lunedì 24 giugno 2019

Una dedica all'Amore.


A VOLO D’ANGELO.
Voglio ringraziarti Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala
soltanto; possono volare solo rimanendo abbracciati, forse è
per questo che hai formato la famiglia composta da un uomo
e una donna, perché possano aiutarsi a volare assieme.
Ma a volte nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore,
che Tu abbia un’ala soltanto, o l’altra la tieni nascosta; forse per
farmi capire che Tu non puoi volare senza di me.
Per questo mi hai dato la vita; perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora a librarmi con te.
Perché vivere non è “trascinare la vita”, “non è strappare la vita”,
“non è rosicchiare la vita”.
Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano all’ebrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere
nel volo un partner come te!
Ma Tu o Signore, hai voluto mettermi accanto una moglie, e nel
giorno del giuramento del matrimonio ci dicesti guardandoci negli
occhi, aiutatevi a volare assieme per tutta la vita.
Ci saranno burrasche, ci saranno dolori, ci saranno sofferenze,
ci saranno incomprensioni, ma unendo le vostre ali riuscirete
a volare aiutandovi a vicenda.
Grazie Signore, ora capisco perché ci hai dato un’ala soltanto,
perché unendoci per poter volare dobbiamo guardarci negli                                                           
occhi e scambiarci tenerezza e amore per l’eternità.  

venerdì 21 giugno 2019

Pensiero sul corpo di Cristo e dell'uomo


“Questo è il mio corpo”, dice lei a lui e lui a lei.
E i loro corpi unendosi diventano fonte di gioia, di unione e di dono.
“Questo è il mio corpo”, dice lei a lui e lui a lei.
E i loro corpi sono il segno più grande del loro donarsi, del loro consegnarsi,
del loro fidarsi l’uno dell’altro, dell’essere veramente vulnerabili, esposti, nudi.
“Questo è il mio corpo”, si dicono gli amanti quando si vogliono conquistare,
sedurre, attirare e mettono in luce e in risalto il proprio corpo.
“Questo è il mio corpo”, dice la madre a suo figlio e gli fa spazio perché si
sviluppi e nasca nel suo ventre.
“Questo è il mio corpo”, dice la madre a suo figlio e il suo seno diventa
latte e nutrimento.
“Questo è il mio corpo”, dice l’uomo alla donna e la abbraccia con le sue mani
forti, per dirle che lì con lui non c’è motivo d’aver paura.
“Questo è il mio corpo”, dice il bambino malato che non si spiega perché il
suo corpo sia diverso da quello dei suoi compagni e perché così giovane
sia già malato.
“Questo è il mio corpo”, dice l’uomo disabile, un corpo fermo, paralizzato,
che non funziona, ma che è tutto quello che ha, perché è lui, il suo corpo.
“Questo è il mio corpo”, dice il vecchio che vede un corpo che non risponde
più ai suoi desideri; è lento, è malato, è acciaccato, e per fare quello che faceva
ieri, adesso gli serve il triplo del tempo.
“Questo è il mio corpo”, dicono la pioggia, il vento, la neve, il sole, il seme,
quando incontrano la terra e la nutrono e perdendosi la rendono vitale e viva.
“Questo è il mio corpo”, dice la persona che ad un certo punto smette di remare
contro Dio, e non sapendo dove Lui lo porterà si lascia trasportare, senza porre
resistenze, senza paura, perché Lui è davvero irresistibile.
E fa della sua vita e del suo corpo il corpo di Dio, dove Lui può agire e vivere.
“Questo è il mio corpo”, disse Gesù in quella notte, quando fece della sua vita,
del suo corpo, un dono per tutti noi.
“Questo è il mio corpo” dice il cristiano a Dio, è malato, sofferente e stanco,
ma te lo offro, così com’è, e Tu fanne quello che vuoi, perché, non è mai stato
mio, l’ho solo avuto in dono per accudirlo, non so se l’ho trattato bene, ma ci
ho messo tutta la mia buona volontà, Fausto.



lunedì 17 giugno 2019

Ecco la dolcezza dell'amore.


La Madonna gioiosa di Benois, un dipinto di Leonardo.
È la prima volta che vedo questo bellissimo dipinto e, sono rimasto
estasiato dalla dolcezza dei personaggi raffigurati, un mix di amore,
di stupore, di intensa gioia, una madre innamorata della sua dolce
creatura, che la contempla estasiata.
Su questo dipinto, vediamo una mamma con il figlio neonato nella
penombra di una stanza.
Lei sorride e regge con la mano un piccolo fiore, Lui lo osserva tutto
concentrato, lo studia fiero di questa scoperta.
A guardare la Madonna di Benois, viene da stare in silenzio per non
disturbare quella che è a tutti gli effetti una scena familiare.
Ecco il vero volto di Maria, alla Vergine non piace stare seduta sul trono,
Lei, preferisce sedersi su una panca, magari in una casa abitata da una
famiglia con dei bambini.
Vediamo una giovane madre adolescente, che gioca con il figlio, persa in
un momento di gioioso abbandono, e con gioia immensa, contempla il suo
bambino sorridente.
È uno sguardo che ogni madre ha, o dovrebbe avere, nello scrutare il
capolavoro che è riuscita a fare.
E rallegrandosi con orgoglio, osserva consapevolmente un progresso che
il figlio sta facendo.
È una mamma innamorata della sua creatura, l’adolescente Maria di
Nazareth e, con Lui gioca con amore e stupore materno.
Perciò, immaginiamola così, Maria, dolce adolescente, che ama la gioia,
che ama giocare anche con noi, nella nostra quotidianità, ama sedersi alla
nostra mensa, condividere con noi quel poco che abbiamo da offrirgli,
e lo preferisce di gran lunga, al trono su cui l’abbiamo relegata.
Vieni dolce Madre adolescente, riempi di gioia e di amore le nostre stanche
famiglie, insegnaci a stupirci ancora delle piccole cose che ci circondano,
aiutaci a ritornare bambini per assaporare con gioia l’amore materno che
hai per tutti noi, Fausto.


giovedì 13 giugno 2019

Ho ricevuto un messaggio che ha fatto piangere il mio cuore.


Ho ricevuto un messaggio che mi ha scosso profondamente.
In quel messaggio c’era uno sfogo, ma anche una richiesta di aiuto.
Il messaggio diceva: “Non ce la faccio più; mia moglie è ammalata e non riesce
a soddisfare le mie esigenze, mi sono trovato una ragazza che frequento dopo il
lavoro, ma lei vuole di più, mi ha chiesto di lasciare mia moglie per andare
a vivere assieme”.
Sono nel caos più totale, ti prego aiutami.
Eccoti allora, quello che ne è uscito da un incontro che avevo fatto con degli
amici che avevano dei problemi simili, spero con tutto il cuore che tu riesca
a capire ed a comportarti di conseguenza.
Che Cos’è l’amore.
Mi sono trovato con alcune persone per fare una chiacchierata in amicizia,
ci siamo scambiati le nostre impressioni, i nostri dubbi, le preoccupazioni,
le nostre idee e i nostri valori, naturalmente essendo quasi tutti sposati o
fidanzati, si è toccato anche l’argomento dell’unione di coppia, del suo
insieme a 360 gradi.
Questa volta, non ho avuto come di solito, nessun tipo di attacchi da parte
loro, devo dire che è stata una bellissima serata, fino a quando la conversazione
si è diretta all’innamoramento, e qui sono iniziati i dolori, perché, perché
purtroppo ho intuito che la maggior parte delle coppie, almeno per quelli
con cui stavo conversando, vive l’amore in un modo sbagliato.
Mi spiego; per loro, l’amore è il momento dello scambio delle effusione,
per poi sfociare nello sfogo fisico nella coppia, finito il quale, si ritorna al
solito tran tran quotidiano tra alti e bassi, magari più bassi che alti, alcuni si
lamentavano che la loro partner è sempre stanca, con mille problemi, con
qualche acciacco, qualcun altro disse; è normale, altrimenti che senso
ha lo stare assieme se non c’è il rapporto.
No, mi dispiace per voi, non sapete ancora cosa vuol dire veramente amare.
Amore è, donarsi totalmente all’altro nel vero senso della parola, anche
quando ci sono problemi come malattie, difficoltà, dolori e stanchezza,
e non è possibile avere dei rapporti.
Amore è guardarsi negli occhi con tenerezza, anche quando gli occhi sono
stanchi, anche quando piangono, anche quando sono disperati, ricordiamoci
che un sorriso fatto con dolcezza anche dopo una giornata tremenda di super
lavoro o di sofferenza, è far capire alla nostra compagna o compagno, che
va bene così, non ci sono problemi, io ti amo così come sei, ti amo nei tuoi
momenti critici, magari nei momenti di stanchezza, di sofferenza o malattia.
Ti amo perché ti ho scelta, non solo per avere rapporti, e quella scelta che
ho fatto io la rispetto sempre con amore.
Non voglio farvi la morale perché sono meglio di voi, quando siamo sulla
barca della famiglia siamo tutti uguali, ma questa è la mia scelta di vita logica,
diversamente non mi sentirei cristiano.
La serata finisce con qualche mugugno, qualche rimpropero, ma tutto nella
norma, anzi ci siamo ripromessi di ritrovarci, dopo averci ragionato su un
pochino, è già una bella scommessa.
Pensate sia finito lì, impossibile, quando c’è di mezzo Dio, non puoi
stare tranquillo.
Nel ritorno a casa in macchina da solo, mi sono chiesto; ho parlato
dell’amore, ma io so veramente cosa vuol dire amare?
Mi stavo arrovellando il cervello, quando Dio, birichino, mi accende la luce,
non quella della macchina quella era già accesa, ma quella del cervello.
Gesù e la Croce, ecco il vero amore.
Noi lo abbiamo scaraventato in quel turbine di sofferenza che avrebbe
schiantato chiunque, lo abbiamo appiccicato al legno del patibolo e
consegnato alla morte, e Lui che fa?
Ci spiazza con una delle sue inspiegabili azioni; vi amo, ci dice dalla Croce,
siete la linfa del mio corpo, corpo sofferente per l’eccessivo amore.
Gesù in quelle condizioni di dolore, non ha pensato a sé, ma ha pensato
a noi: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno!”.
Gesù non guarda se siamo stanchi, ammalati, sofferenti o arrabbiati,
Lui ci ama e basta.
Ecco il vero amore, il vero amore sei tu non la tua persona, brutta o bella che
sia, e questo mi basta.
E allora ho capito cos’è la preghiera, tante volte noiosa diciamo noi.
Ho scoperto che la preghiera è un bacio al mio amore, uno scambio di tenerezza
con il mio Dio che è amore, ma anche attraverso Dio un bacio alla persona della
mia vita anche se ammalata o sofferente.
Coraggio, allora, innamorati da strapazzo, mettiamoci in coda, Dio si lascia
baciare da tutti, tranquilli, non lascia a piedi nessuno.
Questo deve essere il nostro insegnamento e, forse vivremo meglio anche il
nostro essere coppia, la nostra unione e la nostra famiglia.
Un abbraccio a tutti voi, amici innamorati, Fausto.


martedì 11 giugno 2019

Contempliamo la Vergine Maria nella sua bellezza.


Maria la bella di Nazareth.
È vero. Il Vangelo non ci dice nulla del volto di Maria.
Come, del resto, non ci dice nulla del volto di Gesù.
Forse è meglio.
Così a nessuno di noi viene tolta la speranza di sentirsi dire un giorno,
magari da un arcangelo di passaggio: «Lo sai che a tua madre e a tuo
fratello rassomigli tanto?».
Maria, comunque, doveva essere bellissima.
Non parlo solo della sua anima.
La quale, senza neppure l'ombra del peccato, era limpida a tal punto che
Dio vi si specchiava dentro.
Come le montagne eterne che, sulle Alpi, si riflettono nella immobile
trasparenza dei laghi.
Parlo, anche, del suo corpo di donna.
La teologia, quando arriva a questo punto, sembra sorvolare sulla bellezza
fisica di Lei.
La lascia celebrare ai poeti: «Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle».
La affida alle canzoni degli umili: «Mira il tuo popolo, o bella Signora».
O agli appassionati ritornelli della gente: «Dell'aurora tu sorgi più bella, non vi
è stella più bella di te».
O alle allusioni liturgiche del Tota pulchra.
Tutta bella sei, o Maria.
Sei splendida, cioè, nell' anima e nel corpo!
Essa però, la teologia, non va oltre.
Non si sbilancia.
Tace sulla bellezza umana di Maria.
Forse per pudore.
Forse perché paga di aver speso tutto speculando sul fascino soprannaturale di lei.
Forse perché debitrice a diffidenze non ancora superate circa la funzione
salvifica del corpo.
Forse perché preoccupata di ridurre l'incanto di lei a dimensioni naturalistiche,
o timorosa di dover pagare il dazio ai miti dell'eterno femminile.
Eppure, non dovrebbe essere difficile trovare nel Vangelo la spia rivelatrice
della bellezza corporea di Maria.
C'è una parola greca molto importante, carica di significati misteriosi che non
sono stati ancora per intero esplicitati.
Questa parola, che fonda sostanzialmente tutta la serie dei privilegi soprannaturali
della fanciulla di Nazareth, risuona nel saluto dell'angelo: «Kecharitomène».
Viene tradotta con l'espressione «Piena di grazia».
Ma non potrebbe trovare il suo equivalente in “graziosissima”, con allusioni
evidenti anche all’incantevole splendore del volto umano di lei?
Credo proprio di sì. E senza forzature.
Così come senza forzature Paolo VI, in un celebre discorso del 1975, ha avuto
l’ardire di parlare per la prima volta di Maria come «la donna vestita di sole,
nella quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli
sovrumani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale».
Santa Maria, donna bellissima, attraverso te vogliamo ringraziare il Signore
per il mistero della bellezza.
Egli l’ha disseminata qua e là sulla terra, perché, lungo la strada, tenga sveglie,
nel nostro cuore di viandanti, le nostalgie insopprimibili del cielo.
La fa risplendere nella maestà delle vette innevate, nell'assorto silenzio dei boschi,
nella forza furente del mare, nel brivido profumato dell' erba, nella pace della sera.
Ed è un dono che ci inebria di felicità perché, sia pure per un attimo appena,
ci concede di mettere lo sguardo nelle feritoie fugaci che danno sull’eterno.
La fa rifulgere nelle lacrime di un bambino, nell' armonia del corpo di una
donna, nell'incanto degli occhi suoi ridenti e fuggitivi, nel bianco tremore
dei vegliardi, nella tacita apparizione di una canoa che scivola sul fiume,
nel fremito delle magliette colorate dei corridori che passano veloci
in un’alba di maggio.
Ed è un dono che ci dispera perché, come ha detto qualcuno, questa ricchezza
si gioca e si perde al tavolo verde del tempo.
Santa Maria, donna bellissima, splendida come un plenilunio di primavera,
riconciliaci con la bellezza.
Tu lo sai che dura poco nelle nostre mani rapaci.
Sfiorisce subito sotto i nostri ingordi contatti.
Si dissecca improvvisamente al soffio maligno delle nostre roventi cupidigie.
Si contamina presto all’urto delle nostre latenti lussurie.
Non la sappiamo trattare, insomma.
E lo scavo struggente che ci produce nell’anima, invece che avvertirlo come
anfora di felicità che ci fa cantare di gioia, lo avvertiamo come ferita inguaribile
che ci fa gridare di dolore.
Aiutaci, ti preghiamo, a superare le ambiguità della carne.
Liberaci dal nostro spirito rozzo.
Donaci un cuore puro come il tuo.
Restituiscici ad ansie di incontaminate trasparenze.
E toglici la tristezza di dover distogliere gli occhi dalle cose belle della vita,
per timore che il fascino dell’effimero ci faccia depistare i passi dai sentieri
che portano alle soglie dell' eterno.
Santa Maria, donna bellissima, facci comprendere che sarà la bellezza
a salvare il mondo.
Non lo preserveranno dalla catastrofe planetaria né la forza del diritto, né la
sapienza dei dotti, né la sagacia delle diplomazie.
Oggi, purtroppo, nella deriva dei valori, stanno affondando anche le antiche
boe che un tempo offrivano ancoraggi stabili alle imbarcazioni in pericolo.
Viviamo stagioni crepuscolari.
Però, in questa camera oscura della ragione c'è ancora una luce che potrà
impressionare la pellicola del buon senso; è la luce della bellezza.
È per questo, santa Vergine Maria, che vogliamo sentire il fascino, sempre
benefico, anche del tuo umano splendore, così come sentiamo la lusinga,
talvolta ingannatrice, delle creature terrene.
Perché la contemplazione della tua santità sovrumana ci aiuta già tanto a
preservarci dalla palude.
Ma sapere che tu sei bellissima nel corpo, oltre che nell' anima, è per tutti
noi motivo di incredibile speranza.
E ci fa intuire che ogni bellezza della terra è appena un ruvido seme destinato
a fiorire nelle serre di lassù.
Contempliamo la bellezza di Maria e facciamoci contagiare, Fausto.