La donna infatti-e leggendo le
carte questo emerge chiaramente-appartiene per
ragioni ideologiche ad un
contesto che punta alla demolizione della famiglia
come è appunto l'universo Lgbt.
LA STORIA DI SILVIA
È lo stesso giudice a rimarcarlo
quando dà conto di uno dei sei casi passati al
vaglio degli inquirenti.
Quello di Silvia (nome di
fantasia), una bambina di 11 anni con crisi epilettiche
data in affidamento ad una coppia
di donne omosessuali unite civilmente da un anno.
Due donne-una delle quale legata
sentimentalmente in passato alla dirigente dei
servizi sociali Anghinolfi-che
prendono una bambina su cui ci sono dei sospetti
mai dimostrati di abuso o
maltrattamenti.
Ebbene: alla fine è Silvia che
viene maltrattata dalle donne, una delle quali
presenta squilibri mentali
evidenti.
«La bambina viene fatta oggetto
di vessazioni psicologiche del tutto gratuite
e nemmeno correlate a
comportamenti indisciplinati della stessa, ma esclusivamente
condizionati dall'esigenza di
denigrare i genitori naturali ovvero dall'utilizzo
della piccola come bersaglio di
sfoghi o di rabbia dell'una o dell'altra affidataria».
Insomma: la bambina viene
allontanata dai genitori sulla base di presunti indizi
di abusi, viene data in affido a
una coppia di donne omosessuali, legate alla
dirigente dei servizi, e viene-stavolta
davvero-maltrattata dagli affidatari e fatta
oggetto di utilizzo di elettrodi
durante le seduta con la psicologa del centro
Hansel & Gretel affinché
riacquisti la memoria sugli abusi.
Abusi di cui non ci sarà mai
traccia né prova.
Viene inoltre rimarcato che le
donne affidatarie hanno in comune con la dirigente
del servizio «gli incentivi
all'affidamento di bambini a coppie omosessuali
nell'ambito del noto movimento
Lgbt».
In poche parole: le protagoniste
di questa storia sono attiviste del movimento Lgbt
che si battono per l'adozione-e
l'affido-dei bambini alle coppie omosessuali.
Un tema di stretta attualità e
che è oggetto di vibrate critiche da parte del mondo
psicologico e pedagogico.
Ebbene: a Bibbiano e senza tanti
problemi questo avveniva con il consenso del Comune.
E, come abbiamo visto, avveniva
con questi risultati.
Un elemento in più per rimarcare
che un minore non può crescere in un
contesto famigliare con due
omosessuali.
«Le due donne-scrive-attivissime
nel campo della tutela dei diritti della
comunità lesbica hanno
condizionato la minore nell'imporre di non portare
capelli sciolti ispirate
ovviamente dal proprio orientamento sessuale».
D'altra parte la Anghinolfi della
sua attività di militante Lgbt, anche in chiave
di affido famigliare, non faceva
mistero.
Internet conserva ancora diversi
suoi interventi pubblici (convegni, interviste,
manifestazioni) proprio a favore
della genitorialità gay.
Il punto è perché un Comune si
fidi a tal punto di una donna così militante da
affidarle un servizio così
centrale e delicato ed è su questo che il Pd è chiamato
a dare risposte, vista la fiducia
concessa a paladini di cause, la genitorialità gay,
che è bene tenere lontano dai
bambini.
Lo Stato onnipotente che prende i
figli fragili o impotenti per farne cosa sua.
Abbiamo visto questa ideologia
totalitaria all'opera su altri casi legati all'educazione
sessuale a scuola o alla precocità
sessuale in ambito infantile.
Ma anche con i tanti casi di
bambini disabili-vedi Alfie Evans o Charlie Gard-in
cui doveva prevalere il loro best
interest che non ha coinciso con il restare in vita.
L'inchiesta di Bibbiano apre uno
squarcio inquietante anche su un altro modo di
appropriarsi dell'infanzia.
Col timbro dei servizi sociali e
del "mitologico" welfare targato Emilia rossa.
Spiace dirlo, ma le cose di cui
parla l'articolo non sono una novità per il mondo
degli assistenti sociali.