Dal Vangelo secondo Giovanni
(10,27-30) anno C.
In quel tempo, Gesù disse: «Le
mie pecore ascoltano la
mia voce e io le conosco ed
esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e
non andranno perdute in eterno
e nessuno le strapperà dalla
mia mano.
Il Padre mio, che me le ha
date, è più grande di tutti e
nessuno può strapparle dalla
mano del Padre.
Io e il Padre siamo una cosa
sola».
Parola del Signore.
Lo so, lo so, non è facile convertirsi alla gioia.
D’altronde, scusate, se hanno tribolato gli apostoli
possiamo
tribolare anche noi, o no?
Convertirsi alla gioia, smettere di cercare un crocefisso,
uno che è morto in mezzo ai vivi, uscire dal dolore, non
restare
parcheggiati al venerdì santo come molti (troppi) ancora
fanno.
La gioia cristiana è una tristezza superata, e non c’è che
un
modo per superare il dolore: non amarlo.
Tommaso resta sconvolto dal vedere il “suo” Gesù che
è oltre, altrove, Pietro e gli altri riprendono il largo e
pescano,
malgrado la tristezza che oscura il loro fragile cuore.
E, oggi, un’altra ragione per gioire, il motivo per continuare
E, oggi, un’altra ragione per gioire, il motivo per continuare
nel (lungo) cammino della conversione alla gioia, ce la
suggerisce Gesù, con passione e trasporto: nessuno ci rapirà
dalla mano del Padre, siamo nel palmo della mano di Dio;
Isaia dice che Dio scrive il nostro nome (Per Israele il
nome
è sinonimo dell’interezza della persona) sul palmo della
mano,
come fanno i ragazzi delle medie per annotarsi il telefono
di una ragazzina carina…
Siamo nel palmo della mano di Dio, amici.
Siamo nel palmo della mano di Dio, amici.
No, non è rancido spiritualismo, ma sconcertante verità,
promessa realizzata, ascoltiamo la Parola che il Maestro ci
dice.
Sia chiaro, amici, al discepolo non è risparmiata la
sofferenza,
la vita non è semplificata, né accorciata.
La vita è semplicemente illuminata, trasfigurata, diversa.
Altro è sbattersi tutta la vita chiedendosi qual’è la
misteriosa
ragione del nostro passaggio in questa valle di lacrime.
Altro scoprire che siamo inseriti nell’immenso progetto
d’amore che Dio ha sull’umanità.
E di cui possiamo far parte.
Qual è il nostro destino, amici?
Qual è il nostro destino, amici?
Abbiamo scoperto qual è il tesoro nascosto nel nostro campo?
Abbiamo capito per quale ragione siamo stati tratti
all’esistenza?
Spero di sì, e che questo sogno sia lo stesso che Dio ha su
di noi.
Allora potremmo essere davvero in cammino, in strada.
Allora potremmo essere davvero in cammino, in strada.
Non importa se diventeremo un premio Nobel o il sommo
manager o chissà che.
Scoprendoci nel cuore di Dio, nel suo pensiero, nella sua
mano,
smetteremo di restare ripiegati sulle nostre piccole paure,
finiremo con il dimenticare le nostre fragili frustrazioni
per amare, infine.
Scoprire qual’è il progetto che Dio ha su di noi significa
Scoprire qual’è il progetto che Dio ha su di noi significa
scoprire la propria vocazione, la propria chiamata
all’amore.
In questa domenica nella Chiesa si prega, in particolare,
per quella esaltante e destabilizzante vocazione che è
l’annuncio
del Vangelo, di quei fratelli, che dedicano la loro vita a
costruire comunità.
Poveri preti, categoria in via di estinzione!
Poveri preti, categoria in via di estinzione!
E' così difficile parlare del “prete” (sarà che il prete non