venerdì 29 gennaio 2016

Madre Speranza ci insegna ad essere umili.

Scema, ma non troppo.
Il vescovo claretiano di Pasto, 
in Colombia, aveva fatto
pubblicare nel bollettino della sua 
diocesi un fatto sensazionale.
Gli si era presentata in bilocazione 
una religiosa spagnola, di nome 
Speranza, dandogli urgenti avvisi 
da parte di Dio.
Sparsasi la straordinaria notizia, dall’America venivano al convento per conoscere e consultare la suora che
faceva miracoli, (in spagnolo; milagrera).
Quando Padre Antonio venne a sapere che il giorno
dopo, la sua penitente avrebbe ricevuto il governatore
di Pasto, di passaggio per Madrid insieme alla prima
dama e all’illustre seguito di gente altolocata, ebbe
una “geniale idea” per potarle la vanagloria.
Lei stessa racconta, con raffinato umorismo, come
si svolse la storica visita.
“Allora, mia cara sorella, domani arriveranno gli
illustri personaggi per visitarla…”.
“Se lei è d’accordo, padre, io fuggo da Madrid, vado
a Vicàlvaro o a Tremp, o dove lei desidera…”.
“No, figlia, no!
Io desidero che ti vedano, ma tu dovrai fare la parte
della scema”.
“Ok, padre, per fare questa parte bisogna essere o molto
artisti o veramente tonti, altrimenti la commedia non
riesce bene…e io non so fare questa parte…”.
“Sì, sì, figlia.
Il Signore ti aiuterà!
Quando arriveranno i visitatori, una suora aprirà loro
la porta e tu ti farai trovare seduta, mordicchiando un
tozzo di pane secco, tutta smollicata e sbavata…”.
Per concludere il racconto della storica esperienza,
la Madre aggiunse col suo abituale umorismo: “Quando,
finalmente, arrivò quella gente importante che non mi
conosceva ancora, vide “l’ecce homo” di suor Speranza
ridotta in quel miserabile modo.
Io cercai di fare la mia parte il meglio possibile ma,
penso, nessuno credette che ero veramente scema…!”.
La Serva di Dio ci ha lasciato questi “meravigliosi
racconti” per invogliarci a percorrere il cammino della
santità evangelica, seguendo Gesù in contromano
rispetto alla mentalità di questo mondo e passando
con Lui per la “porta stretta” che conduce alla vita.
Il suo padre spirituale che, oltre ad essere un santo era
anche un “santero” (artista che scolpisce le statue
dei santi), l’aiutò assai nella santificazione e nello sforzo
ascetico, sottoponendola a prove eroiche, come abbiamo
potuto costatare, affinchè acquistasse, a duro costo, le
preziose virtù della pazienza, dell’umiltà e dell’obbedienza.
Lei stessa, ripensando all’epoca della sua gioventù,
anni più tardi confesserà: “Avevo un “caratterino” duro
e ribelle, così difficile da disciplinare…!”.
Ed allora, preghiamo con Madre Speranza.
“O mio Gesù, con la tua grazia, sono disposta a soffrire
con gioia tutto ciò che desideri mandarmi e permetterai
che mi facciano.
Concedimi molta carità e aiutami a piegare

la mia superbia: Amen”. 

lunedì 25 gennaio 2016

Messaggio da Medjugorje della Madonna a Marija

Messaggio, 25. gennaio 2016
"Cari figli! Anche oggi vi invito alla preghiera.
Senza preghiera non potete vivere perché la preghiera
è la catena che vi avvicina a Dio.
Perciò, figlioli, nell’umiltà del cuore ritornate a Dio e ai
Suoi comandamenti per poter dire con tutto il cuore:
come in cielo così sia fatto anche sulla terra. Figlioli,
voi siete liberi di decidervi nella libertà per Dio o
contro di Lui.
Vedete come satana vuole trarvi nel peccato e nella schiavitù.
Perciò, figlioli, ritornate al Mio Cuore perché Io possa
guidarvi a Mio Figlio Gesù che è Via, Verità e Vita.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

domenica 24 gennaio 2016

A cosa serve il look? A niente.

Portinaia al cioccolato.
Questo episodio è avvenuto nella casa madrilena
di Vicàlvaro.
Speranza ci teneva alle scarpe lucide e a indossare con
cura l’abito religioso, il velo la pettina bianca ben inamidata,
che incorniciava il volto delle religiose claretiane.
Un giorno, però, le venne un dubbio: “Il Signore sarà
contento di questo o non sarà piuttosto una eccessiva
preoccupazione mia per l’estetica?”.
Andò a togliere i suoi dubbi dal direttore spirituale che
le domandò: “Ma non c’è una suora incaricata di stirare
tutti gli abiti e le pettine?”.
“Sì, padre, ma lo fa così male e con poco gusto…”.
Padre Antonio, apparentemente le diede ragione, ma
dopo aver consultato la superiora, le impose
un “esemplare” castigo pubblico.
“Guarda, sorella, per un mese farai tu la portinaia
del collegio.
Però devi presentarti con la pettina bianca sporca
di cioccolata.
Hai capito?”.
Io la sporcai un po’, ma lui, il giorno dopo, passando in
portineria mi vide e mi disse: “No, no; sporcala di più,
molto di più!”.
“Dovetti fare la portinaia un mese intero in quelle
pietose condizioni…”.
Concluse la narrazione di questo “esemplare fioretto”,
con un commento finale: “Così mi sono scomparse tutte
le voglie di perdere il tempo in una eccessiva cura
delle apparenze!”.
E noi che ci teniamo tanto al “look di facciata”.


giovedì 21 gennaio 2016

STORIA DEL POZZO DI MADRE SPERANZA E LE SUE OPERA A CURA DI BENFATTI BRUNO

Speciale MADRE SPERANZA - Parte I - I Luoghi

Il miracolo che ha reso beata Madre Speranza

Altri ricordi della Beata Madre Speranza

L’ombrello rotto e la suora matta.
Questo episodio risale al 1926, quando stava a Madrid.
La Madre lo ricordò alle sue figlie, un pomeriggio.
Entrò nella sala della Casa della Giovane dove le suore
erano intente nel lavoro di maglieria.
Come al solito, andava salutando, sorridendo, avvicinandosi
a una, a un’altra, poi: ”Ave Maria Purissima!
Su, figlie, rompere le file!”.
E divertendosi un mondo, cominciò a lanciare in aria
manciate di caramelle che estraeva dall’ampio grembiule.
Alle suore non sembrava vero.
Tutte scattanti cercavano di prenderle al volo, con abilità,
a volte urtando le “capocce”, o cadendo a terra per
raccogliere quelle cadute sul pavimento.
La Madre godeva vedendole.
L’ambiente vibrava di contagiosa e innocente allegria.
Quando il clima si calmò, suor Candida, volendo
approfittare del tempo della ricreazione, le propose:
“Madre, raccontaci la storia dell’ombrello rotto”.
Tutte le altre, in coro, concordarono all’istante e in un
attimo, si sedettero in cerchio facendo prigioniera la
Fondatrice che si vide obbligata ad arrendersi.
Cominciò così a narrare: <<Ero, allora, una giovane
suora claretiana e ricordo che un giorno, da Vicàlvaro,
venne la madre generale e mi disse: “Suor Speranza,
vada con questa sorella a San Carlos per accompagnarla
dal medico”. “Va bene”.
E siccome pioveva molto, mi diede il suo ombrello.
Quando mi resi conto che l’ombrello era tutto rotto,
le dissi: “Madre, devo andare con questo ombrello?”.
“Se ci sono venuta io, perché tu no?”.
Per evitare una figuraccia, girando per Madrid, preferii
bagnarmi tutta pur di non aprire quell’ombrello così malridotto.
Il giorno dopo venne Padre Antonio Naval, mio direttore
spirituale, e gli raccontai quanto mi era successo.
E lui commentò: “Le pare giusto?
Cosicchè lei si è fatta suora per non obbedire alla
sua superiora?”.
Dopo essersi allontanato, me lo vedo comparire da lì
a poco, con un enorme ombrellone a strisce rosse e verdi,
di quelli che i contadini aprono sopra il carro quando
vanno vendendo il vino.
Mi si avvicina e mi dice: “Speranza, il percorso che hai
fatto ieri con l’ombrello chiuso, lo devi ripetere oggi,
con questo, ma aperto!”.
“Ma con questo sole?”.
“Sì, sì, sorella!”.
“Ma non ho nemmeno la forza di sostenerlo…!”.
“Coraggio, il Signore, te la darà…”.
Figlie mie, dovetti percorrere le vie centrali della capitale,
in un giorno splendido di sole, con quell’ombrellone
aperto, così grande che per sostenerlo lo dovevo
stringere con tutte e due le mani.
La gente mi guardava con compassione, scuotendo il capo.
Deve aver pensato: “È una suora ancora giovane, ma,
purtroppo, non ci sta più con la testa; poveretta.
Lascio a voi immaginare la scena descritta, la forza
comica dell’artista, rivivendo “l’avventura” e le risate
incontenibili delle suore.




sabato 9 gennaio 2016

Ciao amici, da due mesi non scrivo, il motivo è semplice,
dal 3 di Novembre 2015 fino ad oggi siamo stati al
Santuario dell’Amore Misericordioso, bellissima esperienza,
dall’apertura della Porta Santa a tutte le festività passate
in un clima si pace e serenità, incontrando tante persone
nuove ed anche amici di vecchia data, poi una sorpresa
gradita, il 23 Dicembre sono venuti al Santuario mio figlio,
la sua compagna e mio nipote per farci gli Auguri, non è
poco, fare 430 Km per gli auguri, vuol dire che per loro
siamo ancora importanti, perciò li ringrazio ancora una
volta per il bellissimo gesto.
Ora riprendo a scrivere tutti i giorni il Vangelo per chi
si prende la briga di venirlo a leggere.
Ma anche se in ritardo vi faccio gli Auguri come ho fatto
a tutte quelle persone che avevo il numero del cellulare.

Per il Santo Natale: “Maria guarda Giuseppe e insieme
guardano Gesù e pensano; questo è nostro figlio.
È Dio e ci assomiglia.
Un Dio bambino che si fa prendere fra le
braccia e coprire di baci.
Un Dio caldo che sorride, respira, un Dio che
si può toccare e che fa tanta tenerezza.
Spero sia così anche per tutti voi, non solo nelle
famiglie con i figli, ma il Gesù bambino è anche
nel nostro compagno o compagna di vita o anche
in nostro marito o moglie, in ognuno di noi c’è un Gesù
bambino per chi ci sta accanto nella nostra esistenza.
Ecco il nostro augurio; un Santo Natale di amore,
serenità e pace, con affetto da Fausto e Bertilla.

Per Capodanno: “Pace, salute e serenità sono gli
ingredienti per far rifiorire l’amore; il tutto condito
con la tenerezza di Gesù; ecco il nostro augurio per
il Nuovo Anno, con affetto da Fausto e Bertilla.