RIFLESSIONI SULL'ATTENTATO E
SULL'ATTENTATORE
DI NIZZA CHE HA FATTO STRAGE DI
INFEDELI
(SECONDO IL CORANO).
La guerra di religione continua, ma noi
non abbiamo ancora
capito che una fortezza assediata si
difende soltanto
sollevando il ponte levatoio, non abbassandolo.
Si sta discutendo sulla strana tipologia
dell'attentatore.
Alcuni affermano che si tratta di un
terrorista sui generis per
il fatto che non si tratterebbe di un
islamico vero e proprio
e che non avrebbe mai praticato
convintamente l'Islam.
C'è chi dice che fosse dedito all'alcool,
che non frequentasse
mai la moschea, ecc...
Può darsi, nel senso che al momento mi
sembra non si possa
ancora esser sicuri di nulla.
Ciò che però sfugge è che una simile
disamina è relativa.
Potrebbe essere importante se ci si
riferisse ad altri contesti
religiosi, ma per quanto riguarda l'Islam
è relativa.
E vediamo perché.
L'Islam non si configura come una
religione incentrata sul
concetto di vita interiore.
Il che vuol dire che l'Islam, pur
permettendo un ascesi, non
ritiene questa come decisiva.
Paradossalmente la pratica religiosa, pur
esprimendosi all'interno
di un patrimonio formale e rituale, fa
appello anche ad una crescita
interiore, se non altro a livello di
coerenza tra convinzioni
religiose e stile di vita.
L'Islam ritiene sì fondamentale la
pratica religiosa, ma non
come pratica determinante.
Ciò che conta è fare una scelta, una
scelta per Allah e per il
suo maggiore profeta che è Maometto.
Di per sé questo basta.
In un certo senso non c'è religione più
semplice (e anche semplicistica)
dell'Islam, almeno nella sua versione
sunnita.
Ora, fa specie che l'attentatore di Nizza
fosse un violento con
i suoi parenti, un ubriacone, si stava
separando, ecc...
Ciò è del tutto irrilevante ai fini
dell'atto definitivo, in questo
caso dell'atto del cosiddetto
"martirio": immolarsi per la Jihad
uccidendo se stesso per uccidere quanti
più "crociati" possibile.
Anzi, proprio perché finora si è vissuti
in un certo modo,
cioè in maniera difforme alla legge
islamica, una scelta definitiva
per Allah e la Jihad può cancellare tutto
e far sì che si diventi
addirittura più "santi" di
coloro che invece, pur professando
coerentemente la fede, non riescono a
decidersi per atti del genere.
Queste considerazioni ci fanno capire
quanto fuorvianti siano
due approcci: quello di valutare questi
atti sganciandoli dal
contesto religioso e quindi dalla
conoscenza dell'Islam, e quello
di (approccio ancora più ingenuo)
considerare l'Islam come
una religione tutto sommato simile al
Cristianesimo.
Questo, per quanto riguarda
l'attentatore.
Ma per quanto riguarda l'attentato c'è da
dire dell'altro.
Solitamente si dice: "nessun Dio può
volere e comandare
simili gesti".
Espressione che è vera e falsa nello
stesso tempo.
Vera, se ci riferiamo all'unico Vero Dio;
falsa se ci riferiamo
alla credenza in un Dio che Vero non è.
Il Cristianesimo e l'Islam sul rapporto
Dio-Bontà non
dicono affatto la stessa cosa.
Mentre il Cristianesimo afferma che
"Dio è buono", l'Islam
dice che "Dio decide di essere
buono"... e la differenza non
è di poco conto.
Dire che "Dio è buono"
significa affermare che Dio e Bene
s'identificano e che il Bene è nella
natura di Dio e quindi che
Dio stesso non può essere anche Male, ma
che quest'ultimo
è una conseguenza dell'esercizio
sbagliato della libertà da
parte della creatura intelligente.
Dire, invece, che "Dio decide di
essere buono", vuol dire che
la Bontà non è un attributo costitutivo
della natura di Dio,
bensì che Dio precede la Bontà stessa;
pertanto se Dio avesse
deciso il contrario, cioè che il Bene
fosse stato Male e il Male
fosse stato Bene, ciò che adesso
riteniamo Bene sarebbe stato
Male e ciò che adesso riteniamo Male
sarebbe stato Bene.
Da qui la grande questione del rapporto
tra Islam e violenza.
Una questione che attiene non solo al
Corano e alcuni suoi
passaggi (problema già di per sé
fondamentale e che non può
essere trascurato), ma anche al modo di
concepire Dio.
Che è poi il modo che costituisce il
fondamento di qualsivoglia religione.
Ha ragione Papa Francesco quando, da
oltre un anno, afferma
che è già in corso la "terza guerra
mondiale", combattuta "a pezzetti",
ma bisogna aggiungere, che si tratta di
una guerra di religione,
perché religiosi sono i moventi di chi
l'ha dichiarata, e rituali sono
perfino gli omicidi che in suo nome
vengono perpetrati.
Francesco ha definito il massacro di
Nizza un atto di "violenza cieca",
ma la furia omicida che ha spinto il
conducente del Tir a seminare
la morte sul Lungomare di Nizza, non è un
atto irrazionale di follia:
nasce da una religione che incita
all'odio e istiga alla violenza.
Gli stessi moventi religiosi hanno
provocato i massacri del
Bataclan di Parigi, degli aeroporti di
Bruxelles e di Istanbul
e del ristorante di Dacca.
Tutti questi gesti, per quanto barbari,
non sono "ciechi",
ma fanno parte di un piano lucidamente
esposto dall'Isis
nei suoi documenti.
Il portavoce dell'Isis Abu al-Adnani, con
un audio diffuso
a fine maggio su Twitter ha invitato ad
uccidere in Europa
in nome di Allah con queste parole:
"Spaccagli la testa con
una pietra, macellalo con un coltello,
investilo con l'auto,
gettalo da un luogo elevato, soffocalo o
avvelenalo".
Non diversamente si esprime il Corano nei
confronti
degli infedeli.
Continuare a ignorarlo è segno, questo
sì, di cieca follia.
Ci si illude che la guerra in corso non
sia quella dichiarata
dall'Islam all'Occidente, ma una guerra
che si combatte
all'interno del mondo musulmano e che
l'unico modo per
salvarsi sia di aiutare l'Islam moderato
a sconfiggere l'Islam
fondamentalista.
Ma l'Islam moderato è una contraddizione
perché nella
misura in cui i musulmani si
secolarizzano e si integrano
nella società occidentale, cessano di
essere musulmani,
o diventano dei musulmani non osservanti,
dei cattivi musulmani.
Un vero musulmano può rinunciare, per
motivi di opportunità,
alla violenza, ma la considera sempre
legittima nei confronti
dell'infedele, perché così insegna
Maometto.
La guerra in corso è una guerra contro
l'Occidente, ma è anche
una guerra contro il Cristianesimo,
perché l'Islam vuole sostituire
la religione di Maometto a quella di
Cristo.
Per questo l'obiettivo finale della
conquista non è Parigi
o New York, ma la città di Roma, centro
dell'unica religione che,
fin dalla sua nascita, l'Islam vuole
annientare.
La guerra a Roma risale alla nascita
stessa dell'Islam, nell'VIII secolo.
Hanno come obiettivo Roma gli arabi che nell'830
e nel 846
occupano, saccheggiano e poi sono
costretti ad abbandonare,
la Città Eterna.
Hanno di mira Roma i musulmani che
decapitano gli 800 cristiani
di Otranto nel 1480 e quelli che sgozzano
i nostri connazionali
a Dacca nel 2016.
Si tratta di una guerra religiosa che l'Isis
ha dichiarato contro
l'irreligione dell'Occidente, e contro la
sua religione, che è
il Cristianesimo.
Ma nella misura in cui il Cristianesimo
si secolarizza spiana
la strada al suo avversario, che può
essere vinto solo da una
società dall'identità religiosa e
culturale forte.
Come osserva lo storico inglese
Christopher Dawson, è l'impulso
religioso che fornisce la forza di
coesione a una società e a una cultura.
"Le grandi civiltà non esprimono dal
loro seno le grandi religioni
come una specie di sottoprodotto
culturale; le grandi religioni sono
la base su cui poggiano le grandi
civiltà.
Una società che ha perduto la sua
religione è destinata presto
o tardi a perdere la sua cultura."
Questa guerra religiosa è ormai una
guerra civile europea,
perché si combatte all'interno delle
nazioni e delle città di un
continente invaso da milioni di migranti.
Si sente ripetere che di fronte
all'invasione dobbiamo costruire
ponti anziché erigere muri, ma una
fortezza assediata si difende
soltanto sollevando il ponte levatoio e
non abbassandolo.
Qualcuno comincia a capirlo.
Il governo francese ha previsto
l'esplosione di una guerra civile
destinata a svolgersi soprattutto
all'interno dei grandi centri
urbani, dove la multiculturalità ha
imposto l'impossibile convivenza
di gruppi etnici e religiosi diversi.
Il 1 giugno 2016 un comunicato dello
Stato maggiore ha
ufficialmente ha annunciato la creazione
di una forza convenzionale
dell'esercito: «il Comando di Terra per
il territorio nazionale" (COM TN)»,
destinata a combattere la jihad sul
territorio francese.
Il nuovo modello strategico, battezzato
"Au contact", comprende
due divisioni, sotto un comando unico,
per un totale di circa 77.000
uomini destinati a fronteggiare la
minaccia di una insurrezione islamica.
Contro questa minaccia occorrono le armi
materiali, che si usano
in ogni conflitto per annientare il
nemico, ma servono soprattutto
le armi culturali e morali, che
consistono nella consapevolezza di
essere gli eredi di una grande Civiltà
che proprio combattendo contro
l'Islam ha definito nel corso dei secoli
la sua identità.
Chiediamo rispettosamente e urgentemente
a Papa Francesco,
Vicario di Cristo, di essere la voce
della nostra storia e della nostra
tradizione cristiana, di fronte al
pericolo che ci minaccia.