Oggi celebriamo la festa
dell’Assunzione in cielo di Maria.
C’è un sottile disagio a parlare
di Maria, non è per niente facile.
La ragione principale è la sua
naturale timidezza di ragazza di paese,
quindicenne, abituata a lavorare
in silenzio, lontano dai palchi delle veline.
La seconda ragione del disagio è
un’eccessiva devozione nei confronti di
Maria, fatta in buona fede, ma pericolosa.
Il rischio?
Di sottolineare le così tante
straordinarietà della Madre di Gesù da finire
con l’allontanarla anni luce
dalla (povera) concretezza della nostra vita.
Il più grande torto che possiamo
fare a Maria è metterla in una nicchia
e incoronarla con una corona
d’oro!
Dio ci dona una discepola
esemplare, una donna (grande Dio, in un mondo
di maschilisti pone una donna a
modello!) che, per prima, ha scoperto il volto
del Dio incarnato, e noi subito a
metterla sul piedistallo, santa stratosferica
da invocare nei momenti di
sofferenza.
Per favore, no!
Maria ci è donata come sorella
nella fede, come discepola del Signore,
come madre dei discepoli.
Il cuore del suo cammino è
narrato da Luca, in quella corsa frenetica,
tumultuosa, che Maria compie all’indomani
dell’annuncio dell’angelo.
Non le aveva forse detto l’angelo
della gravidanza della sua vecchia cugina?
Maria parte volentieri da
Nazareth, ha bisogno di riflettere, di capire.
Ha paura di essersi sbagliata, di
avere avuto un colpo di sole.
Possibile? Il Messia verrà?
Possibile?
Lei è stata scelta come Madre?
Maria va a sud, due giorni di
viaggio, pensieri che affollano la mente.
Forse è in compagnia di Giuseppe,
non era opportuno che le donne
viaggiassero da sole.
E l’incontro tra la matura Elisabetta
e l’adolescente Maria è un’apoteosi,
un fuoco d’artificio.
Solo loro sanno, solo loro
capiscono, i servi e i familiari guardano stupiti
queste due donne che ridono e si
abbracciano e piangono di gioia.
Elisabetta solleva in un
abbraccio la piccola Maria, forse qualche parola di
circostanza: “Come sei cresciuta!
Che bella che sei!”; poi la posa,
la guarda scuotendo la testa: “Come hai
fatto a credere, Maria?”
Sì, Maria, anche noi lo
ripetiamo, scuotendo la testa; come hai potuto credere
che davvero Dio diventasse
sguardo, sudore e calore nel tuo ventre?
Come hai fatto a credere che-sul
serio-Dio avesse bisogno di te,
e di noi, per salvare l’umanità?
Come hai fatto a credere che il
tuo acerbo ventre contenesse l’Assoluto?
Beata te che hai creduto, Maria!
Beati noi, fragili discepoli, che
sentiamo l’orgoglio riempirci di lacrime gli occhi
e la nostalgia della santità
mozzarci il fiato.
Tu sei figlia della nostra
umanità, Tu sei il riscatto delle nostre tiepidezze.
E Maria canta e danza assieme
alla cugina Elisabetta.
Allora è tutto vero, ciò che ha
visto era davvero il messaggero di Dio, allora
tutte le stanche e impolverate
profezie, ascoltate il Sabato in sinagoga,
si stavano realizzando.
Dio non si è stancato del suo
popolo, Dio non l’ha abbandonato,
non ci ha abbandonato, Dio è
presente.
La danza finisce in un canto, lo
stupore della logica di Dio che prende
una quindicenne senza studio,
figlia povera di una terra occupata, in un
tempo senza internet e network,
per salvare l’umanità.
Ecco, questa è festa
dell’Assunta, la storia di una discepola che ha creduto
davvero nella parola del suo Dio,
che insegna a noi, tiepidi credenti,
l’ardire di Dio, la follia
dell’Assoluto.
Questa donna, noi crediamo, dopo
la lunga esperienza di una fede abitata
dal Mistero, è andata, prima tra
i credenti, al Dio che l’aveva chiamata.
Non poteva conoscere la
corruzione della morte colei che aveva dato
alla luce l’autore della vita.
Siamo in buona compagnia, allora!
Lasciamoci fare, allora; grandi
cose ha fatto Dio in Maria;
grandi cose può fare in noi, se
lo lasciamo fare.
Santa Festa dell’Assunta a tutti
Fausto.