mercoledì 3 aprile 2019

Attenzione amici, la nostra patria è in liquidazione.


L'ITALIA NON E' PIU' ITALIANA
Il nuovo libro di Mario Giordano spiega come i nuovi predoni stanno
rubando il nostro Paese. di Mario Giordano
L'Italia è stata venduta. Pezzo a pezzo.
E, se non cambierà qualcosa in fretta, se non metteremo un freno,
tra poco il nostro amato Paese non ci sarà più.
Non a caso, mentre stavo scrivendo questo libro, nel pieno del dibattito
sulla manovra economica (un classico d'autunno, come le castagne e il
beaujolais) è spuntata fuori la ricetta per l'Italia della Bundesbank, la banca
centrale tedesca: «Voi doffere fare subito nuova tassa, voi doffere fare
patrimoniale del 20 per cento su tutti ffostri risparmi».
Bella idea, no?
Se venisse mai applicata, la nostra economia crollerebbe e l'opera di
spoliazione sarebbe definitivamente conclusa.
Si porterebbero via tutto ciò che resta.
È quello che vorrebbero a Parigi e Berlino.
Altro che Unione europea. (...)
BYE BYE ITALIAN LIFE
Una volta, se trovavi una cimice nel piatto, denunciavi il ristorante.
Adesso, invece, il ristorante vince un premio.
Una menzione d'onore.
Una citazione da Guida Michelin.
Perché la cimice nel piatto è alla moda. Chic. Trendy.
E pure ecologicamente corretta.
Rassegnatevi: dal 1° gennaio 2018, in materia di cibo, abbiamo compiuto
un altro fondamentale passo in avanti.
Infatti, grazie a una direttiva Ue (e te pareva) si possono portare sulla tavola
degli italiani gli insetti.
Basta con spaghetti e pizza, addio carbonara e quattro stagioni.
Arrivano locuste al vapore, grilli al curry, tarantole fritte, zuppa di zanzare,
cavallette al cioccolato, vermi giganti, camole, millepiedi e naturalmente un
po' di cimici in salsa di soia.
E avanti, tutti a ingurgitare certa roba che, a vederla, si direbbe destinata
a uscire dal corpo.
Mica a entrarci. Ma che ci volete fare?
Questo è l'ultimo passo del famolo strano, anzi famolo straniero, a tavola.
C'è chi scommette che tra qualche decennio sarà normale abboffarsi di
locuste e vermicelli, come lo è già per molte culture asiatiche.
Dicono che diventerà il cibo del futuro, e che questo sarebbe un bene per tutti.
Storcete il naso?
Probabilmente lo avreste fatto anche quarant'anni fa, quando aprivano i primi
sushi giapponesi o i primi ristoranti cinesi con annesso involtino primavera.
Adesso, invece, la cucina etnica dilaga: nel 2018, secondo una ricerca
Nielsen Trade, 14 milioni di italiani hanno tradito le tagliatelle di nonna Pina
per un piatto esotico.
Sono il doppio rispetto a cinque anni fa. Il doppio.
Quasi un italiano su due (il 42 per cento, per l'esattezza) quando esce alla sera,
sempre secondo la ricerca Nielsen, sceglie un ristorante non italiano.
Più di uno su due (il 52 per cento) lo consuma abitualmente fra le mura domestiche.
Proprio così: stiamo dimenticando come si cucinano i tajarin, però non
perdiamo l'occasione per rimpinzarci di nachos e tacos.
Come stupirsi se, tra un po', ci aggiungeremo il contorno di zanzare fritte? (...)
ITALIA SAUDITA
Avete presente il Bosco Verticale di Milano, progettato dall'architetto Stefano Boeri,
quello che ha vinto premi su premi come miglior grattacielo del mondo?
È di proprietà del Qatar.
E la Torre Solaria, che sta lì accanto, con i suoi 143 metri di altezza, il palazzo
residenziale più alto d'Italia?
Pure quella è del Qatar.
E gli altri 23 edifici di Porta Nuova, il cuore della nuova Milano, una delle zone
più chic e moderne della metropoli? Tutti del Qatar.
E il Westin Excelsior di via Veneto a Roma, l'hotel simbolo della Dolce Vita,
quello amato dai Kennedy e dai principi di Monaco, da Paul Newman ed
Elizabeth Taylor, da Frank Sinatra e Liza Minnelli? È del Qatar.
E il Palazzo della Gherardesca di Firenze, capolavoro dell'architettura
rinascimentale toscana? È del Qatar.
E lo storico Grand Hotel Baglioni, sempre a Firenze? È del Qatar.
E Palazzo Gritti, meraviglia del Trecento affacciata sul Canal Grande,
che oggi ospita uno dei più rinomati hotel di Venezia?
Rassegnatevi: pure quello non è più nostro. È del Qatar.
Siamo partiti dalla Sardegna, ma la Sardegna, purtroppo, non è l'eccezione.
È solo la parte più visibile dell'Italia venduta agli emiri di Doha.
I soldi qatarini, infatti, si stanno comprando l'intera Penisola.
Pezzo a pezzo.
Le bellezze di ieri e quelle di oggi.
Le compagnie aeree. Le banche. Le aziende.
Tutto sta finendo nelle mani di questo Paese, che è grande all'incirca come la
Basilicata, ma ha tanto gas naturale e tanto denaro da sommergere l'intero pianeta.
Per ricchezza pro capite è il primo al mondo.
Ha a disposizione fondi praticamente illimitati.
E un amore particolare per il Vecchio Stivale dove negli ultimi anni ha fatto
uno shopping furioso, buttandosi su ogni pezzo in vendita come le massaie si
buttano sulla verdura quando c'è il tre per due al Carrefour.
Ci manca solo che compri direttamente Palazzo Chigi, Montecitorio e il Quirinale
(tanto vengono via per poco) e poi potremmo finalmente cambiare la Costituzione:
l'Italia è una Repubblica (non più) democratica fondata sul Qatar. (...)
SIAMO NEL PALLONE
Il 23 aprile 2016 è una data fondamentale per il calcio italiano.
Si è giocata Inter-Udinese.
No, non state a sforzarvi con la memoria: non è stata una partita epica, non sono
stati assegnati trofei importanti, nessun campione ha rivelato il suo talento.
È stata una normalissima partita, finita 3 a 1 per i nerazzurri.
Niente di che.
Epperò è stata la prima partita della storia del nostro (nostro: si fa per dire)
campionato di Serie A in cui sono scesi in campo, fin dall'inizio, 22 calciatori
tutti stranieri.
Tutti, proprio tutti.
C'erano uno sloveno, un giapponese, sei brasiliani, due colombiani, un croato,
tre francesi, un argentino, un montenegrino, un greco, un franco-maliano,
uno svizzero, un ghanese, un serbo e un portoghese. Nemmeno un italiano.
Nemmeno per sbaglio.
Ma se gli italiani non giocano nei loro club, come possono poi giocare in Nazionale?,
si sono chiesti molti.
Sarà un caso, ma meno di un anno e mezzo dopo quel match, l'Italia ha subito la
clamorosa onta dell'eliminazione dai Mondiali.
Sconfitta dalla Svezia. A casa dalla Russia.
Pensiamo gente, pensiamo.
Però, non pensiamoci troppo, perché, magari ci troveremo a dover traslocare
in Africa, si fa per dire.