martedì 30 aprile 2019

Ricordando San Giuseppe lavoratore


Una riflessione su Giuseppe il lavoratore giusto.
Giuseppe sta organizzando casa per accogliere Maria.
È un bravo ragazzo, un onesto lavoratore ed è sufficientemente devoto,
insomma; un buon partito.
È contento di accogliere Maria, che è una ragazza timida ma decisa,
gentile e di bell’aspetto; molti lo considerano fortunato di avere in
sposa la piccola adolescente di Nazareth.
In questo clima di festa matrimoniale, arriva la doccia fredda.
Matteo, tutela della privacy, non ci spiega come Giuseppe sia venuto
a conoscenza della gravidanza di Maria.
Dubito che si siano incontrati, forse è stata la madre Anna a comunicargli
la notizia, chissà.
Possiamo, però immaginare la notte insonne di Giuseppe, la peggiore
della sua vita.
Ma come? Maria? La mia piccola Maria?
E chi sarà il padre?
Io che pensavo fosse una così brava ragazza!
Che stupido sono stato!
Ma ci sarà una ragione, qualcuno avrà abusato della sua gentilezza.
Giuseppe non riesce a prendere sonno, si gira e si rigira sul giaciglio,
come fa la porta sui cardini, come dice la Scrittura (Pr 26,14).
Ma, oltre alla profonda ferita di un amore tradito, Giuseppe deve
affrontare l’incubo del futuro.
Cosa deve fare?
A norma di legge, Giuseppe deve svegliarsi e radunare altri uomini della comunità
dicendo che quel bambino non è suo, e subito Maria sarà lapidata a morte.
Per essere un buon credente e un devoto, deve uccidere Maria.
(Non è folle che, a volte, gli uomini compiano cose orribili in nome di Dio?).
Ma, grazie al cielo, quest’usanza non è più praticata, al tempo di Gesù.
Giuseppe deve informare il rabbino del fattaccio e ripudiare la futura sposa, che
rimarrà a casa dei propri genitori piena di vergogna, segnata per tutta la vita.
E, a questo punto, succede l’incredibile.
Giuseppe, che è un giusto, trova una soluzione.
Mentirà.
Dirà che si è stancato di Maria, la ripudierà, salvandole l’onore.
Certo, nessuno prenderà più in sposa una donna che ha avuto un figlio
da un altro uomo, ma, almeno, girerà a testa alta nelle strade di Nazareth.
Giuseppe è grandioso; non rispetta la Legge attribuita a Dio
e decide di mentire.
Matteo ci dice che Giuseppe è giusto.
A volte la legge di Dio, quella autentica, passa attraverso la trasgressione
della legge degli uomini, quella attribuita a Dio.
Giuseppe è giusto come Dio è giusto, perché non giudica secondo le
apparenze, perché si sacrifica, supera il suo orgoglio di maschio
ferito, e salva Maria.
Immenso Giuseppe, falegname abituato a riconoscere l’essenza di un legno,
a piallare un’asse, non ad inseguire fini ragionamenti che lo mettono in crisi!
Ha deciso, anche se continua a non prendere sonno.
E, proprio quando ha scelto di salvare Maria, quando si è dato pace, quando
ha superato il proprio orgoglio, arriva, in sogno, un angelo che lo rassicura.
Va tutto bene, gli dice l’angelo, hai a che fare col mistero.
Fai bene a fidarti di Maria, è prodigioso ciò che le è capitato, colui
che porta in grembo non è il figlio di un altro uomo, ma di Dio stesso.
Maria lo partorirà e tu, Giuseppe, gli darai il nome, cioè l’identità,
il carattere, l’educazione e gli insegnerai un lavoro.
A Maria l’angelo chiede di collaborare.
A Giuseppe l’angelo chiede di insegnare a Dio a diventare uomo.
E gli insegna l’unico mestiere che sa fare bene, il falegname.
Anche lui, Giuseppe, deve cambiare la sua vita, i suoi desideri, le sue scelte,
adeguarli all’evento improvviso di un Dio che decide di diventare uomo.
Giuseppe obbedisce.
Si sveglia e prende con sé Maria.
Leggo e rileggo questa conclusione sconcertante.
Si alza e obbedisce.
Non fa commenti, non approfondisce ulteriormente, si fida e basta,
accetta e accoglie.
La sua vita, ora, è radicalmente cambiata, ma va bene così;
ha a che fare con il mistero di Dio.
Si amici, il Signore ha imparato prima di tutto un lavoro,
glielo ha insegnato Giuseppe.
È un onore prima di un dovere lavorare per la propria famiglia,
anche Dio lo ha fatto.
Buona festa del lavoro amici, Fausto.




giovedì 25 aprile 2019

Messaggio della Madonna di Medjugorje


Messaggio, 25 Aprile 2019

Cari figli!
Questo è tempo di grazia, tempo di misericordia per ciascuno di voi.
Figlioli, non permettete che il vento dell’odio e dell’inquietudine regni
in voi e attorno a voi.
Voi, figlioli, siete invitati ad essere amore e preghiera.
Il diavolo vuole l’inquietudine e il disordine ma voi, figlioli, siate la gioia
di Gesù Risorto il quale è morto e risorto per ciascuno di voi.
Lui ha vinto la morte per donarvi la vita, la vita eterna.
Perciò, figlioli, testimoniate e siate fieri di essere risorti in Lui.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

martedì 23 aprile 2019

La mia lettera a Giuda.


Vogliamo sempre farci gli affari degli altri. Anche Giuda, forse.
Abbiamo già passato la Settimana Santa, Gesù è risorto, e come logica
siamo tutti felici e contenti.
Ma purtroppo da me la logica non esiste, vengo stuzzicato da un interlocutore,
(chiamiamolo così perché non voglio mettere il nome per la praivasi), che aveva
assistito ad un incontro formativo cui avevo partecipato, il quale aveva come tema
il tradimento.
Bellissimo argomento, naturalmente abbiamo iniziato con i tradimenti antichi o se
vogliamo disobbedienze, per soffermarci poi sul tradimento di Giuda.
Quella sera avevo portato una mia tesi appunto su quel tradimento, la quale diceva
che Giuda secondo me non è stato un traditore, ma piuttosto un ingannato, un ingenuo.
Apriti cielo, critiche a non finire, fortunatamente un giovane sacerdote prende la
parola e dice: “Hai ragione Fausto, la tua tesi può essere giusta, però ci devi spiegare
il perché”.
Io spiego il più chiaro possibile il perché e tutto si tranquillizza fortunatamente.
Ritorno al mio interlocutore che era presente e non ha avuto il coraggio di intervenire.
Alcune sere più tardi, mi interpella attraverso facebook, ed è altamente arrabbiato
con me, mi dice subito che non conosco assolutamente il Vangelo, che non capisco
un cavolo della fede ed è meglio per gli altri se non partecipo ad incontri di quel
tipo e che non posso stravolgere il Vangelo.
Ho preso paura, sembrava che avessi ammazzato un’altra volta il Signore.
Signur, perché tutti a me, non lo so, mi sembra di essere come la c…a, che attira
le mosche, è forse perché ho tanta pazienza?
Ma anche quella può esaurirsi.
Senti Signore, dimmelo se sbaglio, visto che ho voluto difendere le tue scelte;
se non sbaglio, Giuda lo avevi scelto Tu, grazie.
Hai pregato un’intera notte prima di sceglierlo, e lui ti ha seguito per tre anni,
giorno e notte.
Non credo che da un momento all’altro sia diventato una disgrazia.
Credo che troppo spesso Giuda sia stato liquidato dalla predicazione cattolica come
la macchietta del tradimento, il prototipo del disgraziato, il simbolo del male, come
fosse l’unico artefice della fine di Gesù.
Siamo dei cattolici da strapazzo, pronti solo a incolpare gli altri, anche di colpe
nostre; bravi un applauso.
No, Giuda non è un traditore, ma un discepolo che scivola nella caligine.
Noi discepoli, che puntiamo il dito verso Giuda, siamo sicuri di essere dei puritani,
siamo sicuri di non commettere nessun peccato?
Sinceramente non lo so, anch’io non me la sento di puntare il dito!
E come Gesù dico; chi è senza peccato scagli la prima pietra; ma dove sono,
non c’è più nessuno?
No Signore sono scappati tutti!
Bene allora siamo a posto!
Vorrei proprio vedervi tutti se avete il coraggio di scagliare la prima pietra,
ipocriti e falsi, sapete solo lavarvi la bocca con sentenze.
No, Giuda non è un traditore, è stato ingannato, da chi?
Dai sacerdoti del tempo, proprio loro lo hanno fregato, l’unica sua colpa è
quella di essere stato un ingenuo.
Invece Giuda ci è prezioso; perché, perché ci assomiglia, perché svela che
dietro ogni discepolo c’è il rischio di un abbandono, di un disastro, di un
fallimento, il mio, il vostro, quello di tutti noi.
Perciò, parlare del percorso di Giuda significa entrare in una dimensione
di umiltà, in cui non siamo certi della nostra salvezza, né ci vantiamo
della nostra fede.
Perché, vedete, se uno dei dodici che ha guardato Gesù negli occhi, che ha
visto i lebbrosi guarire e i ciechi tornare a vedere, che ha masticato il pane
della moltiplicazione, è caduto in quel tranello, quanta umiltà dobbiamo
mettere nel nostro discepolato!
Se guardiamo al Vangelo di Giovanni, scopriamo una rabbia verso se stesso
quando parla di Giuda, perché il fallimento di un discepolo, è una ferita per
tutta la Chiesa, per tutta la comunità, la rabbia di Giovanni dipende dal non
aver saputo capire e fermare la deriva di uno di loro.
Cosa aveva in mente Giuda?
Innanzi tutto il suo ruolo è marginale.
I sacerdoti avevano già deliberato di uccidere Gesù.
Devono solo trovare Gesù da solo, perché avevano paura della sommossa
del popolo.
Ecco a cosa è servito Giuda, a far capire a loro chi era.
Guardate che Giuda si è accordato con i sacerdoti; semplicemente perché
voleva che Gesù si incontrasse con loro per spiegarsi, in effetti Gesù, non si
era mai incontrato con i sacerdoti.
Pensava che riuscissero a capirsi a spiegarsi per collaborare, ecco cosa voleva Giuda.
In effetti, non gli ha chiesto soldi per l’informazione, sono stati loro
a darglieli, come ricompensa.
Poi quando troppo tardi, ha capito di essere stato ingannato, li ha restituiti; lui,
i soldi bagnati di sangue non li ha voluti.
È sempre così, il male.
Si vende come bene, o come male minore.
È sempre così; inganna, crea zone di grigio, non è riconoscibile.
Nessuno di noi berrebbe a una bottiglia etichettata come veleno!
Il male si presenta sempre come un possibile bene.
Ogni nefandezza ha avuto, all’origine, qualche buona ragione.
Per Giuda la buona ragione è aiutare Gesù a manifestare la sua vera identità,
forzargli la mano, costringerlo a uscire dalle riservatezze e, così, essere
riconosciuto dal Sinedrio.
Che però, non ha alcuna voglia di accogliere un Messia.
Figuriamoci uno strampalato come Gesù, che vuol condividere.
Scherziamo!
Giuda non voleva far arrestare Gesù, abbiamo detto, le cose non vanno come
pensava, è inorridito nel vedere quello che stava succedendo, corre dai sacerdoti,
li supplica, getta i denari per terra, non li vuole, non erano questi i patti, mi avete
imbrogliato, non c’è stato niente da fare, ormai la frittata era fatta.
Non me lo posso perdonare, non sono riuscito a capire quello che Lui voleva fare,
ero troppo lontano da Lui, non posso essere perdonato.
Giuda si toglie la vita, si, ma dalla disperazione.
E noi vogliamo dargli del traditore; ironia dei cristiani.
In quel gesto, c’è tutta la nostra colpevolezza di quando cadiamo nel peccato,
ma ancora abbiamo il coraggio di puntare il dito verso Giuda e dire; traditore!
No, Giuda, io non punto il dito contro di te, non me la sento di mettere il peso
delle mie colpe sulle tue spalle, in quella colpa, centro anch’io tantissimo,
scusami se non ho avuto il coraggio che hai avuto tu, quello di ritornare al Sinedrio
a reclamare per l’imbroglio subito, avevo troppa paura e sono andato a nascondermi.
Però, lasciami farti un rimprovero, perché caspita non hai risposto al richiamo di
Maria, Lei era venuta a cercarti, come ha fatto con noi, non ti ha abbandonato al
tuo destino, sei tu che non ti sei fatto trovare.
Perché!
Solo quello voglio sapere; Perché!
Guarda che Gesù ti avrebbe perdonato, come ha fatto dalla Croce con tutti noi.
Scusaci, Giuda, se non siamo stati capaci di aiutarti, di starti vicino, ecco il
nostro dramma.
Ecco caro amico interlocutore, io la penso così, attento però che della caligine
ce né per tutti e ci si sporca pure.
Logicamente non mi ha più scritto, forse, dico forse, ha scoperto di avere più
colpe di Giuda, forse.
Nessuno può giudicare, solo il Signore lo può fare, ed invece di giudicarci ha
preferito dare la sua vita per la nostra salvezza.
Un saluto a tutti voi amici, e per questo che ho scritto; non giudicatemi, Fausto.

martedì 16 aprile 2019

Che cos'è l'Amore


16 Aprile 2019

Ho ricevuto una telefonata alcune sere fa che mi ha molto rattristato,
una moglie piangendo mi confida il suo dolore.
A causa di problemi di salute non riesce a donarsi al marito come una volta,
perciò, lui ha deciso di lasciarla.
Lei che ne è ancora innamorata, non sa darsi pace.
Abbiamo parlato per un pò, poi mi sono ricordato che alcuni anni fa, a causa
di un incontro di amici, avevo scritto qualche cosa che poteva, forse, far
ragionare suo marito, gli ho chiesto se posso mandargli il link e di metterlo
in evidenza perché anche suo marito possa leggerlo.
Ed ecco il miracolo prima della Passione del Signore.
Proprio oggi, mi ha detto che è riuscita farglielo leggere con qualche
reticenza da parte sua, dicendomi che proprio questa mattina gli ha telefonato dal
lavoro dicendogli di prepararsi per questa sera, di farsi bella perché voleva portarla
a mangiare la pizza, chiedendogli scusa per il suo comportamento e che la ama
ancora e vuole essere ancora di più vicino a lei, per sollevare i suoi dolori.
Che dire amici, c’è veramente da piangere di gioia.
E questa sotto è la storia incriminata, si fa per dire.
Mi sono trovato con alcune persone per fare una chiacchierata in amicizia,
ci siamo scambiati le nostre impressioni, i nostri dubbi, le preoccupazioni,
le nostre idee e i nostri valori, naturalmente essendo quasi tutti sposati o
fidanzati, si è toccato anche l’argomento dell’unione di coppia,
del suo insieme a 360 gradi.
Questa volta, non ho avuto come di solito, nessun tipo di attacchi da parte
loro, devo dire che è stata una bellissima serata, fino a quando la conversazione
si è diretta all’innamoramento, e qui sono iniziati i dolori, perché, perché
purtroppo ho intuito che la maggior parte delle coppie, almeno per quelli
con cui stavo conversando, vive l’amore in un modo sbagliato.
Capiamoci bene, non voglio insegnare niente a nessuno, ci mancherebbe.
Perciò, mi spiego; per loro, l’amore è il momento dello scambio delle effusione,
per poi sfociare nello sfogo fisico nella coppia, finito il quale, si ritorna al solito
tran tran quotidiano tra alti e bassi, magari più bassi che alti, alcuni si lamentavano
che la loro partner è sempre stanca, con mille problemi, con qualche acciacco,
qualcun altro disse; è normale, altrimenti che senso ha lo stare assieme se non
c’è il rapporto.
No, mi dispiace per voi, non sapete ancora cosa vuol dire veramente amare.
Amore è, donarsi totalmente all’altro nel vero senso della parola, anche quando
ci sono problemi come malattie, difficoltà, dolori e stanchezza, e non è possibile
avere dei rapporti.
Amore è guardarsi negli occhi con tenerezza, anche quando gli occhi sono stanchi,
anche quando piangono, anche quando sono disperati, ricordiamoci che un sorriso
fatto con dolcezza anche dopo una giornata tremenda di super lavoro o di sofferenza,
è far capire alla nostra compagna o compagno, che va bene così, non ci sono
problemi, io ti amo così come sei, ti amo nei tuoi momenti critici, magari nei
momenti di stanchezza, di sofferenza o malattia.
Ti amo perché ti ho scelta, non solo per avere rapporti, e quella scelta che
ho fatto io la rispetto sempre con amore.
Non voglio farvi la morale perché sono meglio di voi, quando siamo sulla barca
della famiglia siamo tutti uguali, ma questa è la mia scelta di vita logica,
diversamente non mi sentirei cristiano.
La serata finisce con qualche mugugno, qualche rimpropero, ma tutto nella
norma, anzi ci siamo ripromessi di ritrovarci, dopo averci ragionato su un
pochino, è già una bella scommessa.
Pensate sia finito lì, impossibile, quando c’è di mezzo Dio, non puoi
stare tranquillo.
Nel ritorno a casa in macchina da solo, mi sono chiesto; ho parlato
dell’amore, ma io so veramente cosa vuol dire amare?
Mi stavo arrovellando il cervello, quando Dio, birichino, mi accende la luce,
non quella della macchina quella era già accesa, ma quella del cervello.
Gesù e la Croce, ecco il vero amore.
Noi lo abbiamo scaraventato in quel turbine di sofferenza che avrebbe
schiantato chiunque, lo abbiamo appiccicato al legno del patibolo e
consegnato alla morte, e Lui che fa?
Ci spiazza con una delle sue inspiegabili azioni; vi amo, ci dice dalla Croce,
siete la linfa del mio corpo, corpo sofferente per l’eccessivo amore.
Gesù in quelle condizioni di dolore, non ha pensato a sé, ma ha pensato
a noi: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno!”.
Gesù non guarda se siamo stanchi, ammalati, sofferenti o arrabbiati,
Lui ci ama e basta.
Ecco il vero amore, il vero amore sei tu non la tua persona, brutta
o bella che sia, e questo mi basta.
E allora ho capito cos’è la preghiera, tante volte noiosa diciamo noi.
Ho scoperto che la preghiera è un bacio al mio amore, uno scambio
di tenerezza con il mio Dio che è amore, ma anche attraverso Dio
un bacio alla persona della mia vita anche se ammalata o sofferente.
Coraggio, allora, innamorati da strapazzo, mettiamoci in coda, Dio si lascia
baciare da tutti, tranquilli, non lascia a piedi nessuno.
Questo deve essere il nostro insegnamento e, forse vivremo meglio anche
il nostro essere coppia, la nostra unione e la nostra famiglia.
Un bacio a tutti amici, Fausto.


mercoledì 3 aprile 2019

Attenzione amici, la nostra patria è in liquidazione.


L'ITALIA NON E' PIU' ITALIANA
Il nuovo libro di Mario Giordano spiega come i nuovi predoni stanno
rubando il nostro Paese. di Mario Giordano
L'Italia è stata venduta. Pezzo a pezzo.
E, se non cambierà qualcosa in fretta, se non metteremo un freno,
tra poco il nostro amato Paese non ci sarà più.
Non a caso, mentre stavo scrivendo questo libro, nel pieno del dibattito
sulla manovra economica (un classico d'autunno, come le castagne e il
beaujolais) è spuntata fuori la ricetta per l'Italia della Bundesbank, la banca
centrale tedesca: «Voi doffere fare subito nuova tassa, voi doffere fare
patrimoniale del 20 per cento su tutti ffostri risparmi».
Bella idea, no?
Se venisse mai applicata, la nostra economia crollerebbe e l'opera di
spoliazione sarebbe definitivamente conclusa.
Si porterebbero via tutto ciò che resta.
È quello che vorrebbero a Parigi e Berlino.
Altro che Unione europea. (...)
BYE BYE ITALIAN LIFE
Una volta, se trovavi una cimice nel piatto, denunciavi il ristorante.
Adesso, invece, il ristorante vince un premio.
Una menzione d'onore.
Una citazione da Guida Michelin.
Perché la cimice nel piatto è alla moda. Chic. Trendy.
E pure ecologicamente corretta.
Rassegnatevi: dal 1° gennaio 2018, in materia di cibo, abbiamo compiuto
un altro fondamentale passo in avanti.
Infatti, grazie a una direttiva Ue (e te pareva) si possono portare sulla tavola
degli italiani gli insetti.
Basta con spaghetti e pizza, addio carbonara e quattro stagioni.
Arrivano locuste al vapore, grilli al curry, tarantole fritte, zuppa di zanzare,
cavallette al cioccolato, vermi giganti, camole, millepiedi e naturalmente un
po' di cimici in salsa di soia.
E avanti, tutti a ingurgitare certa roba che, a vederla, si direbbe destinata
a uscire dal corpo.
Mica a entrarci. Ma che ci volete fare?
Questo è l'ultimo passo del famolo strano, anzi famolo straniero, a tavola.
C'è chi scommette che tra qualche decennio sarà normale abboffarsi di
locuste e vermicelli, come lo è già per molte culture asiatiche.
Dicono che diventerà il cibo del futuro, e che questo sarebbe un bene per tutti.
Storcete il naso?
Probabilmente lo avreste fatto anche quarant'anni fa, quando aprivano i primi
sushi giapponesi o i primi ristoranti cinesi con annesso involtino primavera.
Adesso, invece, la cucina etnica dilaga: nel 2018, secondo una ricerca
Nielsen Trade, 14 milioni di italiani hanno tradito le tagliatelle di nonna Pina
per un piatto esotico.
Sono il doppio rispetto a cinque anni fa. Il doppio.
Quasi un italiano su due (il 42 per cento, per l'esattezza) quando esce alla sera,
sempre secondo la ricerca Nielsen, sceglie un ristorante non italiano.
Più di uno su due (il 52 per cento) lo consuma abitualmente fra le mura domestiche.
Proprio così: stiamo dimenticando come si cucinano i tajarin, però non
perdiamo l'occasione per rimpinzarci di nachos e tacos.
Come stupirsi se, tra un po', ci aggiungeremo il contorno di zanzare fritte? (...)
ITALIA SAUDITA
Avete presente il Bosco Verticale di Milano, progettato dall'architetto Stefano Boeri,
quello che ha vinto premi su premi come miglior grattacielo del mondo?
È di proprietà del Qatar.
E la Torre Solaria, che sta lì accanto, con i suoi 143 metri di altezza, il palazzo
residenziale più alto d'Italia?
Pure quella è del Qatar.
E gli altri 23 edifici di Porta Nuova, il cuore della nuova Milano, una delle zone
più chic e moderne della metropoli? Tutti del Qatar.
E il Westin Excelsior di via Veneto a Roma, l'hotel simbolo della Dolce Vita,
quello amato dai Kennedy e dai principi di Monaco, da Paul Newman ed
Elizabeth Taylor, da Frank Sinatra e Liza Minnelli? È del Qatar.
E il Palazzo della Gherardesca di Firenze, capolavoro dell'architettura
rinascimentale toscana? È del Qatar.
E lo storico Grand Hotel Baglioni, sempre a Firenze? È del Qatar.
E Palazzo Gritti, meraviglia del Trecento affacciata sul Canal Grande,
che oggi ospita uno dei più rinomati hotel di Venezia?
Rassegnatevi: pure quello non è più nostro. È del Qatar.
Siamo partiti dalla Sardegna, ma la Sardegna, purtroppo, non è l'eccezione.
È solo la parte più visibile dell'Italia venduta agli emiri di Doha.
I soldi qatarini, infatti, si stanno comprando l'intera Penisola.
Pezzo a pezzo.
Le bellezze di ieri e quelle di oggi.
Le compagnie aeree. Le banche. Le aziende.
Tutto sta finendo nelle mani di questo Paese, che è grande all'incirca come la
Basilicata, ma ha tanto gas naturale e tanto denaro da sommergere l'intero pianeta.
Per ricchezza pro capite è il primo al mondo.
Ha a disposizione fondi praticamente illimitati.
E un amore particolare per il Vecchio Stivale dove negli ultimi anni ha fatto
uno shopping furioso, buttandosi su ogni pezzo in vendita come le massaie si
buttano sulla verdura quando c'è il tre per due al Carrefour.
Ci manca solo che compri direttamente Palazzo Chigi, Montecitorio e il Quirinale
(tanto vengono via per poco) e poi potremmo finalmente cambiare la Costituzione:
l'Italia è una Repubblica (non più) democratica fondata sul Qatar. (...)
SIAMO NEL PALLONE
Il 23 aprile 2016 è una data fondamentale per il calcio italiano.
Si è giocata Inter-Udinese.
No, non state a sforzarvi con la memoria: non è stata una partita epica, non sono
stati assegnati trofei importanti, nessun campione ha rivelato il suo talento.
È stata una normalissima partita, finita 3 a 1 per i nerazzurri.
Niente di che.
Epperò è stata la prima partita della storia del nostro (nostro: si fa per dire)
campionato di Serie A in cui sono scesi in campo, fin dall'inizio, 22 calciatori
tutti stranieri.
Tutti, proprio tutti.
C'erano uno sloveno, un giapponese, sei brasiliani, due colombiani, un croato,
tre francesi, un argentino, un montenegrino, un greco, un franco-maliano,
uno svizzero, un ghanese, un serbo e un portoghese. Nemmeno un italiano.
Nemmeno per sbaglio.
Ma se gli italiani non giocano nei loro club, come possono poi giocare in Nazionale?,
si sono chiesti molti.
Sarà un caso, ma meno di un anno e mezzo dopo quel match, l'Italia ha subito la
clamorosa onta dell'eliminazione dai Mondiali.
Sconfitta dalla Svezia. A casa dalla Russia.
Pensiamo gente, pensiamo.
Però, non pensiamoci troppo, perché, magari ci troveremo a dover traslocare
in Africa, si fa per dire.