sabato 26 marzo 2016

La Risurrezione

Pietro e Giovanni corrono nel silenzio della città ancora
immersa nel sonno.
I mercanti tirano fuori le mercanzie per la giornata
dopo il sabato di riposo.
Il sole si sta alzando e inonda di luce la pietra color
ocra di Gerusalemme.
Tra gli stretti vicoli di Gerusalemme, pestando il selciato
appena rifatto dal grande re Erode, il fiato corto,
i due escono dalla città.
Corrono lasciando al loro fianco la cava di pietra in disuso
riutilizzata dai romani.
I pali verticali, come alberi rinsecchiti, svettano in alto,
aspettando nuovi condannati.
Il sangue rappreso tinge di rosso il legno scuro.
Corrono, ancora, il fiato manca, la tunica impaccia la corsa.
Pietro, meno giovane, si attarda; scendono rapidamente oltre la cava.
I soldati romani di guardia sono spariti, la tomba di
Giuseppe di Arimatea è aperta, la pesante pietra che
ne bloccava l’ingresso ribaltata.
Giovanni aspetta, le tempie pulsano, ansima.
Ripensa al volto sconvolto di Maria che, dieci minuti
prima, lo aveva tirato giù dal letto parlando del furto
del corpo Gesù.
Arriva Pietro.
Giovanni lo guarda lungamente, poi abbassano la
testa ed entrano.
Nulla.
Gesù è scomparso.
Nulla, solo il lenzuolo, come sgonfiato, afflosciato e la
mentoniera al proprio posto, come se Gesù si fosse dissolto.
Nulla, Gesù è scomparso.
Tutto è iniziato da quella corsa, amici.
Quella tomba vuota, ultimo drammatico regalo a Gesù
da parte del discepolo Giuseppe di Arimatea, ricco e
potente, che non aveva potuto salvare dalla morte il suo
Maestro, è rimasta lì, vuota, a Gerusalemme, muta
testimone della resurrezione.
Adriano, l’imperatore, l’aveva fatta riempire di terra, ed era
diventata, insieme alla cava in disuso, il terrapieno che
sosteneva–ironia della sorte–il tempio pagano di Giove.
Aelia Capitolina, era stata ribatezzata la ribelle Gerusalemme,
e, col nuovo assetto urbano da Urbe romana, l’imperatore
voleva spazzare via ogni memoria dei giudei e delle loro
incomprensibili dispute.
Tre secoli dopo la tomba fu riportata alla luce dalla devota
regina Elena, madre del primo imperatore cristiano Costatino.
La tomba è ancora lì: vi hanno costruito sopra un’immensa
basilica, è stata oggetto di pellegrinaggio per un millennio e
mezzo, tentarono di distruggerla, pezzo per pezzo, a causa
della furia di un sultano che–evidentemente–non
conosceva il Corano.
Ora è ricoperta di marmi la tomba, divisa (idiozia degli
uomini) tra mille confessioni cristiane che ne rivendicano
la proprietà.
Non importa, amici.
È lì, quella tomba, esattamente lì dove la trovarono
Pietro e Giovanni.
Ed è ancora vuota. Ci pensate?
Tutta la nostra fede è basata sull’assenza di un cadavere.
La morte è stata sconfitta, amici.
Il Dio nudo, appeso, osteso, evidente, il Dio sconfitto e
straziato, il Dio deposto sulla fredda pietra non è più
qui, è risorto.
Risorto, amici.
Non rianimato, non ripresosi, non vivo nel nostro ricordo
e amenità consolatorie di questo genere.
Gesù è davvero vivo, risorto, presente per sempre.
Non è facile credere a questa notizia, lo so bene.
Incontreremo, in questi cinquanta giorni, la fatica che
hanno fatto gli apostoli, che è la nostra, a convertire il
cuore a questa sconcertante novità.
Ci vuole fede per superare il proprio dolore.
Tutti abbiamo una qualche ragione per sentire vicino
Gesù crocifisso.
Tutti ci commuoviamo davanti a tale strazio, tutti sappiamo
condividere il dolore che è esperienza comune di ogni uomo.
Ma gioire no, è un altro paio di maniche, gioire significa
uscire dal proprio dolore, non amarlo, superarlo,
abbandonandolo.
Stamani corriamo amici, anche noi.
Pasqua, al di là delle uova di cioccolato e delle campane
in festa è la vittoria dell’amore, la pienezza della vita.
La scommessa, terribile, di un Dio abbandonato alla
nostra volontà è vinta.
A noi, ora, di credere, di vivere da risorti, di vedere i teli
di lino e di credere, come Giovanni e Pietro.
A noi, discepoli affannati nella corsa, sempre in ritardo
rispetto alla forza dirompente di Dio, resta solo la sfida
della fede.
Gesù è risorto, amici, smettiamola di cercare il crocefisso,
smettiamola di piangerci addosso e di lamentare
un Dio assente.
Gesù è risorto amici.
Buona Pasqua a tutti, fratelli.
Buona Pasqua a chi sa che è l’ultima prima che il cancro
lo sconfigga, buona Pasqua a chi sta tirando su un figlio
o due e conserva il buonumore, a chi ostinatamente
ama senza risultati.
Buona Pasqua agli amici che conservano la fede nelle
città che divorano e omologano, buona Pasqua ai tanti
cercatori di Dio, così diversi eppure tutti toccati dalla
Parola che ci cambia.
Buona Pasqua a chi è in lutto, a chi sente di avere
sbagliato tutto, come Gesù.
Buona Pasqua fragili discepoli del Maestro, Gesù è
davvero risorto, non lo sentite?
Sì io lo sento, amici, per questo gioisco.
La pace sia con tutti voi amici, Buona Pasqua, Fausto.


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