sabato 2 dicembre 2017

Il Vangelo della 1° Domenica di Avvento 3 Dicembre 2017

Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37) anno B.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate,
perché non sapete quando è il momento.
È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere
ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla
sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che,
giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Parola del Signore.
Buon anno! Passato bene la fine dello scorso anno? Salutato Matteo?
No, non sto sclerando, ma è che proprio abbiamo iniziato l’anno nuovo,
quello liturgico intendo.
Da dicembre a dicembre, da Avvento ad Avvento, camminiamo lungo la
storia (la mia e del cosmo) nutrendoci alla parola e Marco ci accompagna
quest’anno, lui che ha scritto il suo Vangelo per i cristiani di Roma, dietro
suggerimento e supervisione di Pietro, ci avvicinerà in modo schietto e diretto,
senza troppe elucubrazioni, alla travolgente esperienza del pescatore diventato Papa.
Oggi inizia l’Avvento; quattro settimane “per la verità sono 3 e mezza giornata”,
di preparazione al Natale.
D'altra parte il Natale già si sente nell'aria; le vetrine si addobbano, si installano
le luminarie nelle vie del centro, panettoni in tv.
Eppure attenti; se ci prepariamo è proprio perché il rischio più grosso che
corriamo è quello di celebrare il solito Natale, pieno di bontà, di luci, di presepi,
ma che, comunque, non cambia le nostre scelte, non incide nella nostra vita,
se non con qualche lieve incrinatura delle nostre emozioni.
In questi ultimi decenni abbiamo assistito alla nascita del non-Natale, che
non fa nascere nulla e niente, che si contenta di diventare un sacrificio al
moloch dell’economia e della stucchevolezza, dei buoni (insopportabili) sentimenti.
Come cristiano, fremo vedendo Dio che si fa uomo ridotto a celebrazione stanca
e piena di tristezza per chi soffre, mi indigno quando vedo il vecchiardo
Babbo Natale (brava persona, per carità, buone origini–San Nikolaus–rovinato
dalla TV!) corrompere i bambini con regali per far loro dimenticare il piccolo
bambinello di Nazareth.
Riusciremo a sopravvivere alla melassa dei buoni sentimenti, a lasciarci
percuotere come un pugno sulla testa dalla venuta di Dio?
Si romperà la crosta che ci si forma nell’anima a causa dell’abitudine per
stupirci davanti alla provocazione del Dio assoluto e immenso vagire nudo in
braccio a una ragazzina di quindici anni?
Il Natale 2017 ci aiuterà–ancora e ancora–a svegliarci?
E proprio di sbadigli si parla nel primo Vangelo di quest'anno liturgico.
La prima cosa che Marco di dice, in preparazione al Natale è proprio quella
di stare attenti a non addormentarci, a vigilare, a stare svegli, perché il
Signore sta per tornare.
Che storia è mai questa? Quando mai ronfiamo?
La nostra vita travolta dal lavoro, altro che dormire! Appunto.
Due le venute del Signore che aspettiamo; quella definitiva, nella pienezza
dei tempi, del Cristo glorioso, e quella nella storia di ciascuno di noi.
Aspettiamo che torni, dunque, che concluda questa storia, come abbiamo
celebrato domenica scorsa nella solennità di Cristo Re.
Ma davvero lo aspettiamo?
L'altra venuta del Signore che celebriamo è quella che ciascuno attende
nella propria vita.
La fede, lo dico spesso, è incontro personale con il Signore Gesù.
Attenderlo significa percepire le sue molteplici presenze sul nostro cammino,
ma il rischio è quello di addormentarsi; e in questo, amici, il nostro tempo
è un gigantesco sonnifero; corriamo il rischio di vivere tutta la nostra vita
nella dimenticanza, nella superficialità, nella fretta, ansiosi di trovare un po
di tempo per riposarci e ripartire.
Il paradosso è di fare i cristiani tutta la vita senza mai incontrare la presenza di Dio!
Ecco allora il tema della veglia, dello stare desti, dell'aderire alla realtà,
dell'accogliere la venuta.
Potremmo chiamarlo in altro modo questo atteggiamento; autocoscienza,
per usare una categoria del profondo, o illuminazione, per attingere ad
altre esperienze di Dio.
Ma la sostanza è la stessa; non farsi ingannare, non farsi intorpidire dalle
cose intorno a noi che ci distolgono dall'essenziale, per andare in profondità
dentro noi stessi.
Lasciamoci aiutare dalla preghiera che celebriamo nel giorno del Signore,
per vivere sempre più coscientemente la nostra vita, senza lasciarci vivere.
Che ciascuno di noi si prepari al Natale, pur nella “notte”, simbolo di fatica,
di sofferenza, di incoerenza, con l'atteggiamento di chi è pronto ad accogliere
la venuta del Signore.
Buon Avvento a tutti voi amici, Fausto.

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