Protagonisti della Passione
Con oggi finiamo
il tempo di Quaresima ed entriamo nella
grande Settimana
Santa, centro di tutto l'anno liturgico.
E' come se
l'orologio della nostra preghiera rallentasse;
normalmente in
un anno concentriamo tutta la vita di Gesù,
dall'attesa del
Messia alla celebrazione di Gesù Signore dell'Universo.
Necessariamente,
quindi, i tempi sono compressi, ridotti;
passiamo
dall'infanzia all'inizio della vita pubblica e così via.
In questi
giorni, invece, a partire da questa alla prossima
domenica,
ripercorreremo ora dopo ora, giorno dopo giorno
l'ultima
settimana terrena di Gesù di Nazareth; dal grido
entusiasta della
folla alla corsa affannosa del mattino di Pasqua,
diventeremo
anche noi prima spettatori, poi protagonisti di
questa che è, in
assoluto "la" settimana, il centro della nostra vita
spirituale e
che-ahimé-resta ai più sconosciuta.
Il racconto della Passione mantiene intatto il suo fascino, in ogni
Il racconto della Passione mantiene intatto il suo fascino, in ogni
Vangelo; è lì
che ogni evangelista manifesta la sua sensibilità,
la sua tenerezza
interiore, la sua esperienza di fede.
No, non è solo
una mirabile opera letteraria, un drammatico
racconto di
un'esecuzione a morte, un commovente fatto che ci
suscita
sensazioni e ricordi; è un avvenimento.
Ancora, per
sempre, finché ci sarà un cristiano, la Passione Morte
e Resurrezione
di Gesù rappresentano un "qui e ora" per
ciascuno di noi.
Non giochiamo a
ricordare qualcosa, no, non ci commuoviamo
"una
tantum" vedendo questo volto sfigurato dalla violenza
e dal dolore.
Ogni nostra
celebrazione ripropone, riattualizza, rifà, rivive,
celebra-appunto-quest'avvenimento.
Non si tratta,
allora, soltanto di ascoltare, magari compassati,
il racconto
della Passione.
No: questa
Passione accade per noi, oggi.
E' come se il
Signore ci dicesse: "Questo è il mio amore per te.
Se siamo riusciti
a fare sufficiente deserto nel nostro cuore in
questi quaranta
giorni, lo possiamo capire, possiamo sentire
la sete, anelare
alla luce, desiderare di rivivere come Lazzaro.
Io, il Signore,
il Figlio di Dio, mi dono per te".
Alla fine della sua versione del racconto della Passione di Gesù,
Alla fine della sua versione del racconto della Passione di Gesù,
Matteo, buon
ebreo, ci racconta che il velo del Tempio si squarciò
in due,
dall'alto verso il basso.
Il velo, un
grande pezzo di stoffa, impediva l'accesso al Santo
dei Santi di
Gerusalemme, il luogo dov'era conservata, in passato,
l'Arca
dell'Alleanza e che diventava il luogo della Gloria di Dio;
lì, nel Santo dei
Santi, abitava il Dio d'Israele, nascosto agli
uomini da
quest'immenso panno.
Era un modo
concreto per indicare dov'era la divinità, luogo
che veniva
guardato con rispetto e timore.
Il velo, ora, è
squarciato, Dio è visibile, si è reso visibile,
ha tolto il
velo, si è svelato.
E il suo volto
non è come ce lo rappresentava la nostra paura
e la nostra
approssimazione, non il volto imperturbabile di un
Dio perfetto,
sommo egoista, che guarda dall'alto della sua
eternità le
vicissitudine grottesche delle sue creature.
No: Dio è nudo.
E' un volto di
un Dio consegnato per amore, che accetta di non
essere capito,
di essere oltraggiato, per amore degli uomini,
un Dio che muore
d'amore, il volto svelato dalla Passione.
A noi la
risposta, davanti a questo Dio.
Un invito sommesso, a tutti noi, dobbiamo essere presenti.
Un invito sommesso, a tutti noi, dobbiamo essere presenti.
Nella povertà
delle nostre assemblee, ritagliando spazio e
tempo ai nostri
mille pressanti impegni, dobbiamo esserci.
Giovedì sera
alla Messa che ci ricorda l'istituzione
dell'Eucarestia,
venerdì nella grande e sofferta celebrazione
della Croce,
Sabato nella lunga e luminosa notte della Resurrezione.
Tre giorni che
ci accompagneranno, spero, a ridire la nostra
fede, a
riscoprire il dono, a cambiare la vita.
Abbiamo il
coraggio, in questi giorni, di rimetterci in gioco,
di
identificarci.
Forse, chissà,
ci troveremo un po' nei panni della folla,
trascinata
dall'opinione degli altri, o di Pilato, che sacrifica Dio
ai suoi
progetti, o nell'incoerenza di Pietro e la sofferenza del Cireneo.
Ma ci auguriamo
di trovarci, almeno un pò, nell'affermazione
del Centurione,
ufficiale romano abituato ai modi rudi e
alla
concretezza, scomodo guardiano di uno spettacolo orribile,
pedina usata dal
delirio di onnipotenza di un Imperatore che
con la violenza
e la paura mantiene la pax romana, che capitola
davanti al modo
di morire di questo sconfitto e-vedendo tanto
amore, tanto
perdono, tanta verità-si arrende: “Davvero questi
è il Figlio di
Dio.
Santa Domenica delle
Palme a tutti voi, Fausto.