lunedì 28 settembre 2015

Madre Speranza svuota il pozzo.

Svuotare il pozzo e pescare le ampolline.
A Vicàlvaro, suor Speranza svolgeva, con amore e
diligenza, il compito di sacrestana.
Ogni giorno, dopo la Messa, lavava con cura le
ampolline di metallo e le metteva ad asciugare al sole,
sul muretto del pozzo.
“Suor Speranza-le disse una mattina la superiora-non
lasci, lì sopra, le ampolline; potrebbero cadere nel pozzo”.
Un giorno, ad una novizia burlona, venne in mente
di nasconderle.
Suor Speranza, non trovandole, corse dalla superiora
per avvertirla: “Madre, non trovo più le ampolline!”.
“Sicuramente saranno cadute giù dentro al pozzo”.
“No, non è possibile.
Le avevo messe in basso, come lei mi aveva comandato”.
“Se fosse vero, starebbero lì!
Ora, prenda subito una corda, la leghi al secchio e
svuoti il pozzo!
Devi ripescare le ampolline!”.
Alle dieci passa la superiora e vede la povera suora
tutta sudata e intenta inutilmente a tirar su l’acqua
con due secchi.
“Finchè non svuoti il pozzo, non muoverti di qui!”,
le gridò a distanza.
Ci sto provando, ma non so se ci riuscirò”.
“Devi farlo”.
Speranza, sapendo di essere innocente, sentiva in petto
una grande voglia di rivolta, ma pregava Dio perché le
desse una dose doppia di pazienza per non scoppiare.
Infatti, si sentiva debole a causa di un recente
intervento chirurgico.
Per di più intuiva che era impossibile svuotare col
secchio un pozzo di vena.
All’ora di pranzo, la novizia burlona, non vedendo
suor Speranza a tavola, si ricordò dello scherzo
(scherzo…da suore!) e corse ad avvisare la superiora.
Questa, senza dare alcuna soddisfazione a suor Speranza
e senza chiederle scusa, le dice semplicemente: “Ora
basta di cavare l’acqua e…un’altra volta stia più attenta
a compiere l’obbedienza!”.

Noi al posto suo, cosa avremmo fatto? 

venerdì 25 settembre 2015

L'Eucaristia

Il pane nostro quotidiano.
Madre Speranza ha lasciato scritto: “Due cose nella vita
non si recuperano; il tempo e l’Eucaristia”.
Lei per prima, anche quando faceva lunghi viaggi,
si fermava per riposarsi un po’ e soprattutto per non
tralasciare la Comunione.
Il pane della vita è Gesù in persona; chi mangia la sua
carne e beve il suo sangue non morirà eternamente ma,
risusciterà nell’ultimo giorno.
Il suo desiderio di comunione col buon Gesù era così
forte che in situazioni straordinarie, come la malattia;
mani misteriose e invisibili posavano l’Ostia consacrata
sulle sue labbra.
La Fondatrice ci ha educati ad amare la santa Eucaristia.
È il nostro grande tesoro che conserviamo nello scrigno
e sotto chiave, presso la cappella del Santissimo Sacramento.
Ma il tabernacolo caldo e accogliente che Lui preferisce
siamo proprio noi.
Se vogliamo avere le forze necessarie per vincere le
tentazioni e percorrere l’arduo cammino della santità, è
necessario nutrirci quotidianamente della santa Comunione.
Ella dichiara: “Gesù, nel culmine del suo amore, volle
rimanere presente nell’Eucaristia per unirsi a noi
e trasformarci in Lui”.
Fatta la Comunione, Madre Speranza ci esorta a
invitare il Signore perché resti con noi.
Dobbiamo dirgli: “Rimani con me, Gesù; non mi lasciare”.
Ed Egli resta perché è una persona distinta.
Il cuore umano è la dimora preferita di Gesù.
Lei ha compreso che con la Comunione diventiamo
“tabernacoli viventi” e il Signore resta con noi
“sacramentalmente presente”, fino alla Messa successiva.
Per tutta la vita, la serva di Dio cercò di fare compagnia
a Gesù e di non lasciarlo mai solo durante la giornata.
Lo stesso Signore, infatti, durante l’ultima cena, ci esorta:
“Rimanete in me, e io in voi; senza di me non potete far nulla”.
Chi non mangia muore, e chi mangia poco rimane rachitico
e diventa anemico.
È questione di vita o di morte.
Infatti, se l’automobile va a benzina e il camion a diesel,
il cristiano va…a Eucaristia!
Preghiamo con Madre Speranza.
“Non ti allontanare mai da me, Signore, anche se io mi
allontano da te, ti dimentico e non penso più a te.
D’ora in avanti voglio che il mio cuore e la mia mente
siano fissi in te.
Voglio soffrire, lavorare e morire, amandoti.
Ma tu, resta con me, Signore! Amen”.


giovedì 24 settembre 2015

La prima Comunione di Madre Speranza

Una minorenne che ruba Gesù in Chiesa.
“Il Corpo del Signore nostro Gesù Cristo custodisca la
tua anima per la vita eterna”, le sussurrò il sacerdote,
depositando la bianca Ostia sulle labbra della bambina.
“Amen”, gli rispose Maria Josefa, in italiano Giuseppina;
“al secolo; Beata Madre Speranza di Gesù”, emozionatissima,
inginocchiata presso la balaustra e seminascosta dal
velo che le copriva la testa.
In quell’epoca rigorista, i bambini erano soliti fare la
prima Comunione a dodici anni.
Lei, finalmente, c’era riuscita all’età di otto anni, di
sotterfugio e…clandestinamente!
Abitando presso la casa parrocchiale, da tempo sentiva
un forte desiderio di ricevere Gesù.
L’occasione buona si presentò appunto una mattina
quando venne a celebrare la Messa un sacerdote di fuori,
sostituendo il parroco che aveva dovuto assentarsi
per un viaggio.
Ricevuta la Comunione, andò in fretta alla cappella
della Madonna del Rosario per fare il ringraziamento.
Ma, qualcuno, che non riusciva a fare i fatti suoi, scoprì
lo stratagemma della bambina e alcune pie signore che
stavano in chiesa, l’accerchiarono, rimproverandola:
“Sei il disonore della famiglia!
Hai fatto un grande peccato, comunicandoti senza il
permesso di don Miguel; il parroco del paese.
Non lo sai che è sacrilegio ricevere la Comunione
senza fare digiuno?”
La bambina, infatti, aveva fatto la colazione.
Ma lei rispose candidamente: “oh, gente! Non lo sapete
che Gesù, quando viene a noi, non va nello stomaco,
ma resta nel cuore”.
Poi, Giuseppina, con le braccia incrociate sul petto,
bisbigliava al “buon Gesù”: “Ora sei qui con me;
rimaniamo uniti per sempre!”.
Anni più tardi, ricordando questo innocente episodio,
Madre Speranza, col sorriso sulle labbra, commentava
che in quell’epoca si vide obbligata a “rubare” Gesù perché
ancora non aveva l’età per fare la prima Comunione.
Nella sua innocenza infantile, da allora evitava di
dormire sul lato del cuore per non comprimere il suo “Amico”
e, nei giochi, smise di saltare a corda per non sballottare
Gesù che abitava nell’intimo della sua anima.