Lettera di un giovane prete al
giornalista Aldo Maria Valli.
Ecco
perché il popolo non si riconosce più nei pastori.
Cari
amici, oggi pubblico la lettera che mi è stata inviata da un giovane prete.
L’affido
alla vostra attenzione e non ho bisogno di commentarla perché mi
sembra
davvero chiara ed esplicita.
Ritengo
che il contenuto sia anche drammatico e ringrazio l’autore per avermi
scritto
con tanta passione.
Purtroppo
il sacerdote non può firmarsi perché, come mi ha spiegato, i “guardiani
della
rivoluzione” attivi nella sua diocesi gliela farebbero pagare, mentre lui
vuole
continuare a essere prete in cura d’anime.
E anche
su questa ricorrente circostanza, ovvero, che nella nostra Chiesa, nel
momento
in cui si esprimono idee non allineate con il pensiero mainstream,
sia
necessario tutelarsi con l’anonimato, bisognerebbe meditare.
Aldo
Maria Valli, vaticanista.
CARI PASTORI, RITORNATE VOI
STESSI!
Gentile Valli, sono un giovane
sacerdote di campagna e ho deciso di scriverle
per condividere una forte
preoccupazione circa il rapporto tra i nostri legittimi
pastori e il popolo di Dio formato
dai fedeli e dai noi semplici preti.
Mi sembra che in questa fase
storica il Papa e i vescovi stiano raccogliendo ciò
che da qualche anno stanno
seminando con le loro azioni e le loro parole e cioè
la separazione e la perdita di
fiducia da parte della maggioranza dei fedeli, in
particolare da parte di coloro che
partecipano regolarmente alla liturgia domenicale.
Aver schiacciato l’azione della
Chiesa sulla sola dimensione orizzontale sta
generando una grave asfissia
spirituale in un popolo che non si riconosce più in
guide che, oltretutto, appoggiano
in modo manifesto poteri e persone che da
sempre minacciano la fede e le
radici spirituali della nostra Europa nonché
l’antropologia cristiana.
La cosa che più mi preoccupa è che
la Chiesa nelle sue alte gerarchie sembra
ignorare completamente questo
distacco e questo dissenso sempre più ampio
e profondo.
Quelle guide che, ad intra, non
fanno che osannare i laici quali salvatori della
Chiesa del domani, sono le stesse
che poi, ad extra, accusano i laici di irresponsabilità
e razzismo se non seguono una certa
linea che esse pretendono di imporre dall’alto.
Il problema di questo pontificato
mi sembra stia qui: è amico dei nemici
e nemico degli amici.
Ma proprio per questo sta
stufando.
E la pazienza, anche dei più
bendisposti, si sta esaurendo.
L’esito è che ci si sente
abbandonati da chi ci dovrebbe difendere, da chi sembra
apprezzare molto i Soros, gli
Scalfari e le Bonino ma non si ricorda dei semplici
fedeli che chiedono di essere
confermati nella fede.
Un vecchio proverbio popolare
insegna: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”.
Possibile che alle gerarchie,
tranne poche eccezioni, non entri neppure nell’anticamera
del cervello l’idea che c’è
qualcosa che non torna nel godere di certi consensi e
nel condividere le battaglie con
chi da sempre si batte per la cancellazione di Dio
dal nostro cuore?
Possibile che i nostri pastori
stiano così bene in compagnia di chi professa, nel
migliore dei casi, un umanesimo
ateo che ha tra i suoi dogmi la promozione di
presunti “diritti” incompatibili
con la nostra fede?
Possibile che i nostri pastori si
sentano tanto a loro agio nell’avere come compagni
di strada coloro che professano una
“salvezza senza Vangelo”?
I risultati di queste ultime
elezioni hanno sancito in modo evidente che la
separazione tra i pastori e il
popolo di Dio è ormai una tragica realtà, peggiorata
dal fatto che le gerarchie a quanto
pare non ne vogliono prendere atto.
Nella testa dei pastori, e proprio
da parte di coloro che a parole vogliono apparire
tanto “popolari” e con l’odore
delle pecore addosso, in realtà c’è sempre l’idea,
tipica degli illuminati e dei
clericali, che il popolo, quando decide in modo diverso
dalla linea indicata
dall’intellighenzia modernista e progressista, “non capisce”.
Ma come fanno a non rendersi conto
che le pecore, quelle vere, hanno già
voltato loro le spalle e ormai
dicono senza remore: cari pastori, per noi siete
irrilevanti, non contate nulla;
Dio è con noi, non con voi!
Non sono uno storico della Chiesa,
ma credo che raramente la separazione tra il
popolo e il basso clero da una
parte e l’alto clero dall’altra sia stato così marcato
come ai nostri giorni.
Noi, semplici preti e semplici
fedeli, non chiediamo una “rivoluzione”, un “cambio
di paradigma”, una “Chiesa di
Francesco”.
Siamo stanchi di vuote parole e di
slogan ideologici.
Chiediamo solo la fedeltà al
Vangelo e l’annuncio della salvezza donataci da Gesù Cristo.
Non vogliamo una Chiesa il cui
obiettivo sembra essere quello di farci sentire
in colpa se non ci schieriamo a
favore dell’apertura dei porti e dell’accoglienza
indiscriminata e dissennata a
tutti i migranti.
Non vogliamo una Chiesa che ci
mette ossessivamente sotto accusa se non ci
diciamo a favore del dialogo ad
ogni costo con i musulmani e se, seguendo
l’invito di Gesù, facciamo
proselitismo.
Non vogliamo una Chiesa che ci fa
sentire come dei reietti se non votiamo per
i partiti appiattiti sui diktat
dell’Unione europea.
Non vogliamo una Chiesa che ci
accusa di essere “senza cuore” quando restiamo
quanto meno perplessi di fronte al
gesto irresponsabile di un elemosiniere pontificio,
quando vediamo il nostro Papa
sorridere soddisfatto ricevendo in dono un crocifisso
blasfemo con la falce e il
martello, quando lo sentiamo dire che non si interessa
della politica italiana e che quel
poco che sa lo apprende leggendo l’Espresso.
Siamo stanchi.
Cari pastori, non vi dovete
certamente meravigliare se, come esito finale del
vostro essere sempre dalla
parte sbagliata, vi ritrovate un popolo che non vi
considera più come guide
attendibili e va alla ricerca di altri punti di riferimento.
E non potete fare spallucce dicendo
che tanto quello non è il “vostro” popolo.
Non è vero!
Questo popolo stanco e disorientato
è il vostro popolo!
È un popolo che si commuove quando
pensa a san Giovanni Paolo II e a
Benedetto XVI e non si capacita
della situazione attuale.
Un popolo che ama e soffre per la
Chiesa, perché la vede in balia di forze che
nulla hanno a che fare con la
tradizione cristiana.
Un popolo che, nonostante tutto,
osa guardare in alto sperando in un miracolo,
perché ai miracoli questo popolo
ancora crede.
Un giovane
prete!