E’ Risorto amici.
Voi cercate Gesù
Nazareno, il crocefisso, non è qui!
Oggi celebriamo il più straordinario mancato appuntamento della storia,
Oggi celebriamo il più straordinario mancato appuntamento della storia,
oggi celebriamo
la più sconcertante notizia del vangelo, oggi affondiamo
le radici (e il
cuore) nell’Assoluto di Dio.
Ci siamo trovati
tre giorni, lungo la settimana, per ripercorrere gli ultimi
drammatici
avvenimenti della vita di Gesù.
Abbiamo meditato
il suo silenzio, ci siamo stupiti del suo dubbio, siamo
inorriditi davanti
all’ennesima ingiustizia commessa ai danni di un uomo
buono e
solidale.
Come gli
apostoli siamo fuggiti inorriditi e ci siamo rifugiati nei meandri
della nostra
frenetica vita davanti alla violenza degli uomini, di fronte
all’insostenibile
morte politicamente scorretta del Nazareno.
Bene, fine
dell’avventura spirituale, fine dell’emozione mistica, è stata una
bella
esperienza, ci ha dato delle belle cose, poi, però, ci siamo dovuti
arrendere
davanti a quella pietra che bloccava la tomba, ci siamo fermati
di fronte
all’evidenza; l’uomo non cambierà mai, la storia–allora come oggi–sarà
sempre in mano
agli arroganti.
Un clima di
mestizia e di disincanto si respira nelle pagine del vangelo dopo il
grande trauma
della crocifissione del Rabbì.
Ma ora, oggi, è tutto cambiato.
Ma ora, oggi, è tutto cambiato.
Alcune donne
delle nostre sono tornate affannate; andate ad imbalsamare Gesù,
ultimo segno di
rispetto verso il Maestro, non lo hanno trovato, è scomparso.
Gesù è risorto, amici, semplicemente.
Gesù è risorto, amici, semplicemente.
Non rianimato,
né tantomeno reincarnato, no, è proprio risuscitato.
La gioia dilaga,
la fine diventa un inizio, la luce comincia a farci capire,
a riscaldare il
cuore.
E questa notizia
è arrivata fino a noi oggi, ci ha fatti alzare stamani, ci ha fatto
radunare insieme
alle comunità, ci riempie la vita.
Se Gesù è
risorto allora significa che non è stato solo un grande uomo, allora
significa che
davvero Egli era ciò che diceva di essere, significa che Egli è
presente insieme
a noi, con noi.
Pasqua, amici, Pasqua.
Su quella tomba
vuota, su quella pietra che non è riuscita a bloccare la
presenza di Dio
si fonda la nostra intera speranza, la speranza di milioni
di uomini che
lungo la storia hanno creduto al vangelo.
Ma non è evidente la resurrezione, anzi si resta come spiazzati nel leggere i vangeli.
Ma non è evidente la resurrezione, anzi si resta come spiazzati nel leggere i vangeli.
Ambiguità, paura
e dubbio contraddistinguono i racconti della Pasqua.
Marco–addirittura–che
abbiamo letto questa notte scorsa trancia il suo
vangelo sulla
paura delle donne di ritorno dal sepolcro.
Non è facile credere,
né evidente.
Evidente la
crocifissione, evidente il sangue e la testimonianza, evidente
e sconcertante
l’urlo di sofferenza ma la resurrezione no, è tutt’altro affare,
è questione di
fede, non di evidenza.
I racconti della
resurrezione e delle apparizioni del risorto entrano nella
dimensione della
discrezione e della conversione, della serenità e della pace,
ma anche dello
sconcerto degli apostoli e della loro (e nostra) fatica a risorgere.
Forse perché è difficile condividere la gioia di qualcun altro.
Forse perché è difficile condividere la gioia di qualcun altro.
Sentiamo
solidale il crocifisso, ci identifichiamo, ognuno di noi ha vissuto o
vive
un’esperienza di dolore, di sconfitta.
Abbiamo maturato
una grande devozione al dolore di Dio, e giustamente.
Ma troppo spesso
siamo fermi a quel dolore, come i discepoli di Emmaus,
quasi
compiaciuti della dimensione del patire.
Conosco troppi
cristiani fermi al venerdì santo, accampati sotto la croce,
troppo legati al
proprio dolore per accorgersi che Gesù è risorto.
No, amici, è
tempo di abbandonare il dolore, di non amarlo, di redimerlo.
La gioia
cristiana è una tristezza superata, la gioia cristiana è guardare delle
bende e vedere
il corpo trasfigurato che avvolgevano, vedere una tomba
vuota e capire
che sì, davvero il Signore è risorto.
Avremo ora cinquanta giorni (e la vita) per convertirci alla Pasqua, per
Avremo ora cinquanta giorni (e la vita) per convertirci alla Pasqua, per
abbandonare il
dolore, nostro e di Dio.
Avremo cinquanta
giorni per ridirci che dopo la croce, ogni croce, ci aspetta
la speranza
della vita nuova in Cristo.
Se davvero siamo
risorti con Cristo, cerchiamo le cose di lassù, viviamo da risorti!
Santa Pasqua a
tutti voi amici, Fausto.
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