sabato 11 aprile 2015

LETTERA A TOMMASO

Per la sua festa ho voluto scrivere una
lettera a Tommaso, perché anche lui
come me, non crede se non ci mette
il naso, siamo proprio una bella coppia.
CARO TOMMASO.
Fa strano scriverti una lettera, ma ho deciso,
dopo tanti anni, di schierarmi formalmente e
solennemente dalla tua parte.
Mi spiego meglio.
Ogni anno, dopo la gioia della festa di Pasqua,
puntualmente ti ritroviamo col Vangelo che ti
riguarda.
Giovanni ci dice che il fatto, o meglio il fattaccio,
è accaduto otto giorni dopo l’apparizione di Gesù
a porte chiuse nel Cenacolo, la sera di Pasqua.
Ora; sono stufo di vederti descritto come un incredulo.
Su di te abbiamo addirittura composto un proverbio:
“Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso” e,
così sei arrivato fino a noi con la falsa nomina di incredulo.
È il nostro consueto modo di leggere il Vangelo, col cervello
in stand-by, ascoltando come se fosse una pia ed edificante
favoletta, senza la voglia di approfondire ciò che dovrebbe
nutrire la nostra vita e la nostra fede.
Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni,
si capisce subito che tu al Rabbì ci avevi creduto, fin
troppo, più degli altri.
D’altronde, le uniche due volte in cui si parla di te nel
Vangelo, hai dimostrato fegato ed entusiasmo.
La prima volta Gesù decise di salire a Gerusalemme,
ignorando la pessima aria che tirava.
Il rischio era reale; Gesù era malvisto dal Sinedrio che
già complottava per farlo arrestare; malgrado questo,
il Maestro decise di rischiare.
Tu, Tommaso, dicesti: “Andiamo a morire con Lui!”.
Poco dopo, quando Gesù parlò del suo destino, e chiese
di essere seguito, tu gli chiedesti: “Signore, non sappiamo
dove vai e come possiamo conoscere la via?”, alchè, Gesù
ti rispose: “Io sono la via, la verità e la vita”.
Poi, quelle maledette quarantotto ore.
Tutti voi, Tommaso, eravate impreparati,
increduli o distratti.
La croce vi era piombata addosso come un treno in corsa,
vi aveva spezzato l’anima, aveva travolto tutto.
Non foste capaci di fare il benché minimo gesto, nessuna
reazione, solo la paura e il dolore, la disperazione senza fine.
Incredulo tu? Andiamo!
Piuttosto credulone, con l’entusiasmo che ti
contraddistingueva tra i Dodici.
Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te;
ti ho visto nel volto di molti fratelli scoraggiati e delusi,
dopo aver dato l’anima per un sogno, per un progetto.
E ho capito che più voli in alto e più-cadendo-ti fai del male.
La croce, per te inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro
e la tua vita, messo fine al tuo sogno.
E ti vedo-sbalordito, a bocca aperta con gli occhi
sbarrati-che ascolti i tuoi compagni.
Le tue ferite sanguinano copiosamente e questi-gioiosi
-ti raccontano di averlo visto vivo, risorto.
Non sai credere a quello che dicono, e soprattutto,
di chi te lo dice.
Giovanni, che c’era, ha scritto solo la prima parte
di ciò che hai detto, la frase durissima del: “Non crederò”
è stato delicato Giovanni; e non ha riportato le tue altri
frasi, dette con la voce rotta dalla rabbia e dalla
voglia di piangere.
Ma io immagino quello che hai detto, perché da uno
come te pieno di amore non potevano che
essere: “Tu Pietro? Tu Andrea?....e tu Giacomo?
Voi mi dite che Lui è vivo?
Siamo scappati tutti, come conigli; siamo stati deboli,
non abbiamo creduto!
Eppure, Lui ce l’aveva detto, ci aveva avvisati.
Lo sapevamo che poteva finire così, e non gli siamo
stati vicini, non ne siamo stati capaci.
Ora, proprio voi, venite a dirmi di averlo visto, vivo?
No, non è possibile…come faccio a credervi?”.
Sai, Tommaso; hai ragione!
Incontro spesso persone come te, ferite dalla pessima
testimonianza di noi discepoli, scandalizzati dal
baratro che mettiamo tra la nostra fede e la nostra vita,
increduli a causa della nostra piccolezza.
Noi, discepoli del Maestro, che invece di essere
trasparenza del Risorto, ci nascondiamo dietro ad
un dito, dalla paura di farci riconoscere, piuttosto che
radiosi nella luce che ci ha avvolti e cambiati.
Quanti ne conosco come te, Tommaso!
Brava gente, ma turbati dal nostro poco entusiasmo.
Ma-e questo è stupefacente-Giovanni ci dice che otto
giorni dopo eri ancora con loro.
Non li hai mollati come a volte vedo fare,
non ti sei sentito superiore o migliore.
Hai voluto condividere la tua amarezza con loro,
non hai pensato di fare marcia indietro vedendo che
ormai tutto era compromesso e magari preso anche
in giro dai tuoi amici.
E hai fatto benissimo; apposta per te è venuto il
Maestro; vedi come ti ama?
Lo vedi, ora; è lì, apposta per te.
Ti mostra le sue piaghe, il costato.
Poi sorride e ti parla.
Lo so bene, Tommaso, e scusa se facciamo dei
commenti discutibili; quella frase bellissima non
è un rimprovero, Gesù non ti sta rinfacciando
la tua incredulità, macchè.
Le sue parole sono un immenso gesto d’amore.
Mostrando il palmo delle mani trafitte, ti sussurra:
“Tommaso, so che hai sofferto tanto.
Guarda; anch’io ho sofferto…!”!
E ti sei arreso, finalmente.
Hai lasciato che la diga del pianto rompesse gli
argini, ti sei lasciato travolgere dall’amore e dalla
fede, ti sei buttato in ginocchio e tu, primo tra
i Dodici, hai osato dire ciò che nessuno, prima
aveva osato neppure pensare: “Gesù è Dio!”.
Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene
e ti ringrazio per la tua fede sincera.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro
comune amico Giovanni ti abbia soprannominato
“Didimo”, cioè gemello; davvero mi assomigli.
Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli
che-come te-non si sono ancora arresi al Signore,
tutti quelli insomma, bastonati come te.
E anche gli scandalizzati da noi cristiani; che
guardino a Cristo, piuttosto che ai suoi
fragili discepoli.
Hai abbandonato il tuo dolore, restando con la
comunità, senza scandalizzarti dei tuoi limiti e
di quelli dei tuoi fratelli di ventura.
Hai superato il dolore quando, lo hai saputo
condiviso dal Maestro, quando lo hai sentito
dietro alle spalle del tuo Dio.
Ciao, uomo dalla grande fede sincera.
Tommaso ha scoperto che la gioia cristiana è
riconoscere nel dolore assunto da Dio un gesto
d’amore e di condivisione.
Fidandosi della comunità, Tommaso incontrerà
il suo Dio e  Signore.

Santa Domenica; Fausto.