La settimana
scorsa, parlavamo dell’immagine di Dio nella
sconcertante
parabola del Padre prodigo.
Non è questa
immagine la questione fondamentale del
nostro cammino
di quaresima?
Non ci è stato
dato questo tempo proprio per chiederci:
“in quale Dio
credo?”.
A volte il
Vangelo è troppo forte per essere veramente accolto
e,
istintivamente, tendiamo a porre qualche tranello, per
attenuarne la
forza dirompente.
Ma, per ribadire
il concetto, la liturgia di oggi spinge il piede
sull’acceleratore
con una pagina di Giovanni il poeta.
Una donna colta
in flagrante adulterio (già, e l’uomo
che era con lei?
Mistero del
maschilismo religioso!) portata davanti a Gesù
per essere
giudicata.
Una trappola dei
farisei (i benpensanti?) ben congeniata,
per cercare di
mettere in crisi Gesù!
Oserà contestare
Mosé?
Dove andremo a
finire!
Senza regole
come può esserci religione!
E se la giudica,
se la lascia lapidare che ne è dell’immagine
del Padre che
scruta l’orizzonte aspettando il figlio?
Non c’è che
dire: trappola splendida, pronta a scattare,
a ricondurre a
normalità (la nostra) l’eccesso (di Dio).
Piovono pietre
su questa donna.
Non ha un nome,
né un volto: è una peccatrice.
Non ha dignità,
né ragioni: è una peccatrice.
Va punita, ha
trasgredito la legge.
Piovono pietre
nelle nostre parole: sempre indulgenti a
giustificare noi
stessi, impietosi nel giudicare i
comportamenti
degli altri.
E il nostro
tempo lo sa quanto le parole feriscono ed uccidono.
Giudizi,
silenzi, smorfie, tutti a dimostrare che c’è qualcosa
di strano
nell’altro, che comunque io sono, se non migliore,
almeno non
peggiore.
L’altro è
avversario perché diverso, non rientra nello schema
che mi sono
costruito.
Diverso per
razza, per storia, per sensibilità politica.
Alzo i toni,
urlo, critico, magari finisco anche sui giornali.
L’altro è
diverso: un muro divide le generazioni, i popoli, i pensieri.
Su Gesù, dì la
tua: questa donna ha sbagliato, è chiaro,
è evidente,
bisogna fare qualcosa.
E Dio tace.
Tace perché
conosce, tace scrivendo in terra (cosa? I peccati
dei presenti,
chiosa quella linguaccia di san Girolamo!),
tace sconfortato
dalla durezza del cuore dell’uomo.
In cosa ha
sbagliato Dio?
Davvero la
libertà dell’uomo può ridursi a questo?
Un Dio libero e
vero, un Dio tenero e adulto che vede
l’umanità
ridotta a chiassosa classe di adolescenti che si
accusano l’un
l’altro.
Che tristezza
nel cuore di Dio! Che tenacia!
E scrive, e
riflette. Che dire?
Come portare
questa gente (e noi) altrove?
Nel modo di
vedere di Dio, nei lidi pieni di luce di Dio?
Sì, è
peccatrice, ha sbagliato.
E allora? Chi
non sbaglia? Chi è senza colpa?
Gesù non
giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo,
ad andare oltre,
a guardare col cuore la fragilità dell’altro
riscoprirvi–riflessa–la
propria.
No, Dio non
giudica.
Ci giudicano la vita,
la società, il datore di lavoro, noi stessi.
Tutti ci
giudicano, Dio no. Dio ama, e basta.
E questa donna
viene liberata.
Salvata dalla
lapidazione viene ora salvata dalla sua
fragilità. “Non
peccare più” ammonisce Gesù.
Anche lei viene
invitata a guardare oltre ciò che pensava
essere la
soluzione ai suoi problemi.
Credo che questo
Vangelo sia il Vangelo della verità di Dio,
della freschezza
della chiesa.
Chiesa, fatta da
perdonati, non da giusti.
Chiesa fatta di
gente che sa perdonare perché perdonata,
che giudica con
amore, senza ferire, guardando avanti,
che indica una
strada, non un tribunale.
Quando vivremo
di questo perdono che ci riempie il cuore
saremo
trasparenza di Dio per l’uomo contemporaneo
che cerca, nel
suo profondo, amore e luce in una società
che ama solo i
bravi e i giusti e dimentica la verità della
nostra
fragilità.
E’ un fiume in
piena l’incontro con Dio, che fa guardare
avanti, come
profetizza il profeta Isaia.
Senza guardare
indietro, i deportati di Babilonia sono
invitati a
guardare avanti.
Profezia per la
Chiesa ripiegata su sé stessa, intenta a
difendere
privilegi e posizioni, a lasciarsi scuotere dallo Spirito.
Profezia per
l’uomo che cerca e che è ferito dalla vita, per
una vita
diversa, come la povera donna adultera.
Tutto il resto,
provoca Paolo, è spazzatura, perdita,
di fronte alla
conoscenza di Cristo.
E se avesse
ragione?
Non per niente,
Papa Francesco ha voluto indire il Giubileo
della
Misericordia, ma perché possiamo capire che per vivere
la gioia del
Signore, bisogna perdonare.