Il Vangelo di Domenica
30 Luglio 2017.
Della 17° Domenica del
Tempo Ordinario.
1° Lettura dal primo
libro dei Re (3,5.7-12)
2° Lettura dalla
lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,28-30)
Dal Vangelo secondo
Matteo (13,44-52) anno A.
In quel tempo Gesù
disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un
tesoro nascosto nel
campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di
gioia, vende tutti i
suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è
simile anche a un mercante che va in cerca di perle
preziose; trovata una
perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi
e la compra.
Ancora, il regno dei
cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie
ogni genere di pesci.
Quando è piena, i
pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono
i pesci buoni nei
canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine
del mondo.
Verranno gli angeli e
separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella
fornace ardente, dove
sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte
queste cose?».
Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro:
«Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei
cieli, è simile a un
padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove
e cose antiche».
Parola del Signore.
Matteo aveva tutto: soldi,
successo, potere; era temuto, rispettato,
un "business-man" come
i tanti che si vedono anche oggi nelle nostre città.
Un giorno, però, quello sguardo
dell'ospite di Pietro il pescatore, quel tale
Gesù della vicina Nazareth, lì a
Cafarnao, sul lago, lo aveva sconvolto.
Era poi così certo di avere
tutto?
Il tesoro vero, il senso della
vita, lo aveva davvero scoperto?
Matteo fa l'errore di lasciare la
sua parte migliore emergere, per una frazione
di secondo intuisce che la sua
vita è piena di vuoto, che tutto ciò che ha è
fumo, apparenza, un inutile peso.
Quello sguardo lo perfora, lo
trapana, lo svela a se stesso, lascia tutto
e segue il Maestro.
Da Gesù, Matteo impara ad amare,
a conoscere Dio, a conoscere se stesso.
Da Gesù, Matteo impara ad essere
vero, a diventare libero, e racconta, parla
come un fiume in piena, del
Regno, di Dio, di lui, il Maestro.
Ora Matteo ci dice, dopo tanti
anni (forse una trentina da quell'incontro) che
ne è valsa la pena, che lo rifarebbe
e che, anzi, ciascuno di noi può farlo.
Matteo dice di aver fatto il
miglior affare della sua vita lasciando tutto e
seguendo il Nazareno, ci dice che
è come avere scoperto un tesoro nel campo.
Sì, amici, la mia vita, la nostra
vita è una gigantesca caccia al tesoro.
Ci vuole grinta, forza, lucidità
per gareggiare; bisogna tapparsi le orecchie di
fronte ai troppi che ammiccano
vendendoci a peso d'oro le istruzioni per
trovare il tesoro, tenere duro
davanti ai troppi che ci dicono che il tesoro non c'è,
che la vita è un'immensa e
macchinosa fregatura.
Matteo dice che lui, il tesoro,
l'ha trovato.
Non come la fiammata
dell'innamoramento che scompare con il desiderio, ma
come la lenta consapevolezza
della verità, del fiume che scorre sotto il terreno,
dell'evidenza del cuore.
Il piano di Dio è esposto, il
volto che Gesù è venuto a descriverci, ormai chiaro,
la proposta del regno annunciata.
Ora tocca a noi, tocca a me
decidere.
Starò ancora ad aspettare?
Dopo avere veduto, dopo avere
lasciato il seme della Parola perforare l'asfalto
del mio cuore ancora tentennerò?
Dopo avere saputo che il padrone
del campo permette che la zizzania e il grano
crescano insieme, perché mi ama,
aspetterò ancora che il regno si manifesti
nella mia vita?
Il Signore
"pescandoci", sa che dentro di noi ci sono pesci commestibili
e pesci velenosi, parti di luce e
fitte tenebre.
E le ama, entrambe.
Le ama perché ama noi, le ama
perché ci vuole salvi, le ama perché è un Dio
di tenerezza e compassione.
Paolo, nella seconda lettura, ha
finalmente capito il disegno di Dio, il suo piano,
e ne resta affascinato.
Il nostro, ci dice, è un Dio che
ci vuole salvi, è un Dio che ci scusa, un Dio
che ci insegue e ci perseguita
col suo amore.
Ma abbiamo bisogno, come
saggiamente chiede Salomone nella sua preghiera,
di molta saggezza, di molta
sapienza.
Salomone è spaventato del suo
nuovo ruolo di Re.
Non assapora il potere, non è
euforico della sua posizione.
E chiede la saggezza, chiede di
fare scelte giuste.
Dio è piacevolmente stupito di
questa richiesta e lo premia col dono della saggezza.
Anche noi, allora, come Salomone,
come Paolo, come Matteo, chiediamo di
avere il dono dello Spirito che
sappia orientare la nostra vita verso la pienezza,
verso il senso ultimo, verso il
tesoro.
Che non ci succeda di essere
travolti dalla vita, che non ci accada di restare
alla porta della storia, ma che
il Signore ci dia il coraggio di investire tutto,
tempo, intelligenza, affetti,
nella ricerca del Regno, nella cosa più preziosa
che abbiamo.
Matteo è davvero lo scriba che ha
saputo tirar fuori le cose vecchie e le cose nuove.
Il messaggio del vangelo, pur
nella stanchezza dell'abitudine e delle nostre
comunità, ha bisogno di essere
capito e parlato con parole nuove.
La fatica di Matteo, scriba che
ha valutato con sapienza la strada da percorrere
è la nostra stessa fatica.
Inutile ancorarsi a fragili
abitudini, a consolidate e incomprensibili ritualità che
rendono vecchio il cristianesimo;
andiamo all'essenza, con intelligenza, con
rispetto per il passato, ma con
tutta la luce devastante dell'incontro col Rabbì.
Solo così potremo dire in maniera
comprensibile per l'uomo contemporaneo
che la vita è una caccia al
tesoro.
Anche noi, come chi trova un
tesoro, pieni di gioia venderemo tutto per averlo.
Santa Domenica e buone
ferie Fausto