lunedì 26 settembre 2016

Messaggio della Madonna a Marija

25 Settembre 2016.
Cari figli! Oggi vi invito alla preghiera.
La preghiera sia per voi vita.
Soltanto così il vostro cuore si riempirà
di pace e di gioia.
Dio vi sarà vicino e voi lo sentirete nel vostro
cuore come un amico.
Parlerete con Lui come con qualcuno che
conoscete e, figlioli, sentirete il bisogno di
testimoniare perché Gesù sarà nel vostro
cuore e voi sarete uniti in Lui.
Io sono con voi e vi amo tutti con il mio
amore materno.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

sabato 24 settembre 2016

Troppo ricchi o troppo poveri.

Dal Vangelo secondo Luca (16,19-31) anno C.
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco,
che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno
si dava a lauti banchetti.
Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di
piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola
del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano
Abramo, e Lazzaro accanto a lui.
Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda
Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la
lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai
ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo
lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro
che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono
giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa
di mio padre, perché ho cinque fratelli.
Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in
questo luogo di tormento”.
Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”.
E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno
andrà da loro, si convertiranno”.
Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno
persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore.
Facciamoci due conti in tasca, così come mettiamo molto
impegno nelle cose della terra, e nella gestione dei soldi,
in particolare.
Investiamo in ciò che davvero può colmare il nostro cuore,
senza lasciarci riempire la testa dall'ansia dell'accumulo.
Così diceva la Parola domenica scorsa e oggi, a degna conclusione,
Luca ci lascia una tragica parabola che ci scuote nel profondo:
la storia di Lazzaro e il ricco epulone (che ho scoperto essere
un soprannome che potremmo tradurre: "festaiolo e mangione").
Un storia che potrebbe ben descrivere la stridente contraddizione
del nostro mondo attuale, che costringe alla morte per fame
centinaia di migliaia di persone, mentre per molti la preoccupazione
è quella di perdere di peso...
Dio conosce per nome il povero Lazzaro (Il nome in Israele è
manifestazione dell'intimo: Dio conosce la sofferenza di questo
mendicante!) mentre non ha nome il ricco epulone che-peraltro-non
è descritto come una persona particolarmente malvagia, ma solo
troppo assorbita dalle sue cose per accorgersi del povero che muore
davanti a causa sua...
Dio non conosce il ricco epulone, egli è bastante a se stesso, non ha
bisogno di Dio, non si pone, all'apparenza, alcun problema religioso,
è saldamente indifferente e si tiene debitamente lontano dalla
sua interiorità.
E Dio rispetta questa distanza.
Il cuore della parabola non è la vendetta di Dio che ribalta la
situazione tra il ricco e il povero, come a noi farebbe comodo
pensare, in una sorta di pena del contrappasso.
Il senso della parabola, la parola chiave per capire di cosa parliamo,
è: abisso.
C'è un abisso fra il ricco e Lazzaro, c'è un burrone incolmabile.
La vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente,
è tutta sintetizzata in questa terribile immagine: è un abisso la sua vita.
Probabilmente buon praticante.
L'abisso invalicabile è nel suo cuore, nelle sue false certezze,
nella sua supponenza, nelle sue piccole e inutili preoccupazioni.
In altri tempi, quest'atteggiamento veniva chiamato "omissione":
atteggiamento che descrive un cuore che si accontenta di stagnare,
senza valicare l'abisso e andare incontro al fratello.
Abisso di chi pensa di essere sufficientemente buono, e devoto
e normale rispetto al mondo esterno, malvagio e corrotto.
Di chi pensa di non essere migliore, ma certo non peggiore dei
tanti delinquenti che si vedono in giro.
L'obiezione "Che ci posso fare?", di fronte alle immense ingiustizie
dei nostri giorni, qualche offerta caritativa, qualche buona devozione,
tacitano e asfaltano le coscienze, intorpidiscono il cuore.
E l'abisso diventa invalicabile.
Neppure Dio riesce a raggiungerci.
No, non so cosa fare di fronte alle tragedie di questo mondo.
So che non posso rifugiarmi nel caloroso rapporto intimo con Dio;
so che se la mia fede non valica la mia devozione personale e diventa
servizio, impegno, resta sterile.
Come dicevamo domenica scorsa, il Signore loda la scaltrezza,
l'arguzia di chi si siede e riflette, cerca soluzioni.
Là dove viviamo siamo chiamati ad amare nella concretezza.
Se abbiamo già compiuto le nostre scelte, lavorative, affettive,
siamo chiamati a vivere una cittadinanza consapevole, che si
fa carico del proprio vicino, come il Samaritano.
Se sentiamo che questo mondo ci va stretto, che questa vita che
altri hanno scelto per noi e che altri dirigono, possiamo avere
il coraggio del dono: partire, restare, cambiare, l'importante
è agire con amore umile e concreto.
Ma, prima dell'impegno, esiste un atteggiamento che, tutti,
possiamo avere, anche se non siamo in grado o non possiamo
fare nulla di diverso da quello che stiamo già facendo.
Stai serena sorella che lavori e ti occupi di tuo marito e dei tuoi
bambini: quella è la tua Nigeria.
Stà sereno fratello che stai studiando economia: in quel mondo
di squali sei chiamato a disegnare nuovi sentieri di umanizzazione!
Ma tutti, tutti noi, sempre, siamo chiamati a vedere, a capire,
a prendere a cuore.
Dio si è chinato sulla sofferenza degli uomini.
Prima del ragionamento sociale o politico, prima dell'arrendersi
o del rimboccarsi le maniche, prima di tutto, siamo chiamati ad
avere compassione.
A sentire dentro, a sentire il dolore come Dio lo sente
(Quanto dolore in Dio! Quanto amore, in lui!).
Questo sì, tutti possiamo viverlo.
Un mondo pieno di compassione adulta (non pietistica, non mielosa,
non rassegnata) cambierebbe il nostro fragile e incarognito mondo,
statene certi.
Il Vangelo di oggi, concludendo la riflessione di domenica scorsa,
ci dice che l'anticonsumismo è la solidarietà, la condivisione.
Una condivisione, però, intelligente.
È finito il tempo delle elemosine "una tantum", dell'euro sganciato
per far tacere il fastidio dell'insistenza di chi chiede e la coscienza.
Dio chiama per nome Lazzaro, non gli sgancia un euro.
Si lascia coinvolgere, ascolta le sue ragioni, non accetta gli inganni,
aiuta a crescere.
Così la nostra comunità, sempre più, deve lasciare che lo Spirito
susciti in mezzo a noi nuove forme di solidarietà che rispondano
alle nuove forme di povertà.
La sete del ricco, finalmente sete di chi ha capito, è una sete che
fin d'ora percepiamo se abbiamo il coraggio di ascoltarci dentro.
Infine ci giunge un richiamo forte alla conversione: epulone
rimpiange il fatto di avere vissuto con superficialità i tanti
richiami che gli venivano fatti, ed invoca un miracolo per
ammonire i suoi fratelli.
Ma non gli sarà dato alcun miracolo, alcun segno ulteriore;
ha avuto sufficienti occasioni per capire. E per cambiare.
I profeti e la Parola del vangelo dimorano abbondanti in

mezzo a noi, a noi di accoglierli!

sabato 17 settembre 2016

Pellegrinaggio al Santuario dell'Amore Misericordioso

In pellegrinaggio al Santuario dell’Amore Misericordioso
L’Agenzia Essenzialmenteviaggiatori Verona in
collaborazione con Fausto e Bertilla Bronzati
di NoifiglidiMadreSperanza organizza dal 29 al 30
Ottobre 2016 un Pellegrinaggio al Santuario
dell’Amore Misericordioso a Collevalenza (PG) ove riposa:
“LA BEATA MADRE SPERANZA DI GESÙ”
Per rinvigorire la nostra fede in
Gesù Cristo che ci aspetta a braccia
aperte nel suo Santuario per farci riscoprire
L’ AMORE MISERICORDIOSO
che ha per tutti noi!
Durante la permanenza al Santuario è possibile fare l’immersione in
quell’acqua  benedetta che il Signore ha fatto sgorgare affinche serva di
sollievo a noi pellegrini; con il passaggio della Porta Santa della Misericordia
previa specifica preparazione!
Partenza il 29 Ottobre 2016 da Cerea, S. Giovanni Lupatoto, Verona,
Isola della Scala, Sommacampagna, Villafranca e Vigasio (VR).
Il costo del viaggio è di € 135,00 tutto compreso dal pranzo del Sabato al pranzo
della Domenica e assicurazione. Accompagnatore Fausto, Pulman Castellani.
Per informazioni e contatti rivolgersi a Fausto e Bertilla Bronzati Tel. 349-1009626
o www.pellegrinaggiverona.blogspot.com per scaricare il programma!
Iscrizioni in agenzia, fino ad esaurimento dei posti disponibili sul pullman.
Al momento dell’iscrizione si verserà un acconto di € 85,00 come conferma del posto,
corredati da fotocopia carta di identità e codice fiscale.
Il pellegrinaggio si effettuerà con almeno 35 persone.
ATTENZIONE: Per richiesta di camera singola supplemento di € 20.00 se disponibile.
Cancellazioni e penali in caso di recesso:
Dall’iscrizione a 30 giorni prima della partenza penale del 10%
Da 29 a 15 giorni prima della partenza 30% Da 14 giorni a 7 giorni prima della partenza il 75%
Da 6 giorni al giorno della partenza 100%
AGENZIA ORGANIZZATRICE: EssenzialmenteViaggiatori di Viaggi Pianeta Verde Srl – Via Locatelli, 13-37122Verona - tel. 045 8030951 fax 045 8011226 mail: info@essenzialmenteviaggi.com RCD (polizza assicurativa) Unipol 1/72929/319/107323286 Licenza esercizio nr. 247 Rilasciata in data 14/05/14.
Programma comunicato alla provincia di Verona in data 01/02/2016 Il Programma è sottoposto a Condizioni Generali previsti dal Decreto Legislativo nr. 206 del 06/09/05 di cui si prega la presa visione presso l'agenzia. Informativa ai sensi della legge. Comunicazione obbligatoria ai sensi dell'art. 16 della l.269/98. La legge italiana punisce con la pena della reclusione i reati inerenti alla prostituzione e alla pornografia minorile anche se gli stessi sono commessi all'estero.



sabato 10 settembre 2016

Parabola del Figliol prodigo

Dal Vangelo secondo Luca (15,1-32) anno C.
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i
peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie
i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento
pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto
e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?
Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a
casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me,
perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”.
Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che
si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno
bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non
accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente
finché non la trova?
E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice:
“Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”.
Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo
peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse
al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”.
Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose,
partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo
in modo dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande
carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella
regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci.
Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci;
ma nessuno gli dava nulla.
Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno
pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il
Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.
Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione,
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te;
non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.
Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello
e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi.
Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto
ed è stato ritrovato”.
E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi.
Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò
uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo.
Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto
ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”.
Egli si indignò, e non voleva entrare.
Suo padre allora uscì a supplicarlo.
Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non
ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato
un capretto per far festa con i miei amici.
Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue
sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”.
Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che
è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo
fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Il Padre innamorato dei suoi figli.
Quando siamo nel nostro deserto per vari motivi, con l’aiuto della
preghiera, possiamo trovare un Dio che è un padre affettuoso che
ci ama e ci rispetta.
Luca costruisce il suo vangelo intorno a tre parabole.
Concentra in questi tre capolavori la sintesi del
suo annuncio, la logica stringente della sua vita.
Una di queste parabole, forse la più conosciuta del Vangelo,
è quella erroneamente chiamata del “figliol prodigo”.
I due figli protagonisti della parabola hanno
una pessima idea di Dio. Entrambi.
Il primo figlio, scapestrato, pensa che Dio sia un concorrente,
un avversario: se c’è io non posso realizzarmi.
Dio è un censore, un preside severo, uno che non mi aiuta.
Gli chiedo il mio, quello che mi deve (e da quando un padre “deve”
l’eredità?), quello che mi spetta.
Chiedere l’eredità significa augurare la morte.
E il figlio va e conosce la vita.
Ha molti amici, sperpera tutto il patrimonio.
Quando finiscono i soldi gli amici se ne vanno, ovvio.
È tutta qui la vita?
In pochi mesi ha già conosciuto tutto, bruciato tutto?
Si ritrova a pascolare i porci.
I porci: l’animale impuro per eccellenza.
E patisce la fame.
Rientra in sé stesso e ragiona: “Sono un idiota.
In casa di mio padre anche il più umile dei servi ha pane
in abbondanza!
Ora torno e mi trovo una scusa”.
Sì, avete letto bene: contesto radicalmente
l’interpretazione buonista del brano.
Il figlio non è affatto pentito: è affamato e ancora
pensa che il padre sia un tontolone da manipolare.
L’altro figlio torna dal lavoro stanco e si offende della
festa che il padre ha fatto in onore del figlio minore.
Come dargli torto?
Il suo cuore è piccolo ma la sua giustizia grande: sì, è vero,
il Padre si comporta ingiustamente nei suoi confronti.
Giusto: lui lavora da anni e non ha mai osato chiedere nulla.
Il figlio maggiore pensa che Dio sia uno da tenere buono, che
ora fatichiamo ed obbediamo ma che, alla fine, avremo il premio,
ci verrà riconosciuta la fatica che abbiamo vissuto e tutte le
messe che ci siamo sciroppate.
Lui è uno mortificato, senza grilli per la testa, lui è il bravo figlio
che tutti vorrebbero: perché il padre si comporta in quel modo?
Bene, fermatevi qui, ora.
Niente bei finali, Luca si stoppa.
Non dice se il primo figlio apprezzò il gesto
del Padre e, finalmente, cambiò idea.
Né dice se il fratello, inteneritosi, entrò a far festa.
No: la parabola finisce aperta, senza scontate soluzioni,
senza facili moralismi e finali da Principe Azzurro.
Puoi stare col Padre senza vederlo, puoi lavorare con lui senza
gioirne, puoi lasciare che la tua fede diventi ossequio rispettoso
senza che ti faccia esplodere il cuore di gioia.
Il vangelo ci dice ancora una volta che Dio ci considera adulti, che
affida alle nostre mani le decisioni, che non si sostituisce
alle nostre scelte.
E ora, per favore, smettetela di guardare questi due
idioti, così simili a noi.
Piccoli e meschini, come noi.
E guardate al Padre, per favore.
Io vedo un Padre che lascia andare il figlio anche se
sa che si farà del male (l’avreste lasciato andare? Non lo so).
Vedo un Padre che scruta l’orizzonte ogni giorno.
Vedo un Padre che non rinfaccia né chiede ragione dei soldi
spesi (“te l’avevo detto io!”), che non accusa, che
abbraccia, che smorza le scuse (e non le vuole), che
restituisce dignità, che fa festa.
Vedo un Padre ingiusto, esagerato, che ama un figlio che
gli augurava la morte (“dammi l’eredità!”) che vaneggiava
nel delirio (“mi spetta!”), un Padre che sa che questo figlio
ancora non è guarito dentro ma pazienta e fa già festa.
Vedo un Padre che esce a pregare lo stizzito fratello maggiore,
che tenta di giustificarsi, di spiegare le sue buone ragioni.
Ecco: vedo questo Padre che accetta la libertà dei figli, che pazienta,
che indica, che stimola.
Lo vedo e impallidisco.
Dunque: Dio è così? Fino a qui? Così tanto?
Sì, amici. Dio è questo e non altro.
Dio è così e non diversamente.
E il Dio in cui credo è finalmente questo?
Gesù sta per morire per affermare questa verità,
è disposto a farsi scannare pur di non rinnegare
questa inattesa rivelazione.
Dio è prodigo, anche a costo di gettare al vento le sue
fortune, non il figlio.
Perché di esagerato, di eccessivo, in questa storia,
c’è solo l’Amore e la Misericordia di Dio.
Ed io amici, ci credo, perché ci sono passato da questa storia.

Santa Domenica Fausto.

venerdì 2 settembre 2016

Messaggio da Medjugorje del 2 Settembre 2016

Messaggio della Madonna a Mirjana 
"Cari figli, per la volontà di mio Figlio e il mio materno amore,
a voi figli miei, in modo particolare a coloro che non hanno
conosciuto l’amore di mio Figlio, vengo a voi.
Voi che pensate a me, voi che mi invocate. 
Avete cuori puri e aperti?
Vedete i doni, i segni della mia presenza e del mio amore?
Figli miei, in questa vita terrena procedete seguendo il mio esempio. 
La mia vita è stata dolore, silenzio, un’immensa fede e fiducia
nel Padre Celeste. 
Nulla succede per caso, ne il dolore, ne la gioia, ne sofferenza, ne amore. 
Tutto questo sono le grazie che mio Figlio vi dà e che vi guidano
nella vita eterna. 
Mio Figlio chiede da voi l’amore e la preghiera in esso.
Amare e pregare in esso significa: io, come madre, ve lo insegnerò.
Pregate nel silenzio della vostra anima e non solo recitate con le labbra.
Questo è il più piccolo bel gesto che potete compiere in nome di mio Figlio.
Questo, e la pazienza, la misericordia, l’accettazione del dolore
e del sacrificio, compiuto per gli altri. 
Figli miei, mio Figlio vi guarda. 
Pregate per poter anche voi vedere il suo viso, affinchè possa rivelarsi a voi.
Figli miei, a tutti rivelo l’unica vera verità.
Pregate per poterla comprendere e per poter diffondere l’amore e la
speranza, per poter essere apostoli del mio amore. 
In modo particolare il mio cuore materno ama i pastori.
Pregate per le loro mani benedette. Vi ringrazio".