venerdì 19 luglio 2019

La gente ha fame della Parola e dell'Amore del Signore amici.


Perciò, rimbocchiamoci le maniche.
Mi arriva un messaggio che mi turba parecchio amici, che dice: “Ciao, sono
Riccardo, (nome di fantasia), sono in un momento critico della mia vita; non
riesco ad andare d’accordo con mia moglie e, la colpa è solo mia, critico tutti
quelli che mi si avvicinano senza alcun motivo, sono sempre irrequieto e non
so cosa fare per poter essere tranquillo.
Per caso mi sono imbattuto attraverso un’amica, nel tuo profilo facebook, ho
letto un po di quello che scrivi e mi piacerebbe capire chi è Dio veramente,
puoi aiutarmi per favore?
Certo caro amico, non ci sono problemi, eccoti qui sotto qualche cosa che ti può
aiutare, ma prima di cominciare a leggere, ti chiedo una sola cosa, getta fuori
dalla mente tutti i problemi, fai un sospiro profondo e, ora comincia a leggere.
Poi se c’è qualche cosa che non ti convince, non chiudere lì la faccenda ma
scrivimi che cercherò di aiutarti, buona lettura.
Chi ha trovato il tesoro nascosto nel campo, ora crede.
Ha lasciato tutto per seguire questo folle Rabbì di Nazareth che svela il volto
di un Dio che ama i passerotti, che è più di un innamoramento, che semina
la Parola e non si spaventa della zizzania.
Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci insegna a Matteo, e a noi,
qualcosa di ancora più grande; questo splendido Dio ha bisogno di noi, vuole
che siamo noi a renderlo presente là dove la fame di felicità e di senso
diventano insostenibili.
Gesù ha sentito dell’arresto del Battista; si rende conto che la situazione si fa
tesa; parlare di pace e di conversione è diventato pericoloso, come in questi
fragili giorni in cui viviamo, giorni di follia e di terrore.
Gesù vuole farsi da parte, abbassare i toni, sparire ma, quando arriva in Galilea,
scopre che la folla lo ha preceduto.
Non manifesta stizza, né preoccupazione; mette da parte il buon senso e la
prudenza e si occupa della folla che è come un gregge senza pastore.
Abitudine inquietante, questa di Gesù, anche durante l’ultima cena, di fronte
agli apostoli litigiosi, e ancora sulla croce, Gesù si metterà da parte per donare
la sua parola e la sua vita.
La fame, dunque.
Fame di cibo, di giustizia, di senso e di pace.
Gesù conosce la fame, la nostra fame la vede, Dio non è sbadato, e chiede ai
Dodici di aiutarlo, di trovare una soluzione.
Panico, amici.
Ma Dio non ci serve proprio a risolvere i problemi?
Cos’è questa storia, che ce ne facciamo di un Dio che ci chiede di aiutarlo?
Cos’è la Chiesa? Una holding del sacro?
Un vecchio baraccone che custodisce antichi riti?
Una centrale del potere che tenta di salvarsi dal naufragio della modernità?
L’esperienza di Chiesa diversa che vive Matteo, racchiusa in quel gesto ingenuo e
potente dell’offrire la propria merenda al Signore perché con essa sfami l’umanità.
L’umanità ha fame, amico, proprio come te.
Fame che Dio sazia, non noi, che Lui vede, non noi, che commuove Dio
e–speriamo–un poco anche noi discepoli.
Il mosaico di luce che il Maestro vuole disegnare ha bisogno anche di noi,
a Dio (burlone!) piace di coinvolgere i suoi discepoli nel suo sogno di pace,
e Dio chiede, al solito.
Date loro voi stessi da mangiare.
Signore, noi crediamo in te e ti preghiamo e ti veneriamo, appunto per non
dover far nulla!
Noi vogliamo sempre credere in te, Dio di ogni Potenza, proprio perché tu
ci tolga dai guai e sbrogli le nostre matasse!
Non è forse l’idea di Dio che preferiamo?
Un Dio che vede la sofferenza e–come un sovrano illuminato–ascolta la
preghiera dei suoi servi e li esaudisce?
Gesù, invece, chiede collaborazione, vuole coinvolgere anche in questo momento.
Quando nella nostra preghiera chiediamo: “Signore ferma le guerre!”, Dio ci
risponde: “Tu per primo diventa costruttore di pace”; quando lo invochiamo
dicendo: “Aiuta quella persona malata”, Dio ci dice: “Tu diventa mia consolazione
per lei”, quando chiediamo: “Aiutami ad andare d’accordo con mia moglie”,
Lui ti dice: “Amala veramente con tutto il tuo cuore, tu te la sei scelta”.
Non siamo capaci, non abbiamo i mezzi, non abbiamo sufficiente fede, abbiamo
troppa zizzania nel cuore.
Ogni scusa è buona per aggirare la richiesta.
Gesù insiste; a Lui serve ciò che sono, anche se ciò che sono è poco.
La sproporzione è voluta; pochi pani e pesci per una folla sterminata; è una
situazione che produce disagio, sconforto, la stessa sensazione che proviamo
noi quando cerchiamo di annunciare la Parola, di porre gesti di solidarietà, di bene.
Incontro tanti amici nei pellegrinaggi, parliamo delle belle esperienze in quei
luoghi di pace e serenità del bel modo di vivere che aveva Gesù.
Poi si ritorna a casa e sentiranno e vivranno il contrario; violenza,
egoismo, opportunismo.
Dono il mio tempo al Vangelo,  e la gente pensa che io sia una specie di
funzionario di Dio.
Occorre arrendersi?
No; il nostro è gesto fecondo se accompagna l’opera di Dio, è segno profetico
che imita l’ampio gesto del seminatore, è icona di speranza che imita la
pazienza verso la zizzania del padrone del campo.
Animo, discepoli, coraggio amici!
Ci siamo saziati del cibo della Parola, del vino e del latte gratuito del Padre,
come profetizzato da Isaia, e sappiamo che nessuna difficoltà ci può
separare dall’amore di Cristo.
Siamo chiamati a donare quel poco che abbiamo, a condividere con inattesa
incoscienza tutto ciò che siamo, per somigliare almeno un poco a questo
Dio che riempie i cuori.
Un Dio adulto che ci crede e ci rende capaci di cambiare il volto della Storia.
Questa è la Chiesa, quella del cuore di Dio, non quella delle nostre elucubrazioni;
l’insieme di coloro che hanno conosciuto l’immensa tenerezza di Dio e che mettono
a disposizione ciò che sono, ciò che fanno, perché Dio sazi l’umanità stanca.
Ecco amico, questo è Dio nulla di più, ora sta a te fare la scelta giusta che
è quella dell’amore vero e gratuito, ama, e attraverso l’amore riuscirai a
cambiare la tua vita Fausto.