lunedì 29 luglio 2019

Da tanto tempo, amici, avevo dei dubbi ma li tenevo per me, perchè, non è giusto creare allarmismo per niente, ora ho ricevuto questa lettera e i miei dubbi, purtroppo sono confermati, da tempo persone che incontro mi chiedono il perchè le persone abbandonano la Chiesa, a volte, incolpandola di errori, ora quì c'è la conferma che non è la Chiesa che compie errori, ma, uomini di Chiesa, che è totalmente diverso, a me dispiace far vedere queste cose, ma non si può sempre tacere.


Lettera di un giovane prete al giornalista Aldo Maria Valli.
Ecco perché il popolo non si riconosce più nei pastori.
Cari amici, oggi pubblico la lettera che mi è stata inviata da un giovane prete.
L’affido alla vostra attenzione e non ho bisogno di commentarla perché mi
sembra davvero chiara ed esplicita.
Ritengo che il contenuto sia anche drammatico e ringrazio l’autore per avermi
scritto con tanta passione.
Purtroppo il sacerdote non può firmarsi perché, come mi ha spiegato, i “guardiani
della rivoluzione” attivi nella sua diocesi gliela farebbero pagare, mentre lui
vuole continuare a essere prete in cura d’anime.
E anche su questa ricorrente circostanza, ovvero, che nella nostra Chiesa, nel
momento in cui si esprimono idee non allineate con il pensiero mainstream,
sia necessario tutelarsi con l’anonimato, bisognerebbe meditare.
Aldo Maria Valli, vaticanista.
CARI PASTORI, RITORNATE VOI STESSI!
Gentile Valli, sono un giovane sacerdote di campagna e ho deciso di scriverle
per condividere una forte preoccupazione circa il rapporto tra i nostri legittimi
pastori e il popolo di Dio formato dai fedeli e dai noi semplici preti.
Mi sembra che in questa fase storica il Papa e i vescovi stiano raccogliendo ciò
che da qualche anno stanno seminando con le loro azioni e le loro parole e cioè
la separazione e la perdita di fiducia da parte della maggioranza dei fedeli, in
particolare da parte di coloro che partecipano regolarmente alla liturgia domenicale.
Aver schiacciato l’azione della Chiesa sulla sola dimensione orizzontale sta
generando una grave asfissia spirituale in un popolo che non si riconosce più in
guide che, oltretutto, appoggiano in modo manifesto poteri e persone che da
sempre minacciano la fede e le radici spirituali della nostra Europa nonché
l’antropologia cristiana.
La cosa che più mi preoccupa è che la Chiesa nelle sue alte gerarchie sembra
ignorare completamente questo distacco e questo dissenso sempre più ampio
e profondo.
Quelle guide che, ad intra, non fanno che osannare i laici quali salvatori della
Chiesa del domani, sono le stesse che poi, ad extra, accusano i laici di irresponsabilità
e razzismo se non seguono una certa linea che esse pretendono di imporre dall’alto.
Il problema di questo pontificato mi sembra stia qui: è amico dei nemici
e nemico degli amici.
Ma proprio per questo sta stufando.
E la pazienza, anche dei più bendisposti, si sta esaurendo.
L’esito è che ci si sente abbandonati da chi ci dovrebbe difendere, da chi sembra
apprezzare molto i Soros, gli Scalfari e le Bonino ma non si ricorda dei semplici
fedeli che chiedono di essere confermati nella fede.
Un vecchio proverbio popolare insegna: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”.
Possibile che alle gerarchie, tranne poche eccezioni, non entri neppure nell’anticamera
del cervello l’idea che c’è qualcosa che non torna nel godere di certi consensi e
nel condividere le battaglie con chi da sempre si batte per la cancellazione di Dio
dal nostro cuore?
Possibile che i nostri pastori stiano così bene in compagnia di chi professa, nel
migliore dei casi, un umanesimo ateo che ha tra i suoi dogmi la promozione di
presunti “diritti” incompatibili con la nostra fede?
Possibile che i nostri pastori si sentano tanto a loro agio nell’avere come compagni
di strada coloro che professano una “salvezza senza Vangelo”?
I risultati di queste ultime elezioni hanno sancito in modo evidente che la
separazione tra i pastori e il popolo di Dio è ormai una tragica realtà, peggiorata
dal fatto che le gerarchie a quanto pare non ne vogliono prendere atto.
Nella testa dei pastori, e proprio da parte di coloro che a parole vogliono apparire
tanto “popolari” e con l’odore delle pecore addosso, in realtà c’è sempre l’idea,
tipica degli illuminati e dei clericali, che il popolo, quando decide in modo diverso
dalla linea indicata dall’intellighenzia modernista e progressista, “non capisce”.
Ma come fanno a non rendersi conto che le pecore, quelle vere, hanno già
voltato loro le spalle e ormai dicono senza remore: cari pastori, per noi siete
irrilevanti, non contate nulla; Dio è con noi, non con voi!
Non sono uno storico della Chiesa, ma credo che raramente la separazione tra il
popolo e il basso clero da una parte e l’alto clero dall’altra sia stato così marcato
come ai nostri giorni.
Noi, semplici preti e semplici fedeli, non chiediamo una “rivoluzione”, un “cambio
di paradigma”, una “Chiesa di Francesco”.
Siamo stanchi di vuote parole e di slogan ideologici.
Chiediamo solo la fedeltà al Vangelo e l’annuncio della salvezza donataci da Gesù Cristo.
Non vogliamo una Chiesa il cui obiettivo sembra essere quello di farci sentire
in colpa se non ci schieriamo a favore dell’apertura dei porti e dell’accoglienza
indiscriminata e dissennata a tutti i migranti.
Non vogliamo una Chiesa che ci mette ossessivamente sotto accusa se non ci
diciamo a favore del dialogo ad ogni costo con i musulmani e se, seguendo
l’invito di Gesù, facciamo proselitismo.
Non vogliamo una Chiesa che ci fa sentire come dei reietti se non votiamo per
i partiti appiattiti sui diktat dell’Unione europea.
Non vogliamo una Chiesa che ci accusa di essere “senza cuore” quando restiamo
quanto meno perplessi di fronte al gesto irresponsabile di un elemosiniere pontificio,
quando vediamo il nostro Papa sorridere soddisfatto ricevendo in dono un crocifisso
blasfemo con la falce e il martello, quando lo sentiamo dire che non si interessa
della politica italiana e che quel poco che sa lo apprende leggendo l’Espresso.
Siamo stanchi.
Cari pastori, non vi dovete certamente meravigliare se, come esito finale del
vostro essere sempre dalla parte sbagliata, vi ritrovate un popolo che non vi
considera più come guide attendibili e va alla ricerca di altri punti di riferimento.
E non potete fare spallucce dicendo che tanto quello non è il “vostro” popolo.
Non è vero!
Questo popolo stanco e disorientato è il vostro popolo!
È un popolo che si commuove quando pensa a san Giovanni Paolo II e a
Benedetto XVI e non si capacita della situazione attuale.
Un popolo che ama e soffre per la Chiesa, perché la vede in balia di forze che
nulla hanno a che fare con la tradizione cristiana.
Un popolo che, nonostante tutto, osa guardare in alto sperando in un miracolo,
perché ai miracoli questo popolo ancora crede.
Un giovane prete!


domenica 28 luglio 2019

Il disastro dei barconi di immigrati nel Mediterraneo, ecco di chi è la colpa.


LE ONG NON SALVANO VITE UMANE, MA LE METTONO
APPOSTA IN PERICOLO.
Perciò è istigazione al suicidio.
Lo scopo è solo di favorire l'invasione (ad es. la Sea Watch costa 3 milioni di euro
l'anno, ma con questi soldi si potevano mantenere 200 mila africani a casa loro).
Io continuo a pensare che l'impossibilità di confrontare serenamente e razionalmente
le opinioni dipenda da Internet.
È quello che sta succedendo con la vicenda della Sea Watch.
La moltitudine dei difensori della Ong (di tutte le Ong che operano nel Mediterraneo)
e del capitano Carola Rackete sostiene questo sillogismo:
a) Premessa maggiore: la vita umana è bene primario.
b) Premessa minore: le Ong salvano vite umane.
c) Conclusione: per salvare vite umane (beni primari) si può violare ogni
norma che tuteli beni secondari.
Si tratta in realtà di un paralogismo: la premessa minore è erronea.
Le Ong non salvano vite umane.
Al contrario le mettono intenzionalmente in pericolo.
Quello che vogliono è favorire la migrazione.
A questo scopo ogni Ong si è data una struttura economica e operativa.
Fausto Biloslavo su Il Giornale, ha fornito informazioni impressionati: «Sea Watch
è costata nel 2018 oltre un milione e mezzo di euro (lavori in cantiere dell'anno
prima e due gommoni).
Si devono aggiungere 304.069,65 euro per spese equipaggio e personale amministrativo
a Berlino e Amburgo.
Ancora: viaggi e voli di equipaggi e attivisti: 61.980,36 euro, assicurazione, ormeggi
e tasse portuali: 100mila euro, viveri per equipaggio e migranti: 36.456,76 euro,
telecomunicazioni: 22.661,23 euro, carburante: 80mila euro, manutenzione: 77mila
euro, «fornitori di servizi esterni» (?): 102.172,57 euro, spese burocratiche: 192 mila
euro, team italiano (lobbisti): 62.815,17.
Ci sono poi due aerei, uno costato 100.000 euro che ha compiuto un'operazione (?)
262.435,00 euro.
Carburante e tasse aeroportuali: 162.360,00 euro.
Totale, circa 2.700.000 euro, pagati dalla federazione evangelica tedesca».
SALVARE VITE È UNA SCUSA
Dunque, «salvare vite» è costato, nel 2018, quasi 3 milioni di euro.
Tempo fa ho appreso che un immigrato (clandestino, che si era rivolto ad uno
studio legale, imbarcatosi in Libia dopo un lungo viaggio attraverso mezza Africa)
ha mantenuto per oltre due anni la sua famiglia in Bangladesh con i 2,5 euro giornalieri
che riceveva dallo Stato durante il periodo di attesa della sentenza definitiva sul
suo diritto a ricevere il permesso di soggiorno.
Cinque persone (padre, madre, fratello, moglie del fratello e bambina) hanno
vissuto per oltre due anni con 75 euro al mese.
I 3 milioni spesi per la Sea Watch avrebbero mantenuto in vita ogni
anno 200 mila persone. A casa loro.
Da dove non avrebbero avuto motivo di allontanarsi per affrontare un viaggio
attraverso Somalia o Etiopia, poi Mali o Niger o Sudan, infine Libia (il clandestino
ci ha impiegato un anno e mezzo), e alla fine un soggiorno di imprecisata durata
nei famigerati lager libici.
Né avrebbero avuto motivo di imbarcarsi su gommoni malsicuri con elevata
probabilità di affogare.
Dubito che Sea Watch abbia, nel 2018, «salvato 200 mila vite».
Ma, se anche tante fossero state, il «salvataggio» ha avuto come ineliminabile
conseguenza, l'abbandono in un Paese straniero che non le voleva, il passaggio
in clandestinità e–soprattutto-la mancanza di mezzi di sussistenza alle famiglie
rimaste nei Paesi di origine.
Chiunque, anche Sea Watch, capisce che i tre milioni di euro all'anno sono stati
proprio buttati dalla finestra.
Allora, perché?
IL VERO SCOPO È FAVORIRE L'INVASIONE
Prima di rispondere alla domanda, un'altra considerazione.
Un migrante disperato attraverserebbe il canale di Sicilia a nuoto?
Ovviamente no, se non per uscire dalla sua disperazione con il suicidio.
Eppure, se sapesse che Sea Watch e le altre Ong non lo raccoglieranno, che il
mare è un deserto dove si troverà solo, solo questo gli rimarrebbe da fare.
Oppure potrebbe rinunciare a migrare.
Dunque è assolutamente evidente che la massiccia migrazione attraverso il
Mediterraneo è dovuta alla ragionevole certezza o rilevante probabilità (in realtà
non tanto rilevante ma la disperazione è una molla potente) che qualcuno li raccoglierà.
D'altra parte che le Ong siano lì per questo, che gli aerei pattuglino la zona per
questo, che ci siano accordi tra Ong e trafficanti libici (metteteli in mare e noi
arriveremo) lo sappiamo noi e lo sanno loro.
Allora è evidente che la causa prima della necessità di «salvare vite» sta proprio
nella predisposizione dell'operazione di salvataggio.
Mettiti in pericolo e io verrò a salvarti.
La risposta al «perché» adesso è facile.
Sea Watch e le altre ritengono che favorire la migrazione dai Paesi poveri ai Paesi
ricchi sia cosa buona e giusta.
Quindi si organizzano per trasportare i migranti.
Naturalmente non possono mettere in piedi un servizio navetta ufficiale,
prelevandoli in territorio libico e sbarcandoli in Europa (sul dove in Europa
si apre un altro discorso).
Quindi li «salvano» in mare.
Che è come dire: la casa in cui abiti è pericolante e insalubre; assicurala e
dalle fuoco; io sono pronto a portare una scala fino al terzo piano e a «salvarti»;
l'assicurazione ti darà un po' di soldi e tu ti rifarai una vita.
Tutti contenti. Meno l'assicuratore. Ma chi se ne frega.
Tutto questo ha, deve avere, conseguenze penali.
Ma al momento è evidente che le ipocrite ammonizioni lanciate al nostro Paese
(«salvare vite non può mai essere un reato») sono non pertinenti.
C'è chi lo sa benissimo e parla imbiancando i suoi sepolcri; e chi non capisce
niente: ma «l'ho letto su Internet».
Poi, abbiamo gli ipocriti di sinistra che sono compiacenti per scopi di lucro.


giovedì 25 luglio 2019

Messaggio della Madonna a Marija Medjugorje


Messaggio del 25 Luglio 2019
Cari figli! La mia chiamata per voi è la preghiera.
La preghiera sia per voi gioia e una corona che vi lega a Dio.
Figlioli, verranno le prove e voi non sarete forti ed il peccato regnerà ma
se siete miei, vincerete perché il vostro rifugio sarà il Cuore di mio Figlio Gesù.
Perciò figlioli, ritornate alla preghiera affinché la preghiera diventi vita per voi,
di giorno e di notte.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Io credoche in questa Italia marcia, ci sia bisogno di una pulizia radicale se non vogliamo vedere altri fatti come quello di Bibbiano e dintorni.


GIA' NEL 2013 UN GIUDICE DI BOLOGNA DENUNCIAVA
IL TERRIBILE MERCATO DEI BAMBINI DATI IN AFFIDO
L'inchiesta Angeli e Demoni a Bibbiano ha dimostrato che diceva il vero il
giudice del Tribunale dei minorenni di Bologna nella trasmissione di Federica
Panicucci (VIDEO: Francesco Morcavallo a Mattino 5) di Luca Volontè.
Nell'ormai lontano 2013, negli studi di Mattino Cinque, il giudice Francesco
Morcavallo del tribunale di Bologna, davanti alla conduttrice Federica Panicucci
e ad un pubblico ammutolito, denunciava un indecente e terribile mercato di
bambini e affidi violenti e laceranti.
Il video dell'intervista è allucinante ed appare sconvolgente che nessuno abbia
ritenuto opportuno procedere d'ufficio contro ciò che il giudice denunciava come
un «mercato di affidamenti che vale 1,5 o 2 miliardi di euro l'anno».
Una vergogna. Ma come è possibile?
Quale obbligatorietà dell'azione penale esiste quando addirittura un giudice
denuncia fatti così gravi o quando addirittura si denuncia il Csm di immotivata
mancanza di intervento davanti a 35 mila bambini allontanati dalle famiglie al 2013?
Non ci sono parole per questa mancanza di intervento e almeno si faccia sapere
e ci si chieda, con tutti gli strumenti possibili, inclusi quelli istituzionali, come mai
e perché non si è intervenuti per tempo con azioni e ispezioni appropriate.
ANGELI E DEMONI
Si è dovuto attendere sino al 28 giugno 2019 prima che la coraggiosa Procura
di Modena intervenisse sulle vicende degli affidi illeciti nel reggiano, con la
famosa e oscurata indagine Angeli e Demoni che per qualche ora ha tenuto tutti
gli italiani attaccati al video.
Ore e giorni sono poca cosa per una così drammatica e devastante vicenda che
colpisce da anni decine di migliaia di bambini e famiglie in Italia.
Se non è un'emergenza nazionale questa, per favore, descriveteci cosa intendete
con la parola emergenza, cosa chiedete nelle vostre "interpellanze urgenti" in
Parlamento, nei vostri "Question-time".
La ramificazione, sin qui nota, della vicenda Angeli e Demoni, così come la
testimonianza-denuncia del giudice Morcavallo di sei anni prima, tratteggiano
un "sistema", una "mafia", una "collusione" stabile tra pubblico e privato che ha
pochi precedenti nella storia del malaffare italiano.
35 mila bambini (secondo i dati del 2013) significa almeno 70 mila genitori, per
un totale (tolti i nonni, gli zii e i parenti prossimi) di ben più di 100 mila italiani
coinvolti in drammi e tragedie difficilmente rimarginabili per il resto della vita.
Il dramma di 100 mila italiani, comprovato e non fantasioso, non interessa a nessuno?
Non pretende di essere chiarito in tutti i suoi aspetti, inclusi quelli che riguardano
la mancata azione del Consiglio Superiore della Magistratura?
LA DIMENTICATA DIGNITÀ DEL BAMBINO
Voglio però far notare il punto cruciale, secondo me assente nel flebile dibattito
su questa mercificazione dei bambini, quello appunto del valore e della dignità
del bambino in sé.
Se la nostra società non apre una riflessione seria e non andrà a fondo sulla
continua riaffermazione dei pericoli conseguenti alla "cosificazione" e alla
"mercificazione" dei più deboli, a cui Papa Francesco ci richiama sempre, non
usciremo da questo tunnel dell'orrore.
Certo, ci auguriamo che il solerte lavoro della magistratura e della politica faccia
presto e faccia bene, ma se non ripartiamo dalla dignità umana di tutti, se non ci
riprendiamo la consapevolezza di questo diritto inalienabile, non faremo neanche
un passo avanti.
L'idea del "bambino-oggetto" è quella che fa gettare i bimbi dai balconi, li lascia
in auto col solleone, gli concede video e telefonini sin dalla più tenera età, li sposta
da un luogo all'altro in funzione degli impegni professionali, li usa come merce
preziosa di arricchimento e ricerca di affetti.
A tal proposito, «L'utero è mio» ci ha portato al bambino come cosa mia, di cui
dispongo io e ci faccio quel che voglio, mia "cosa" o desiderio di "una cosa".
Lo vediamo infatti nell'utero in affitto, l'incivile schiavitù moderna con la quale
anche i sindacati scendono a patti, lo vediamo emergere dal fuoco di questa tragedia.
Una tragedia non finita, una violenza che continua e proseguirà non solo sino alla
fine delle indagini di Modena, non solo (come auspichiamo) sino alle indagini del Csm.
Andrà avanti fino alla nostra conversione del cuore.
Non piangiamo sui pochi bambini morti in mare se poi uccidiamo il cuore e gli
affetti delle decine di migliaia di bambini rapiti dalle proprie famiglie.
Gli uni muoiono in mare per circostanze imprevedibili, gli altri li stiamo uccidendo
noi con il nostro menefreghismo sistematico.
Possiamo fare qualcosa, vogliamo farlo?
L'avv. Francesco Morcavallo, Giudice del Tribunale dei minorenni di Bologna,
a Mattino 5 ospite di Federica Panicucci nel 2013 afferma che "in situazione di
disagio sia sociale, sia economico, si interviene con strumenti autoritativi che sono
simili a quelli degli ordinamenti totalitari".
Per i 35.000 minori dati in affido in Italia ogni anno nel 99% dei casi non ci sono
motivazioni derivanti da fatti concreti, ma solo giudizi soggettivi da parte da
assistenti sociali e giudici.
In pratica si tolgono i figli ai genitori per interesse di tipo economico da parte degli
enti privati che gestiscono gli istituti che percepiscono soldi pubblici.
Insomma: lo Stato ti porta via i figli come accade nei totalitarismi.
Non basta punire i colpevoli di una singola vicenda come quella che è adesso sotto
i riflettori, ma va eliminato il controllo dello Stato sulle famiglie limitando l'intervento
della magistratura alle sole situazioni gravissime e con fatti accertati.
Poi mi domando quanto può costare un bambino in un istituto?
Sono buono, dico € 50 al giorno?
Bene; ma perché quei 50€ non li diamo alla famiglia in difficoltà che può vivere
anche se ha altri figli?
Io non ho fatto le scuole alte, solo la 5° elementare tanti anni fa, ma per me questa
sarebbe la soluzione logica; possibile che chi ha studiato non riesca ad arrivarci
con la sua intelligenza a fare questo?

venerdì 19 luglio 2019

La gente ha fame della Parola e dell'Amore del Signore amici.


Perciò, rimbocchiamoci le maniche.
Mi arriva un messaggio che mi turba parecchio amici, che dice: “Ciao, sono
Riccardo, (nome di fantasia), sono in un momento critico della mia vita; non
riesco ad andare d’accordo con mia moglie e, la colpa è solo mia, critico tutti
quelli che mi si avvicinano senza alcun motivo, sono sempre irrequieto e non
so cosa fare per poter essere tranquillo.
Per caso mi sono imbattuto attraverso un’amica, nel tuo profilo facebook, ho
letto un po di quello che scrivi e mi piacerebbe capire chi è Dio veramente,
puoi aiutarmi per favore?
Certo caro amico, non ci sono problemi, eccoti qui sotto qualche cosa che ti può
aiutare, ma prima di cominciare a leggere, ti chiedo una sola cosa, getta fuori
dalla mente tutti i problemi, fai un sospiro profondo e, ora comincia a leggere.
Poi se c’è qualche cosa che non ti convince, non chiudere lì la faccenda ma
scrivimi che cercherò di aiutarti, buona lettura.
Chi ha trovato il tesoro nascosto nel campo, ora crede.
Ha lasciato tutto per seguire questo folle Rabbì di Nazareth che svela il volto
di un Dio che ama i passerotti, che è più di un innamoramento, che semina
la Parola e non si spaventa della zizzania.
Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci insegna a Matteo, e a noi,
qualcosa di ancora più grande; questo splendido Dio ha bisogno di noi, vuole
che siamo noi a renderlo presente là dove la fame di felicità e di senso
diventano insostenibili.
Gesù ha sentito dell’arresto del Battista; si rende conto che la situazione si fa
tesa; parlare di pace e di conversione è diventato pericoloso, come in questi
fragili giorni in cui viviamo, giorni di follia e di terrore.
Gesù vuole farsi da parte, abbassare i toni, sparire ma, quando arriva in Galilea,
scopre che la folla lo ha preceduto.
Non manifesta stizza, né preoccupazione; mette da parte il buon senso e la
prudenza e si occupa della folla che è come un gregge senza pastore.
Abitudine inquietante, questa di Gesù, anche durante l’ultima cena, di fronte
agli apostoli litigiosi, e ancora sulla croce, Gesù si metterà da parte per donare
la sua parola e la sua vita.
La fame, dunque.
Fame di cibo, di giustizia, di senso e di pace.
Gesù conosce la fame, la nostra fame la vede, Dio non è sbadato, e chiede ai
Dodici di aiutarlo, di trovare una soluzione.
Panico, amici.
Ma Dio non ci serve proprio a risolvere i problemi?
Cos’è questa storia, che ce ne facciamo di un Dio che ci chiede di aiutarlo?
Cos’è la Chiesa? Una holding del sacro?
Un vecchio baraccone che custodisce antichi riti?
Una centrale del potere che tenta di salvarsi dal naufragio della modernità?
L’esperienza di Chiesa diversa che vive Matteo, racchiusa in quel gesto ingenuo e
potente dell’offrire la propria merenda al Signore perché con essa sfami l’umanità.
L’umanità ha fame, amico, proprio come te.
Fame che Dio sazia, non noi, che Lui vede, non noi, che commuove Dio
e–speriamo–un poco anche noi discepoli.
Il mosaico di luce che il Maestro vuole disegnare ha bisogno anche di noi,
a Dio (burlone!) piace di coinvolgere i suoi discepoli nel suo sogno di pace,
e Dio chiede, al solito.
Date loro voi stessi da mangiare.
Signore, noi crediamo in te e ti preghiamo e ti veneriamo, appunto per non
dover far nulla!
Noi vogliamo sempre credere in te, Dio di ogni Potenza, proprio perché tu
ci tolga dai guai e sbrogli le nostre matasse!
Non è forse l’idea di Dio che preferiamo?
Un Dio che vede la sofferenza e–come un sovrano illuminato–ascolta la
preghiera dei suoi servi e li esaudisce?
Gesù, invece, chiede collaborazione, vuole coinvolgere anche in questo momento.
Quando nella nostra preghiera chiediamo: “Signore ferma le guerre!”, Dio ci
risponde: “Tu per primo diventa costruttore di pace”; quando lo invochiamo
dicendo: “Aiuta quella persona malata”, Dio ci dice: “Tu diventa mia consolazione
per lei”, quando chiediamo: “Aiutami ad andare d’accordo con mia moglie”,
Lui ti dice: “Amala veramente con tutto il tuo cuore, tu te la sei scelta”.
Non siamo capaci, non abbiamo i mezzi, non abbiamo sufficiente fede, abbiamo
troppa zizzania nel cuore.
Ogni scusa è buona per aggirare la richiesta.
Gesù insiste; a Lui serve ciò che sono, anche se ciò che sono è poco.
La sproporzione è voluta; pochi pani e pesci per una folla sterminata; è una
situazione che produce disagio, sconforto, la stessa sensazione che proviamo
noi quando cerchiamo di annunciare la Parola, di porre gesti di solidarietà, di bene.
Incontro tanti amici nei pellegrinaggi, parliamo delle belle esperienze in quei
luoghi di pace e serenità del bel modo di vivere che aveva Gesù.
Poi si ritorna a casa e sentiranno e vivranno il contrario; violenza,
egoismo, opportunismo.
Dono il mio tempo al Vangelo,  e la gente pensa che io sia una specie di
funzionario di Dio.
Occorre arrendersi?
No; il nostro è gesto fecondo se accompagna l’opera di Dio, è segno profetico
che imita l’ampio gesto del seminatore, è icona di speranza che imita la
pazienza verso la zizzania del padrone del campo.
Animo, discepoli, coraggio amici!
Ci siamo saziati del cibo della Parola, del vino e del latte gratuito del Padre,
come profetizzato da Isaia, e sappiamo che nessuna difficoltà ci può
separare dall’amore di Cristo.
Siamo chiamati a donare quel poco che abbiamo, a condividere con inattesa
incoscienza tutto ciò che siamo, per somigliare almeno un poco a questo
Dio che riempie i cuori.
Un Dio adulto che ci crede e ci rende capaci di cambiare il volto della Storia.
Questa è la Chiesa, quella del cuore di Dio, non quella delle nostre elucubrazioni;
l’insieme di coloro che hanno conosciuto l’immensa tenerezza di Dio e che mettono
a disposizione ciò che sono, ciò che fanno, perché Dio sazi l’umanità stanca.
Ecco amico, questo è Dio nulla di più, ora sta a te fare la scelta giusta che
è quella dell’amore vero e gratuito, ama, e attraverso l’amore riuscirai a
cambiare la tua vita Fausto.